sabato 28 febbraio 2015

caso rifiuti: Altissimi avvisa l'Europa, il patron dell'impianto di tmb di Aprilia scrive alla commissione europea: presto saremo costretti a chiudere. Rida Ambiente: con questi numeri andiamo incontro all'ennesima dannosa e costosa emergenza, si prendano provvedimenti per tempo. Trattiamo 244 mila tonnellate ma siamo autorizzati per 400 mila. I mille intrecci della Latina Ambiente


rifiuti il solito copione dell'emergenza annunciata e minacciata: la Rida Ambiente di Aprilia minaccia la chiusura. Oltre a Borgo Montello nessuna discarica a sostituire Colleferro, la società non sa dove conferire gli scarti dell'impianto. Altissimi scrive alla comissione europea


Sermoneta, arriva l'impianto di trattamento dei fanghi dopo la decina di centrali a turbogas, biomasse, biogas. Continua il dibattito. Il sindaco Damiano (ovviamente, come sempre) rassicura, ma l'opposizione chiede maggiore trasparenza. A Sermoneta non sono graditi gli stranieri ma impianti inquinanti, cancerogeni, insalubri sì


Aprilia e la mancata variante per impianti a rischio di incidente rilevante

E' evidente che il comune di Aprilia non ha adempiuto (chissà se mai lo farà) all'obbligo della redazione della variante Seveso per gli impianti a rischio di incidente rilevante è soggetto a sanzioni e censure anche da parte della comunità europea, proprio per i mancati adempimenti della Direttiva Seveso.
In questo modo il comune si rende debole e attaccabile da chiunque oggi voglia proporre un impianto insalubre, pericoloso, inquinante, con emissioni inquinanti e cancerogene.
La mancata variante RIR (a rischio di incidente rilevante) oltre ad aver impedito l'opposizione al progetto turbogas, impedisce l'opposizione al proliferare di progetti con un'amministrazione comunale che si rivela debole e remissiva, con armi e argomenti spuntati.
L'approvazione della variante RIR consentiva al comune di Aprilia di esprimere il parere di compatibilità o incompatibilità territoriale.
La variante RIR deve anche contenere le informazioni alla popolazione e alle aziende limitrofe ai 4 (che nel frattempo sono aumentati senza controllo) soggetti alla direttiva Seveso senza contare quelli che la maglia troppo larga dell'amministrazione non ha censito nè controllato.
E' una scelta politica? l'incapacità amministrativa di trovare un compromesso tra i vari interessi? oppure ci sono altre motivazioni?

Aprilia assediata dall'inquinamento, da centrali elettriche, emissioni, rifiuti, il comune non tutela sicurezza pubblica e territorio e non approva la variante direttiva Seveso per gli impianti a rischio di incidente rilevante

Seveso VS Depliant la sfida finale.
Sono passati oramai 2 anni dal nostro incontro con l’assessore all’ambiente Alessandra Lombardi e il dirigente del IV settore l’arch. Paolo Ferraro, ai quali avevamo fatto presente la mancanza di un piano di protezione civile e soprattutto la mancanza di una variante a rischio incidente RILEVANTE affinché fosse possibile avere un maggiore controllo del Territorio limitando la diffusa crescita di impianti industriali riconosciuti come pericolosi dalla normativa europea denominata Seveso Tre.
Finalmente dopo anni di richieste rimaste inascoltate il Comune di Aprilia tramite l’assessore alla cultura, alla pubblica istruzione, con delega alla Protezione civile Francesca Barbaliscia, ha annunciato che a marzo 2015 sarà avviata una campagna informativa portando a conoscenza la popolazione dei Piani di Sicurezza Interni ed Esterni del industrie Seveso già presenti sul nostro territorio. Questa campagna informativa infatti vedrà come protagonisti quei cittadini residenti e non solo dei quartieri adiacenti alle 4 aziende a rischio incidente Rilevante , Abbott - Isagro - Angelini Acraf - Recordati e che, ad oggi, non sanno ancora come agire in caso di esplosione o guasti degli impianti. L’iniziativa apparsa su i giornali in questi giorni, è sicuramente un inizio ma come sempre accade in questo comune, le iniziative arrivano tardi e vengono fatte passare dagli amministratori locali anche come grandi innovazioni all'avanguardia.
La legge che disciplina la sicurezza per le industrie sottoposte alla normativa Seveso esiste dal 96 gli impianti sono presenti da tempi remoti e certamente l’informazione da dare ai cittadini è una delle priorità da eseguire per la sicurezza della popolazione soprattutto in zone dove questi impianti convivono anche a pochi Km di distanza non considerando l'effetto domino che potrebbero causare. Meglio tardi che mai …? l'amministrazione solo ora agisce con dei semplici volantini che spiegheranno come comportarsi in caso di pericolo. Oltre a questo c’è l’aggiunta della DIRETTIVA SEVESO TER che entrerà in vigore dal primo giugno 2015 e che in fatto di informazione alla cittadinanza parla molto chiaro con l'art.14.
La “campagna informativa” dell’assessore Barbaliscia rientrerebbe poi nel più grande progetto del Piano di Protezione Civile, anche quest’ultimo mancante di un tassello fondamentale : La variante urbanistica per il rischio di incidente Rilevante che costituisce una documentazione necessaria a regolamentare a livello urbanistico ed edilizio i processi di trasformazione del territorio, lo sviluppo insediativo e le attività umane insediabili e/o insediate nell'intorno dell'aziende RIR, nonché porre un limite allo sviluppo futuro di ulteriore industrie considerate pericolose.
La campagna informativa che inizierà da marzo è sicuramente degna di nota, peccato che però esista un confine sottile che divide un iniziativa comunale spontanea da un iniziativa comunale imposta per legge. La prima, buona o cattiva che sia, è mossa da un vero interesse nella gestione della res pubblica , la seconda è semplicemente un atto dovuto che il comune recepisce dall’alto ( Regione, Stato, Europa ) e applica sul suo territorio , come in questo caso ancora una volta in maniera tardiva e non efficace.
Cittadini Pentastellati

