Paoil,
Arcobaleno, Ex Pozzi e tutte le altre storie «non classificate» ma
esp l o s
Fusti,
amianto, residui chimici che passano nelle
falde,
ruggine, polvere e dormitori di fortuna,
bombe
ecologiche non calcolate né monitorate:
ecco
cosa altro resta della crisi economica. Il volto
nascosto
e diverso lasciato dai licenziamenti dei lavoratori
e
dai fallimenti delle aziende è una montagna di
rifiuti
pericolosi, chimici ed «esplosivi» che da 15, 18
anche
20 anni stanno nelle vecchie fabbriche abbandonate,
affidati
alle curatele fallimentari e nessuno sa
dove
prendere i soldi per la bonifica né a chi attribuire
la
responsabilità ormai palesemente penale per lo
stoccaggio
illecito e prolungato. L’ultimo caso è stato
scoperto
a Pontinia nella fabbrica di conserve di
pomodoro
abbandonata da 16 anni.
DI
GRAZIELLA DI
MAMBRO
Quando
ad aprile scorso sindacati e
lavoratori
hanno fatto l’ennesimo
picchetto
della speranza davanti
al
cancelli di Paoil a Cisterna di Latina
hanno
dovuto ammettere che, forse, il
problema
più importante non era la cassa
integrazione
da rinnovare e neppure la
ricerca
di un nuovo acquirente per lo
stabilimento.
No, il vero paradosso e il
rischio
maggiore erano rappresentati dai
depositi
di residui di lavorazione, che per
uno
stabilimento che produceva olii, non
è
un elemento da sottovalutare. Da quando
la
Paoil è fallita ed entrata in regime
di
curatela fallimentare le sue sorti sono
sganciate
dalla volontà di lavoratori e
residenti
ma si trovano nelle sole mani
del
super creditore Unicredit Leasing,
che
vuole solo recuperare il denaro dato
in
prestito ai falliti e non ha mai preso in
considerazione
il lato ambientale. I depositi
della
Paoil sono ubicati all’interno di
un
agglomerato semi urbano che conta
oggi
circa diecimila abitanti. Così anche
la
Paoil è diventata un cimitero di veleni
pericolosi;
sempre ad aprile il sindaco ha
emesso
un’ordinanza con cui intimava
alla
Unicredit di procedere agli interventi
di
messa in sicurezza. In altri termini
dovevano
essere svuotati entrambi i depositi
ma
in realtà non è successo nulla.
E
anche l’Arpa (Agenzia per la protezione
dell’ambiente)
deve aver dimenticato
di
controllare se ci sono stati gli interventi
richiesti.
Questa azienda come molte
altre
appare destinata a restare sotto
curatela
fallimentare per molto tempo
ancora
ma si va aggiungendo ad un
elenco
sempre più lungo di stabilimenti
produttivi
abbandonati che col tempo si
trasformano
in siti pericolosi per l’am -
biente
e la salute dei residenti. E sui quali
è
difficile persino ricostruire le responsabilità
perché
le società che vi hanno
operato
sono fallite, hanno lasciato debiti,
lavoratori
in mobilità e veleni in libera
uscita.
Non c’è solo la vicenda Paoil a
fungere
da prova, perché una storia assai
simile
si è appena registrata a Pontinia,
dove
gli agenti del Corpo Forestale hanno
sequestrato
mille fusti di vecchie
conserve
e resti di lavorazione abbandonati
da
tutte le società che hanno lavorato
nella
ex Arcobaleno e che dopo il fallimento
sono
diventate fantasmi insolventi
sul
piano finanziario. Ad oggi non si sa
chi
e come può recuperare l’impatto
ambientale
delle fabbriche abbandonate
con
all’interno resti di lavorazione conservati
male
e potenzialmente pericolosi
anche
per i nuclei abitati vicini. Recuperare
o
vendere siti industriali di questo
tipo
è, nei fatti, impossibile, tali e tanti
sono
i costi di bonifica che probabilmente
alla
fine saranno a carico dei Comuni
o
della Regione.
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IL
QUOTIDIANO - Lunedì 27 Ottobre 2014
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Latina
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