lunedì 27 ottobre 2014

i tagli ai canili, cani abbandonati e grandi affari

di Silvia D’Onghia
TAGLI A FIDO
NEL 2005
IL MINISTERO
STANZIAVA OLTRE
4 MILIONI PER LA
LOTTA
ALL’ABBANDONO,
NEL 2012 IL
FONDO ERA DI
310MILA EURO

C’è addirittura chi si strappa le vesti per loro:
alla fine di settembre, ad Altavilla Vicentina,
tredici “tra le più amate” attrici hard –
così recitava il volantino – hanno danzato,
si sono spogliate e hanno “eccitato” i presenti per un
fine nobile: aiutare gli amici a 4 zampe ospiti del canile
municipale di Venezia”. Un cane val bene una tetta,
insomma.
Nonostante le campagne degli ultimi anni contro gli
abbandoni, i rifugi italiani continuano a essere stracolmi
di cani. I dati presenti sul sito del ministero della
Salute sono fermi al 2011, segno che forse tutta questa
attenzione da parte governativa in fondo non c’è, e
fotografano una realtà molto triste: 104.142 ingressi nei
canili sanitari, che fungono da “prima accoglienza” per
gli animali raccattati per strada o accanto ai cassonetti.
In queste strutture, ai cani viene applicato il microchip
e la loro presenza viene comunicata all’anagrafe canina.
In teoria, gli animali restano nei canili sanitari il tempo
necessario ai controlli, in particolare per la profilassi
antirabbica. L’anno precedente, il 2010, erano stati duemila
in meno. Maglia nera alla Lombardia, con i suoi
16.629 cani, seguita con un bel distacco dalla Campania,
10.731. Puglia, Veneto, Sicilia, Toscana ed Emilia
Romagna vengono subito dopo. Se il numero degli
animali ha ripreso ad aumentare, è accaduto esattamente
il contrario ai “Fondi per la tutela del benessere
e per la lotta all’abbandono degli animali da compagnia”
stanziati dal ministero grazie a una legge, la 281
del 14 agosto 1991. Ebbene, se nel 2005 a disposizione
delle strutture c’erano oltre 4 milioni di euro, nel 2012
il Fondo è precipitato a 310mila. Una miseria, che non
basta neanche a garantire il sostegno di un solo rifugio.
In origine, i soldi erano distribuiti diversamente alle
regioni a seconda di tre criteri: il 42 per cento della
disponibilità viene elargito in base al numero dei cani e
dei gatti di proprietà, il 33 per cento in base al numero
dei randagi presenti e il restante 25 per cento in base al
numero degli abitanti delle regioni e delle province
autonome.
Con un decreto ministeriale del 2008, però, i criteri
sono cambiati e a “vincere” la lotteria dei fondi sono
prevalentemente le province autonome di Trento e Bolzano:
solo il 40 per cento della disponibilità dell’intera
cifra stanziata, infatti viene ripartito tra le regioni in
quote pari, sulla base dell’attivazione della banca dati
regionale dell’anagrafe canina in riferimento alla consultabilità
per via telematica. Un altro 30 per cento
viene ripartito tra le regioni e le province autonome di
Trento e Bolzano in base alla consistenza della popolazione
dei cani e dei gatti con riferimento al numero
di ingressi nei canili sanitari e nei gattili. L’ultimo 30
per cento viene diviso, sempre tra regioni e province
autonome del Trentino, in base alla popolazione umana.
Estate, cane mio non ti conosco
L’estate resta per i cani il periodo peggiore dell’anno. Le
famiglie vanno in vacanza e, nonostante siano sempre
più diffusi sul territorio nazionale alberghi, B&B e
spiagge che accolgono gli amici a quattro zampe, il
passeggero di troppo viene scaricato per strada. Dall’11
luglio al 18 settembre di quest’anno,
al servizio “Io lo segnalo”
dell’Associazione italiana
difesa animali e ambiente
(Aidaa) sono arrivate 4.858
segnalazioni, il 15 per cento in
meno rispetto al 2013. “Si tratta
di un dato positivo – ha
commentato l’Aidaa – che fa
da contraltare all’aumento degli
abbandoni direttamente
nei canili, anche se il saldo
complessivo è comunque positivo
a due cifre”. La maglia
nera tra le regioni anche per
quest’estate spetta alla Puglia
574 segnalazioni –, mentre al
secondo posto si piazza la Sicilia
459.
E dopo essere stati raccolti e
aver passato il tempo strettamente
necessario nei canili sanitari, dove finiscono i
cani abbandonati? Nei rifugi, che sono per la stragrande
maggioranza dei casi gestiti da privati: associazioni senza
scopo di lucro o singoli cittadini con un pezzo di
terra. A fronte di situazioni esemplari, che basano il
benessere dei cani sulla passione e la dedizione di centinaia
di volontari, purtroppo le cronache sono troppo
spesso zeppe di denunce e maltrattamenti ad opera di
speculatori senza scrupoli. Nei casi di strutture convenzionate,
i Comuni passano ai rifugi un importo
forfettario per ogni singolo animale ospitato (in media
3 euro al giorno a cane): basta tenerli a stecchetto e ci si
fa una fortuna.
I conti son presto fatti, pur partendo da un dato positivo:
la Cassazione, con una sentenza del 16 settembre,
ha stabilito che ospitare un numero superiore di
cani rispetto a quanto stabilito dalla legge regionale è
una scelta imprenditoriale diretta a sacrificare il benessere
degli animali alle logiche del profitto”. Facciamo
allora un esempio: la Regione Puglia, dalla quale
era partito il ricorso finito alla Suprema Corte, ha stabilito
che ogni rifugio privato può accogliere fino a un

il fatto quotidiano 27 ottobre 2014

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