scandalo rifiuti, l'inchiesta tra la discarica di Borgo Montello, l'impianto di tmb della Rida Ambiente e la speculazione dell'organizzazione romana con la complicità della regione Lazio: distrutto il dirigente che non favorì Cerroni. Nell'inchiesta appena conclusa dall'antimafia a carico di 20 indagati, il dirigente Ascenzo che ruppe il monopolio di Cerroni e dei suoi salvando la Rida, spostato ad altri incarichi. Da Brù per tutti gli amici e servi del pd di Latina a imputato. Landi il vice del supremo che rischia il terzo processo


scandalo rifiuti, Borgo Montello scelto per diventare la discarica di tutto il Lazio. I sospetti sulle strategie dell'ex commissario ai rifiuti Piero Marrazzo del Pd. L'antica ossessione di Roma di liberarsi dei rifiuti in ogni modo. Da Fondi spunta Raniero De Filippis nella speculazione e nelle inchieste sui rifiuti, tra inchieste e condanne


la procura sequestra l'archivio di Carmine Schiavone: il provvedimento dei magistrati di Roma per la preoccupazione che i documenti potessero essere trafugati. Latina e il solito caos rifiuti nel fallimento della differenziata e della classe dirigente: l'assessore all'ambiente Pansera informa che stanno lavorando per una gara europea


arresti gruppo Indeco e Green Holding ricorso al tappeto. La cassazione respinge anche la seconda istanza per i fondi post mortem nella discarica di Borgo Montello


Velletri una regione Lazio in stato confusionale: polo dei rifiuti a Lazzaria si profila il no all'impianto. Inviato un preavviso di diniego per l'autorizzazione ambientale. La commissione per il biogas ha nominato il presidente: Giorgio Greci della lista live


Pontinia nuovo impasse per la centrale a biomasse nell'area industriale di Mazzocchio, necessario spostare l'elettrodotto dell'impianto nella fase progettuale. Il comune non viene convocato per tempo e la conferenza dei servizi viene rinviata


caos rifiuti nella regione Lazio e a Latina, anche la Csa di Castelforte ignorata: la questione dell'adeguamento delle tariffo di accesso agli impianti di smaltimento. La regione Lazio degli indagati e dei collusi questa volta non ha adottato la sentenza e la società è stata costretta a ricorrere al Tar


LAZIO, CONTINUA LA GUERRA DEI RIFIUTI

L’ultima notizia è di qualche ora fa. L’impianto TMB di Aprilia che serve un milione di utenti equivalenti, accogliendo i rifiuti urbani della provincia di Latina e di una parte della provincia di Roma, il 10 marzo rischia di chiudere le porte. Lo annuncia la società Rida che gestisce l’impianto, spiegando che a breve non saprà più dove portare i residui della lavorazione. Le discariche sono ormai piene. L’emergenza, dunque, è alle porte.
E’ prima di tutto il fallimento – ormai conclamato – del modello del trattamento meccanico e biologico della monnezza – conosciuto in sigla come TMB – che produce, alla fine della filiera, combustibile per inceneritori e una serie di scarti che devono finire nelle discariche. Per rendere questi impianti convenienti la differenziata non deve raggiungere i livelli elevati che le norme e la tutela dell’ambiente prevederebbe: meno materiale viene recuperato, più alti sono i guadagni degli impianti industriali che avviano i residui agli inceneritori e alle discariche. Un circolo che alimenta il business di chi investe e guadagna cifre milionarie sul ciclo dei rifiuti.ì. Il Lazio nel 2014 ha sostanzialmente mantenuto la stessa percentuale di raccolta differenziata – bassa – dell’anno precedente, mostrando come la gestione virtuosa della monnezza non abita vicino alla capitale. E’ un male antico: nel 2011 l’avvio al recupero di materiale riguardava solo il 27,20% dei rifiuti prodotti nel Lazio; percentuale salita di poco negli anni successivi.
Il grimaldello per gli affari nel mondo della monnezza ha un nome preciso, emergenza. Saltano i controlli, si rompono le procedure, si accentrano in pochissime mani le leve di comando. In queste situazioni basta avere amici degli amici giusti e il più è fatto. Far scattare l’emergenza in questa fase potrebbe essere la via maestra per rimescolare le carte in un gioco che oggi vale centinaia di milioni di euro di fatturato annuo. http://toxicleaks.org/blog/2015/02/28/lazio-continua-la-guerra-dei-rifiuti/

