di
Silvia
D’Onghia
TAGLI
A FIDO
NEL
2005
IL
MINISTERO
STANZIAVA
OLTRE
4
MILIONI PER LA
LOTTA
ALL’ABBANDONO,
NEL
2012 IL
FONDO
ERA DI
310MILA
EURO
C’è
addirittura chi si strappa le vesti per loro:
alla
fine di settembre, ad Altavilla Vicentina,
tredici
“tra le più amate” attrici hard –
così
recitava il volantino – hanno danzato,
si
sono spogliate e hanno “eccitato” i presenti per un
“fine
nobile: aiutare gli amici a 4 zampe ospiti del canile
municipale
di Venezia”. Un cane val bene una tetta,
insomma.
Nonostante
le campagne degli ultimi anni contro gli
abbandoni,
i rifugi italiani continuano a essere stracolmi
di
cani. I dati presenti sul sito del ministero della
Salute
sono fermi al 2011, segno che forse tutta questa
attenzione
da parte governativa in fondo non c’è, e
fotografano
una realtà molto triste: 104.142 ingressi nei
canili
sanitari, che fungono da “prima accoglienza” per
gli
animali raccattati per strada o accanto ai cassonetti.
In
queste strutture, ai cani viene applicato il microchip
e
la loro presenza viene comunicata all’anagrafe canina.
In
teoria, gli animali restano nei canili sanitari il tempo
necessario
ai controlli, in particolare per la profilassi
antirabbica.
L’anno precedente, il 2010, erano stati duemila
in
meno. Maglia nera alla Lombardia, con i suoi
16.629
cani, seguita con un bel distacco dalla Campania,
10.731.
Puglia, Veneto, Sicilia, Toscana ed Emilia
Romagna
vengono subito dopo. Se il numero degli
animali
ha ripreso ad aumentare, è accaduto esattamente
il
contrario ai “Fondi per la tutela del benessere
e
per la lotta all’abbandono degli animali da compagnia”
stanziati
dal ministero grazie a una legge, la 281
del
14 agosto 1991. Ebbene, se nel 2005 a disposizione
delle
strutture c’erano oltre 4 milioni di euro, nel 2012
il
Fondo è precipitato a 310mila. Una miseria, che non
basta
neanche a garantire il sostegno di un solo rifugio.
In
origine, i soldi erano distribuiti diversamente alle
regioni
a seconda di tre criteri: il 42 per cento della
disponibilità
viene elargito in base al numero dei cani e
dei
gatti di proprietà, il 33 per cento in base al numero
dei
randagi presenti e il restante 25 per cento in base al
numero
degli abitanti delle regioni e delle province
autonome.
Con
un decreto ministeriale del 2008, però, i criteri
sono
cambiati e a “vincere” la lotteria dei fondi sono
prevalentemente
le province autonome di Trento e Bolzano:
solo
il 40 per cento della disponibilità dell’intera
cifra
stanziata, infatti viene ripartito tra le regioni in
quote
pari, sulla base dell’attivazione della banca dati
regionale
dell’anagrafe canina in riferimento alla consultabilità
per
via telematica. Un altro 30 per cento
viene
ripartito tra le regioni e le province autonome di
Trento
e Bolzano in base alla consistenza della popolazione
dei
cani e dei gatti con riferimento al numero
di
ingressi nei canili sanitari e nei gattili. L’ultimo 30
per
cento viene diviso, sempre tra regioni e province
autonome
del Trentino, in base alla popolazione umana.
Estate,
cane
mio non ti conosco
L’estate
resta per i cani il periodo peggiore dell’anno. Le
famiglie
vanno in vacanza e, nonostante siano sempre
più
diffusi sul territorio nazionale alberghi, B&B e
spiagge
che accolgono gli amici a quattro zampe, il
passeggero
di troppo viene scaricato per strada. Dall’11
luglio
al 18 settembre di quest’anno,
al
servizio “Io lo segnalo”
dell’Associazione
italiana
difesa
animali e ambiente
(Aidaa)
sono arrivate 4.858
segnalazioni,
il 15 per cento in
meno
rispetto al 2013. “Si tratta
di
un dato positivo – ha
commentato
l’Aidaa – che fa
da
contraltare all’aumento degli
abbandoni
direttamente
nei
canili, anche se il saldo
complessivo
è comunque positivo
a
due cifre”. La maglia
nera
tra le regioni anche per
quest’estate
spetta alla Puglia
–574
segnalazioni –, mentre al
secondo
posto si piazza la Sicilia
– 459.
E
dopo essere stati raccolti e
aver
passato il tempo strettamente
necessario
nei canili sanitari, dove finiscono i
cani
abbandonati? Nei rifugi, che sono per la stragrande
maggioranza
dei casi gestiti da privati: associazioni senza
scopo
di lucro o singoli cittadini con un pezzo di
terra.
A fronte di situazioni esemplari, che basano il
benessere
dei cani sulla passione e la dedizione di centinaia
di
volontari, purtroppo le cronache sono troppo
spesso
zeppe di denunce e maltrattamenti ad opera di
speculatori
senza scrupoli. Nei casi di strutture convenzionate,
i
Comuni passano ai rifugi un importo
forfettario
per ogni singolo animale ospitato (in media
3
euro al giorno a cane): basta tenerli a stecchetto e ci si
fa
una fortuna.
I
conti son presto fatti, pur partendo da un dato positivo:
la
Cassazione, con una sentenza del 16 settembre,
ha
stabilito che ospitare un numero superiore di
cani
rispetto a quanto stabilito dalla legge regionale è
“una
scelta imprenditoriale diretta a sacrificare il benessere
degli
animali alle logiche del profitto”. Facciamo
allora
un esempio: la Regione Puglia, dalla quale
era
partito il ricorso finito alla Suprema Corte, ha stabilito
che
ogni rifugio privato può accogliere fino a un
il fatto quotidiano 27 ottobre 2014
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