Algeria, la lotta contro le trivelle che nessuno si aspettava

di  | 28 febbraio 2015 E chi se lo aspettava che anche in Algeria ci sarebbe stata una così grande lotta contro le trivelle?
ALGERIA-ALGIERS-DEMONSTRATION-SHALE GASSiamo a Ain Salah, nel sud dell’Algeria, 45,000 abitanti e 750 chilometri dalla capitale Algiers, teatro di proteste e di attivismo, poi sparsi in tutta la nazione. Ogni giorno e per due mesi, tanto che il presidente Abdelaziz Bouteflika non si fa più vedere in pubblico da settimane.
La protagonista è la compagnia petrolifera statale Sonatrach che dispensa concessioni come se fossero caramelle. Gli interessi in gioco qui sono giganteschi. Secondo l’agenzia americana Energy Information Administration (Eia), l’Algeria è il terzo paese al mondo per disponibilità di shale gas, dopo Cina e l’Argentina. Parliamo di circa 600 trillioni di metri cubi di gas.
L’Algeria è stata a lungo produttrice di petrolio e di gas convenzionale. Circa il 60% del proprio budget arriva dagli idrocarburi, che sono la gran parte di ciò che l’Algeria esporta. Con i petrodollari, l’Algeria ha mantenuto un regime sociale di relativobenessere con ampi sussidi governativi che le hanno permesso di evitare le proteste di massa dei paesi confinanti durante le primavere arabe. Semplicemente appena c’è stato sentore di ribellione hanno mandato la polizia e poi hanno aumentato tutti i salari e i programmi per i giovani. E’ un metodo abbastanza comune  qui – la gente protesta un po, si danno concessioni e si evitano problemi maggiori.
In tempi recenti però le riserve di gas da estrarre con metodi “normali” sono calate e quindi il governo ha ben pensato di passare allo shale gas, i cui giacimenti nel sud dell’Algeria fino a poco tempo fa non sarebbero stati accessibili. Si decide di investire 80 miliardi di dollari con 200 pozzi esplorativi, impianti petrolchimici e di raffinazione e con l’intento di tirare fuori circa 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Ma siccome non hanno le tecnologie o il sapere, decidono di aprire agli investitori stranieri, con cui si “condivideranno” rischi, profitti e costi. A chi aprono? A Shell,Exxon MobilTotalTalisman Energy e ovviamente. la nostra beneamata Eni, che e’ stata fra le prime a firmare gli accordi con la Sonatrach nel 2011.  Hanno piu di quaranta concessioni in Algeria.
Alla fine di Dicembre 2014, la Sonatrach annuncia che i testi delfracking venti miglia a sud da Ain Salah. Sono stati di successo e che si intende proseguire. Ora, di tutte le città di Algeria, Ain Salah è quella dove  più di altre la gente è ritenuta pacifica, sottomessa e obbediente. Ma cosi’ non e’ stato per il fracking: sono subito scesi in piazza e non ne vogliono sapere di trivelle. E questo ha colto di gran sorpresa i politici e gli osservatori.
E perché ad Ain Salah si oppongono alle trivelle? Per lo stesso motivo per cui ci opponiamo noi: perché nonostante tutte le bellepromesse di lavoro e progresso lo sanno anche nel sud dell’Algeria che le trivelle portano solo miseria ed inquinamento. In questo tempo di internet e di globalizzazione non si può negare l’evidenza.
A poco sono valsi i tentativi di “tuttapposto” del governo: è tutto sicuro, siamo solo in fase di esplorazione, inizieremo nel 2020, e una “transizione” verso le rinnovabili e via con la fantasia. A rendere tutto ancora più difficile è che qui siamo in un deserto, e l’acqua è preziosa. Se la usano per il fracking e se la inquinano, cosa berranno le persone? Cosa useranno per l’agricoltura?
Ci sono anche vaghi sentimenti anticoloniali: ci si ricorda di essere stati sede di esperimenti nucleari e chimici della Francia, anche dopo l’indipendenza, e non se ne vogliono altri, questa volta di natura petrolifera. E poi fra le proponenti c’è la Total, ed il fracking è vietato in Francia per proteggere l’ambiente. L’ambiente di Algeria è meno importante?
Sebbene ad Ain Salah ci sia un tasso di analfabetismo ancora al 20%, la zona sia povera e poco sviluppata rispetto al resto del paese, la protesta è stata forte e compatta.  L’8 Febbraio 2015 il governo centrale ha annunciato che i programmi di fracking andranno avanti come inizialmente previsto. Ma invece di arrendersi, i residenti di Ain Salan e di altre città hanno continuato a protestare finché il movimento, pacifico e composto, è diventato nazionale.
Questo enorme movimento di opinione, partito da un popolo considerato marginale e poco istruito, sta dando prova di cittadinanza responsabile e pacifica al mondo intero, anche a noi italiani, che spesso più che protestare su Facebook non facciamo. E’ un movimento di cittadini adulti.
Qui le immagini delle proteste ad Ain Salah. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/28/algeria-lotta-contro-trivelle-nessuno-si-aspettava/1462830/

casta e vergogna continua alla regione Lazio: assunzioni con promozione è di nuovo polemica. Tra i beccati anche Paolo Torelli e Bruno Creo, Di Rocco. Dossier dei verdi. Anzichè spendere i soldi per la sanità, la sicurezza, i trasporti pubblici, la cultura, le scuole, l'inquinamento, gli impianti necessari continuano a dare i soldi agli amici degli amici. Fortuna che con Zingaretti, il pd, sel e legambiente la regione doveva cambiare verso


Rida Ambiente, “Dal 10 marzo stop allo smaltimento rifiuti”

Impossibilità, a partire dal 10 marzo 2015, di trattare e smaltire i rifiuti solidi urbani prodotti da 1.000.000 di abitanti equivalenti della Regione Lazio in conformità alla normativa europea – Mancata individuazione da parte della Regione Lazio di una rete integrata e adeguata di impianti di trattamento e smaltimento, incluse le discariche, per la gestione dei rifiuti solidi urbani – Inadempimento della Repubblica italiana agli obblighi derivanti dagli artt. 2e 6 della direttiva 1999/31/CE, dagli artt. 4, 12 e 16 della direttiva rifiuti 2008/98/CE e dalla sentenza della Corte giustizia, 15 ottobre 2014, C-323/13“.
Così in una nota alla Commissione Europea comunica l’amministratore unicoR.I.D.A. Ambiente S.r.l. Fabio Altissimi
“La scrivente – si legge – è titolare di un impianto autorizzato al trattamento meccanico-biologico dei rifiuti solidi urbani, conforme alle migliori tecniche disponibili (BAT), operante nella Regione Lazio a servizio del sub-ambito territoriale ottimale (subATO) di Latina e di numerosi comuni dei subATO di Colleferro e Roma. L’impianto soddisfa un fabbisogno di trattamento pari a circa 1.000.000 di abitanti equivalenti.
L’impianto recupera in media il 61% dei rifiuti urbani indifferenziati in ingresso, mediante trattamento (bioessiccazione) e produzione di combustibile derivato da rifiuti (CDR/CSS) avviato a recupero energetico. La frazione stabilizzata restante (35-39% circa) è destina allo smaltimento in discarica in conformità alla normativa europea e nazionale.
L’impianto tratta attualmente poco più di 224.000 ton/anno di rifiuti urbani (su 410.000 ton/annue autorizzate) e ha quindi necessità di smaltire in discarica, al momento, circa 89.000 ton/anno di rifiuti.
Attualmente, nel subATO di Latina, è autorizzata una sola discarica con potenzialità residua a disposizione della scrivente di 12.500 ton nell’arco dei prossimi cinque mesi, pari a 83 ton/giorno. La potenzialità di smaltimento è quindi pari soltanto al 14% del necessario su base annua.
Nel subATO di Colleferro è autorizzata l’unica altra discarica con capacità residua disponibile, di cui è titolare una società (Lazio Ambiente) posseduta interamente dalla Regione Lazio. La scrivente potrà smaltire in tale discarica la quantità restante dei rifiuti prodotti soltanto fino al prossimo 9 marzo 2015, data in cui terminerà l’attuale contratto di conferimento.
In base alla legge italiana (artt. 196 e 199 del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006), la Regione Lazio è l’autorità competente a creare la rete adeguata e interata di impianti per la gestione dei rifiuti urbani indifferenziati prodotti in ambito regionale, ivi incluse le discariche destinate allo smaltimento dei rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti solidi urbani (art. 16, paragrafo 1, direttiva 2008/98/CE).
La scrivente ha quindi chiesto alla Regione Lazio, fin dal mese di maggio del 2014, di individuare una discarica alternativa nei subATO vicini, per colmare il fabbisogno di smaltimento che sarà insoddisfatto a partire dal prossimo 10 marzo 2015. La Regione Lazio ha chiesto a Lazio Ambiente nel giugno 2014 quale sia la capacità residua disponibile della sua discarica, ma non ha finora comunicato l’eventuale risposta. Inoltre, a decorrere dal prossimo 10 marzo, Lazio Ambiente, qualora decidesse di rinnovare il contratto, applicherà un corrispettivo per lo smaltimento dei rifiuti nella sua discarica molto superiore alla media di mercato e, dunque, oggettivamente insostenibile per la scrivente.
La Regione Lazio, peraltro, non ha individuato alcuna discarica alternativa e non ha dato disposizione alla sua società controllata Lazio Ambiente affinché consenta alla scrivente di smaltire nella sua discarica anche dopo il 9 marzo 2015. La Regione Lazio ha anche vietato all’impianto della scrivente di smaltire i propri rifiuti in discariche situate fuori della regione, che sarebbero disponibili a riceverli.
La scrivente, a decorrere dal 10 marzo 2015, dovrà quindi cessare la propria attività di trattamento, non potendo più smaltire nella sola discarica disponibile del subATO di Latina tutti i rifiuti prodotti giornalmente.
Poiché la Regione Lazio non risulta aver predisposto alternative, dal prossimo 10 marzo i rifiuti solidi urbani prodotti da circa 1.000.000 di abitanti equivalenti non potranno quindi essere trattati, recuperati e smaltiti in conformità alla normativa europea (artt. 4, 12 e 16 della direttiva 2008/98/CE; artt. 2 e 6 della direttiva 1999/31/CE).
Come accertato dalla Commissione Europea, e confermato da Corte di giustizia 15 ottobre 2014 C-323/13, in condizioni analoghe, lo Stato italiano e la Regione Lazio hanno adottato provvedimenti di emergenza con i quali è stato autorizzato il diretto smaltimento in discarica dei rifiuti solidi urbani non adeguatamente trattati, con conseguente rischio per l’ambiente e per la salute.
Si informano pertanto la Direzione e i Servizi di questa spettabile Commissione Europea affinché possano adottare in tempo utile i provvedimenti di propria eventuale competenza nei confronti delle autorità italiane”. http://www.h24notizie.com/2015/02/rida-ambiente-dal-10-marzo-stop-smaltimento-rifiuti/

COSÌ LA LEGA HA SVUOTATO LA CASSA


Il fatto quotidiano 28 febbraio 2015 Copertina Il Fatto Quotidiano - Così la Lega ha svuotato la cassa

Oggi la marcia su Roma del Carroccio. Che però è in pieno default, travolto da parcelle per avvocati amici, affitti e spese per autonoleggi. In sei mesi prosciugati 6 milioni, fra dipendenti licenziati e soldi alla scuola di Lady Bossi
IL NUOVO CHE AVANZA Salvini, 22 anni in poltrona: parenti sistemati, felpe e Casa Pound
Pa l e st i n a , la maggioranza alla Camera approva un testo Pd favorevole al nuovo Stato e uno Ncd che parla solo di generiche intese fra le parti. Sì, ma anche no
MARCHIONNE FLOP » È in fondo alla classifica di affidabilità di “J.D. Power” Gli Usa rottamano la Fiat “Le auto con più difetti” Il sondaggio della società di consulenza per il mercato americano è un appuntamento annuale per gli addetti ai lavori. Segnalati 273 problemi ogni 100 veicoli, contro una media di 147 per tutti gli altri marchi. Certificazione negativa anche in Germania
L’ATTIVISTA M5S Teresa, 18 anni: “Vi racconto il faccia a faccia con Mattarella”
GUSTAVO ZAGREBELSKY “La politica è finita e la stampa è prona a qualsiasi governo” “La svolta autoritaria non è il manganello, ma l’esecutivo che ignora il Parlamento perché lo ritiene dannoso”
Pd, quattro gatti da Renzi. Che ora vuole cacciare Boccia e Damiano
SCOMPARSO A 82 ANNI Strassera, il giudice che disse “nunca mas” ai dittatori argentini  Nell’arringa finale del processo del 1985 pronunciò il famoso “mai più” e mandò all’ergastolo Videla e Massera

dopo le truffe del bio-gas, bio-masse, arriva il biometano, un progetto tutto apriliano: Fri-El Bolzano (che c'entra con Aprilia?) e Progresso Sviluppo Immobiliare

http://www.sferamagazine.it/aprilia/sociale/centrale-biometano-un-progetto-tutto-apriliano/
Presentato il progetto in regione di una nuova centrale di produzione di biometano in via del Campo accanto all’attuale centrale che produce biogas.
Tutti i particolari nell’intervista all’Ingegnere progettista, Gianluca Brilli.
“La denominazione esatta della centrale – esordisce l’ingegnere – è: Impianto di produzione di biometano a basso impatto ambientale mediante trattamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani. La società proponente è una società di progetto costituita ad hoc che ha la denominazione di Fri El Aprilia. Fri El è il secondo operatore nazionale nel settore delle Energie Rinnovabili e ha sede a Bolzano con sede legale di Roma”.
Si è subito pensato al solito gruppo industriale che giunge in città per una speculazione, invece l’idea industriale nasce direttamente dai proprietari del terreno che sono apriliani. Circa un anno fa i proprietari del terreno hanno contattato, tramite lo studio Brilli che ha realizzato l’impianto a biogas di via del Campo, la Fri El di Bolzano per avere una mano tecnica e finanziaria per la realizzazione dell’impianto a biometano, un investimento complesso e costoso di 12 milioni di euro. L’impianto a biometano sarà adiacente all’attuale centrale a biogas in via del Campo. Il progetto è stato realizzato da uno staff di professionisti guidati dall’Ingegnere Gianluca Brilli, firmatario del progetto.
“L’idea nasce da Aprilia – prosegue Brilli – con un accordo di partenariato tra la Fri El di Bolzano e i proprietari del terreno, tutti apriliani”.

Ma chi sono i proprietari del terreno?

“Sono una cordata di professionisti e imprenditori riuniti all’interno della Progresso Sviluppo Immobiliare”.

L’impianto di produzione di biometano.

“L’impianto – spiega l’ingegner Gianluca Brilli – tratta la frazione organica dei rifiuti solidi ed è necessario per chiudere il ciclo della raccolta differenziata. Le discariche sono superate, non si può incenerire tutto quello che si smaltisce per cui c’è la raccolta differenziata che va a riciclare i prodotti smaltiti e per quanto riguarda l’umido organico la centrale a Biometano da quello produrrà da una parte compost e dall’altro biometano che andrà immesso direttamente nel gasdotto. Un concetto importante è che non brucia metano per fare energia elettrica ma lo rende direttamente disponibile nel gasdotto che dista 50 metri dall’area dell’impianto. Queste sono le linee tecnologiche più moderne in Europa. Il compostaggio richiede ossigeno per cui si fa all’aria e questo provoca le emissioni odorifere, nel caso della centrale a biometano, invece, la degradazione avviene tutta in ambiente ermetico perché il metano che si sprigiona, che è quello che provoca i cattivi odori, viene tutto raccolto e riutilizzato.
In questo momento il legislatore italiano incentiva molto di più il biometano più della produzione elettrica proprio perché il grosso deficit dell’Italia è la forte importazione di gas naturale.
Il terreno su cui sorge l’impianto è un terreno industriale, l’area di intervento occupa circa tre ettari ed è attigua all’impianto a biogas”.

La differenza tra biogas e biometano?

“La differenza – spiega l’ingegnere – sta nel materiale in ingresso, nel biogas ci sono le biomasse (mais, glicale, deiezioni bovine etc.) che vengono trasformate in energia, mentre nella centrale biometano in ingresso c’è la parte biodegradabile dei rifiuti solidi urbani.
Il Lazio è saturo per lo smaltimento dei rifiuti organici, c’è una carenza di impianti, attualmente stanno quasi tutti smaltendo fuori regione, principalmente in Emilia Romagna”.

I benefici Per Aprilia?

“Intanto – conclude – si tratta di un progetto di apriliani e ci lavoreranno e lo gestiranno apriliani per cui è un indotto economico e produttivo per la città. E’ un impianto a fonte rinnovabile, svolge un servizio pubblico e ha un enorme valore ambientale: è funzionale alla chiusura del ciclo dei rifiuti e produce un biocombustibile. Il biometano che produce la centrale permette una minore importazione e combustione di tremila tonnellate annue di petrolio, quindi 10 mila tonnellate annue di anidride carbonica in meno immesse in atmosfera”.

caos rifiuti i mille intrecci della Latina ambiente e l'inquinamento nella discarica di Borgo Montello. Il lido di Latina è una pattumiera. San Felice Circeo discarica in comune, una montagna di rifiuti pericolosi. Ad Anzio posti barca in cerca di pubblicità. Buonamano processo da rifare, annullata dalla cassazione l'assoluzione di Romolo Di Silvio.

venerdì 27 febbraio 2015

nuova centrale elettrica, Aprilia terra di nessuno. Il sindaco: ci opporremo al progetto (domanda in quale millennio e come?) anche se presentato da chi mi ha sostenuto in campagna elettorale. Fa discutere la richiesta di VIA per un impianto di biometano da 44 mila tonnellate


caos rifiuti Latina e Lazio, per l'impianto di tmb della società ecoambiente nella discarica di Borgo Montello, manca la variante definitiva per il progetto. Rifiuti, a causa dell'incapacità di amministratori e dirigenti ad attuare la raccolta differenziata, le bollette lievitano, l'ombra di ulteriori sprechi



azione diretta del Comitato No Corridoio alla prima riunione presso l’ANAS della Commissione aggiudicatrice dell’appalto dell’autostrada a pedaggio A12-Roma-Latina.

COMUNICATO STAMPA
Oggetto: azione diretta del Comitato No Corridoio alla prima riunione presso l’ANAS della Commissione aggiudicatrice dell’appalto dell’autostrada a pedaggio A12-Roma-Latina.
Una delegazione di attivisti del Comitato No cor
ridoio Roma-Latina si è presentata nell’aula dove si stava aprendo la 1^ riunione della Commissione che dovrebbe aggiudicare l’appalto miliardario per la costruzione dell’inutile autostrada a pedaggio.
Da un lato i Commissari e dall’altro i prenditori della concessione autostradale formati da due mega cordate: una guidata da Salini Impregilo, Astaldi, Pizzarotti e Ghella. L'altra formata dal Consorzio stabile Sis (società consortile per azioni), una consolidata
alleanza italo-spagnola nata su spinta del colosso iberico “Sacyr y Vallermoso” e oggi controllata al 51% dal gruppo “Fininc” di Torino (tramite la società di costruzioni Inc spa e la società di ingegneria Sipa Spa), contro il 49% di Sacyr.
Considerato la censura e la continua disinformazione pianificata ad arte, abbiamo fatto visita alla sede centrale dell’ANAS, per rendere edotti i convenuti della volontà decisamente contraria espressa dalle nostre comunità alla costruzione del mostro di cemento e asfalto. Visto l’unilaterale decisione del Governo Renzi/Lupi e della Giunta della Regione Lazio di Zingaretti di perseverare nella volontà devastatrice senza informare e far partecipare i cittadini alle decisione che li riguardano. Per questi motivi i Nodi del nostro Comitato hanno deciso di mettere in pratica delle azioni tendenti a denunciare e informare pubblicamente degli impatti sociali e ambientali dell’opera e delle alternative più efficaci ed economiche. Abbiamo comunicato agli intervenuti che il nostro movimento non si piegherà e non retrocederà di un millimetro, anche davanti all’apertura del cantiere.
Il percorso per condividere e organizzare i PRESIDI PERMANENTI inizierà con la prima Assemblea Pubblica che si terrà il 4 Marzo 2015 alle ore 17,30 presso la sala Teatro della Dodicesima in Via Carlo Avolio, 60 a Spinaceto – Roma.
Roma, 25 Febbraio 2015


Comitato NO Corridoio Roma-Latina per la Metropolitana Leggera
web: http://quartiereroma12.blogspot.com/ - e.mail: nocorridoio@tiscali.it 
Portavoce Gualtiero Alunni - cell. 3332152909 
Facebook: Comitato No Corridoio - Twitter: NoCorridoio - YouTube: XIIRoma

L'impianto Tmbaas della società Ecoambiente insiste sulla particella che il Gico della Guardia di Finanza ha sequestrato il 29 gennaio 2014


in alto l'elaborato grafico ubicativo completo
in basso il particolare dell'estratto di mappa catastale

Elettrosmog, scienziati e medici al governo Renzi: no all’innalzamento dei limiti nocivi

elttrosmogPassi pure Passi pure l’ombra di Berlusconi ‘imprenditore’ che ha la meglio sulla notiziabilità ‘politica’ dell’Opa Mediaset su Rai Wayrispetto alle ‘chiaccherate’ rilevazioni su tralicci e impianti radiotelevisivi dell’emittente pubblica (nel 2005, solo per dirne una,Arpa Lazio nella zona di Pianillo a Segni pare avesse captato emissioni allarmanti, quantificate da tecnici e indipendenti comitati della Valle del Sacco in ben 62 V/m!).  Ma sottacere, ignorando, l’ultimo appello sull’Elettrosmog per la difesa della salute, lanciato a governo e Parlamento da una robusta schiera di medici, fisici, ricercatori e scienziati, è davvero imperdonabile. Sul banco degli imputati, innalzamento dei valori soglia ed effetti nocivi delle radiazioni: “Sono gravissimi i rischi per la salute e per l’ambiente – dice la richiesta – legati all’esposizione crescente a campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde che sono emessi da cellulari, tablet, smartphone, computer collegati in reti senza fili, antenne WiFi, WiMax, radar, ripetitori della radiofonia, della radiotelevisione e della telefonia mobile Dect, Gsm, Umts e Lte (4G)“.

Il grido d’allarme segue l’approvazione renziana della Strategia Italiana per la Banda Ultralarga e della Strategia per la Crescita digitale 2014-2020: la richiesta è da un centinaio di firmatari-promotori, tra i quali Fiorella Belpoggi del Centro di Ricerca sul Cancro dell’Istituto Ramazzini a Bologna e Mario Barteri, Chimica Fisica Biologica alla “Sapienza”, l’associazioneMedicina Democratica, l’Isde – Medici per l’Ambiente, laFondazione Progenies di Firenze. Questa la sintesi: “Riportare la misurazione dei campi elettromagnetici su una media di 6 minuti anziché di 24 ore; approvare un decreto attuativo della Legge 36/2001 per i dispositivi mobili con l’adozione degli stessi limiti di esposizione delle antenne dei sistemi fissi; promuovere investimenti pubblici e detassazione per la connettività in fibra ottica e via cavo che è la tecnologia più efficiente e completamente sicura per la salute. Infine, l’obbligo per gli enti predisposti alla tutela della salute pubblica ad assumere le proprie valutazioni del rischio sulla radiofrequenza, selezionando gli studi scientifici indipendenti, escludendo quelli finanziati dall’industria delle telecomunicazioni“.Insomma, tanta roba, che riguarda tutti.
Altre voci dal worksop di Roma:  “Questi piani di sviluppo rischiano di far aumentare in modo esponenziale tutta una serie di patologie tumorali e neurodegenerative correlate all’esposizione continuata alla radiofrequenza, con un rischio più significativo per i più giovani dal momento che gli effetti nocivi dell’esposizione ai campi elettromagnetici si accumulano nel tempo”, sostieneFiorenzo Marinelli, ricercatore CNR Bologna. “Il governo suggerisce di uniformare i limiti attuali italiani (6 V/m) a quelli europei (61 V/m) in base alla raccomandazione 1999/519/CE, che io stesso ho contribuire ad elaborare come uno dei delegati del Ministero della Sanità italiano”, spiega Livio Giuliani, dirigente di ricerca ex-Ispsl, ‘gli Stati membri hanno facoltà di fornire un livello di protezione più elevato di quello di cui alla presente raccomandazione’ e che gli Stati membri ‘dovrebbero considerare i progressi delle conoscenze scientifiche con un atteggiamento di precauzionesuggerito in una riduzione cautelativa a 0,6 V/m”.
Netta la posizione anche dei comitati No-Antenna Selvaggia, No-Muos in Sicilia e delle associazioni malati di Elettrosensibilità: “Siamo per lo sviluppo delle tecnologie digitali purché avvenga nel pieno rispetto della salute”, dice Giuseppe Teodoro portavoce romano. “Richiediamo anche il divieto di installazione del Wi-Fi negli asili, nelle scuole, nei luoghi di cura e negli ospedali.” Chiosa Francesca Romana Orlando, Amica: “La valutazione del rischio correlato ai campi elettromagnetici è fortemente condizionata dal problema del conflitto di interessi”. Per firmare la l’appello c’è tempo fino al 30 Marzo: chiunque può farlo. Mentre per chi volesse preventivamente orientarsi, proficua lettura è senz’altro “Il fascino discreto dell’elettromagnetismo, tutto quello che dovete sapere sull’inquinamento elettromagnetico: scienza, salute e ambiente” (Andromeda Edizioni). d | 27 febbraio 2015 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/27/elettrosmog-scienziati-e-medici-al-governo-renzi-no-allinnalzamento-dei-limiti-nocivi/1460729/

Petrolio, Obama blocca l’oleodotto di Keystone: finalmente un segnale politico importante

Finalmente il presidente Obama ha messo il veto alla costruzione dell’oleodotto Keystone Xl, dal Canada al Texas. E’ la prima volta in cinque anni che usa il potere di veto ed è la terza volta in tutto il suo mandato.
E’ questo un piccolo miracolo, considerato da dove si era partiti sei anni fa – l’opinione pubblica non ne sapeva niente e politicamente sembrava facilissimo costuirlo. Se si è arrivati qui è stato solo grazie all’incessante voce di popolo che con il tempo è diventata sempre più forte, più numerosa e più esigente.
Ovviamente chi vuole questo oleodotto sono gli stessi che vogliono le trivelle, il fracking, e l’offshore drilling: i petrolieri prima di tutto e poi i repubblicani che gli sono amici, nonché il governo del Canada. Fra questi John Boehner, il portavoce repubblicano della Camera che ha ripetutamente detto che occorre “ignorare gli estremisti di sinistra e gli anarchisti” che lo oppongono. La propaganda è sempre la stessa: creeremo “lavoro made in the Usa”, non ci sono problemi all’ambiente, serve per non essere dipendenti dall’Arabia Saudita ed altri vaneggiamenti che sono gli stessi che si ripetono di qua e di là dell’oceano.
In realtà, almeno novanta fra i più illustri economisti e scienziati del clima d’America hanno espresso la propria contrarietà all’oleodotto della discordia, fra questi anche dei premi Nobel. Anche il New York Times aveva espresso la sua contrarietà, ricordando in un editoriale a nome di tutto il giornale che porre il veto a Keystone era la cosa giusta da fare.
Così come è stato progettato dalla TransCanada, Keystone avrebbe dovuto essere lungo 3800 miglia, quasi 6000 chilometri. Buona parte di questo oleodotto è stato già costruito, la parte che dall’Alberta, Canada arriva fino all’Illinois. Manca solo il pezzo finale, di 1200 miglia, quasi 2000 chilometri  attraverso il Montana, South Dakota, Nebraska, Kansas, Oklahoma e finalmente in Texas. L’oleodotto trasporterebbe a regime 800,000 barili al giorno dal Canada al Golfo del Messico. Si calcola che dall’Alberta si possano estrarre almeno altri 170 miliardi di barili, e fino a dieci volte tanto secondo le previsione più rosee.
Perché questo oleodotto è meglio che non s’abbia da fare? Perché significa che continueremo ad importare petrolio dalle Tar Sands del Canada, e quindi ad alimentare ancora l’ingordigia petrol-energetica di questo paese, prima di tutto. E poi dal Canada si estrae bitume, la sostanza petrolifera più schifosa e più inquinante che esista. E’ questa una operazione che ha già causato inquinamento e distruzione, con disboscamenti, acqua ed aria inquinata, malattie ai residenti, e che contribuisce in modo determinante ai cambiamenti climatici. E questo lo non lo dico io ma un rapporto dello State Department degli Usa in cui si sottolinea che le trivelle canadesi tirano fuori un quantitativo di gas serra molto superiore rispetto alle trivelle convenzionali, il 17% in più.
Ci sono poi le tribù indigene, che vedrebbero l’oleodotto tagliarli le comunità in due, o i ben 2500 acquiferi che Keystone Xl attraverserà con la potenzialità di perdite e di inquinamento, incluso l’Ogallala, uno dei più estesi di tutto il mondo. Alcuni indiani d’America sono così preoccupati degli impatti sociali ed ambientali dell’oleodotto, che la Rosebud Sioux Tribe ha dichiarato che la sua approvazione sarebbe considerata un atto di guerra.
La TransCanada nel 2011 aveva sparato che l’oledotto avrebbe creato circa 140,000 posti di lavoro complessivi. Nel gennaio del 2014 lo State Department invece concluse che l’oleodotto avrebbe creato circa 46,000 posti di lavoro per al massimo due anni durante la fase di costruzione. A regime, ci sarebbero stati solo … 50 persone! L’oleodotto non avrebbe avuto che scarsissima influenzasul prezzo della benzina. E quindi anche qui, solo fumo negli occhi da parte dei petrolieri.
Ma quali che siano i calcoli sui barili, sui posti di lavoro, sul prezzo alla pompa, c’è qualcosa di molto più drammatico e grande se uno guarda il “big picture”. Il nostro pianeta non può più sopportare tutti questi stravolgimenti al clima, e sia Obama che Kerry a suo tempo hanno ricordato che i cambiamenti climatici causati dalle fonti fossili sono una minaccia reale alla stabilità del mondo.
Tirare fuori altro bitume significa immettere altra CO2 in atmosfera. Tutti i principali climatologi ricordano che se vogliamo evitare il disastro climatico, i due terzi delle riserve di petrolio stimate dovrebbero restare nel sottosuolo. E siccome è il peggio del peggio, le Tar Sands sono le prime a dover restare dove madre natura le ha messe – sotto la foresta.
Magari i canadesi le estrarranno lo stesso e manderanno il bitume in altri mercati, come la Cina. Ma il punto è che senza l’oleodotto verso gli Usa per i petrolieri sarà tutto più difficile, ingarbugliato e costoso, e siccome alla fine gli interessano solo i profitti, in questo senso il veto è un grande passo in avanti. Senza contare che sarebbe un segnale politico e sociale molto forte per tutto il mondo e per chiunque ami l’ambiente: yes, we can stop them.
Non sappiamo come andrà a finire: i repubblicani probabilmente presenteranno altre proposte e modifiche al progetto. Tutta la macchina informativa che si è messa in atto non si fermerà e spero che Obama abbia abbastanza acume politico e rispetto dell’ambiente nel perserverare con il suo no. E’ la storia che si ripete: se la democrazia funziona e se esigiamo che funzioni, il potere siamo noi.
Qui maggiori dettagli sulla devastazione delle Tar Sands del Canada di  | 26 febbraio 2015 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/26/petrolio-obama-blocca-loleodotto-keystone-finalmente-segnale-politico-importante/1457277/

Tav, verdi francesi: “Spostare i Tir su rotaia è già possibile col tunnel Moncenisio”

“L’alternativa al Tav Torino-Lione esiste già”. Così l’eurodeputata verde franceseMichèle Rivasi che parla del tunnel del Mont Cenis (Moncenisio) per il quale “laFrancia ha già speso 2 miliardi di euro e che potrebbe essere utilizzato subito per spostare il traffico dalle strade alla ferrovia“. “Ci sono forti interessi in gioco da parte della società costruttrice – attacca la Rivasi – e per questo si è pronti a far indebitare siaParigi che Roma“. Nel frattempo, aggiunge l’eurodeputato M5S Marco Valli, l’Olaf, l’ufficio anti frodi dell’Ue, continua la sua indagine per sospetto conflitto d’interessi sul Tav. “Renzi questa volta si è fatto spalleggiare da Hollande perché gli italiani non credono più alle sue bugie”, conclude un altro esponente pentastellato Daniele Aiuto  di Alessio Pisanò 

26 febbraio 2015 Tav, verdi francesi: “Spostare i Tir su rotaia è già possibile col tunnel Moncenisio” http://tv.ilfattoquotidiano.it/…/tav-verdi-francesi…/343760/
“L’alternativa al Tav Torino-Lione esiste già”. Così l’eurodeputata verde francese Michèle Rivasi che parla del tunnel del Mont Cenis (Moncenisio) per il quale “la Fra
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Dl Ilva, sì a uso delle scorie nei manti stradali. “A rischio molte inchieste”

Le scorie d’acciaieria dell’Ilva di Taranto potranno essere usate in tutta Italia. Sotto le strade, nelle massicciate ferroviarie, come materiale di riempimento per le bonifiche e i recuperi ambientali. E cambierà anche la normativa di riferimento per stabilire se quegli scarti industriali sono pericolosi e inquinanti oppure no. Lo prevede un emendamento al decreto Ilva, presentato dai senatori Alessandro Maran (Pd) e Aldo Di Biagio (Fli) e già approvato in commissione lo scorso 19 febbraio. Dunque parte integrante del testo che sarà votato con la fiducia alla Camera il 3 marzo.
“Un passepartout per le acciaierie italiane per poter collocare queste scorie in tutte le infrastrutture – dice a ilfattoquotidiano.it il presidente della Commissione parlamentare sui rifiuti Alessandro Bratti – utilizzando un test che non esiste ed è semplicemente un lasciapassare”. Il decreto prevede infatti che per caratterizzare le scorie venga utilizzato, al posto del vecchio “test di cessione” delle sostanze inquinanti, un regolamento europeo pensato per la “registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche” (il 1907/2006) che “nulla ha a che fare con i rifiuti: una pura invenzione, che introdurrà soltanto nuovo caos”.
La possibilità per l’Ilva di utilizzare le scorie senza effettuare il test di cessione degli inquinanti “potrebbe determinare un pericoloso precedente – prosegue Bratti – perché anche tutti gli altri impianti sarebbero legittimati a comportarsi allo stesso modo”. Molte leinchieste e i processi a rischio, secondo il presidente della Commissione rifiuti, tra tutte quelle sulle scorie di acciaieria smaltite sotto l’autostrada Brebemi, di cui si è occupata la Dda di Brescia, e quelle finite sotto l’autostrada Valdastico sud (Vicenza) su cui indaga la procura antimafia di Venezia. Due inchieste finite sotto i riflettori della Commissione ecomafie.
L’emendamento al decreto Ilva è stato presentato dal senatore friulano del Pd, ex Scelta Civica, Alessandro Maran, e dal collega di Fli Aldo Di Biagio, già a capo dell’ufficio relazioni internazionali dell’allora ministro delle Politiche agricole e forestali Gianni Alemanno. “I residui della produzione dell’impianto Ilva di Taranto – si legge nel testo del decreto – costituiti dalle scorie provenienti dalla fusione in forni elettrici (…) possono essere recuperati per la formazione di rilevati, di alvei di impianti di deposito di rifiuti sul suolo, di sottofondi stradali e di massicciate ferroviarie (R5) o per riempimenti e recuperi ambientali (R10)”.
Non solo per i terrapieni e i sottofondi stradali, ma anche nel caso dei materiali di riporto per le bonifiche ambientali e per i recuperi “a verde” delle cave esaurite, potranno essere utilizzati dunque rifiuti speciali, in particolare i “rifiuti del trattamento delle scorie” (codice Cer 10 02 01), le “scorie non trattate” (Cer 10 02 02) e le “scorie di fusione” (Cer 10 09 03).
La legge prevedeva già la possibilità di utilizzare le scorie di acciaieria per i rilevati stradali, se adeguatamente trattate e conformi al test di cessione previsto dal decreto del Ministero dell’Ambiente del 5 febbraio 1998. Proprio sulla quantità e qualità degli inquinanti presenti nelle scorie utilizzate nelle infrastrutture si sono sviluppate alcune delle principali inchieste sul traffico di rifiuti nel nord Italia. Il decreto Ilva però permetterà alle aziende di utilizzare, “se più favorevole”, il Regolamento (CE) 1907/2006 al posto del test di cessione, affidando poi all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale il compito di “accertare l’assenza di rischi di contaminazione per la falda e per la salute (…) nel termine di 12 mesi dall’avvenuto recupero”. Entro un anno dalla fine dei lavori, quindi, l’Ispra dovrà accertare se c’è stato danno per l’ambiente.
“Chi si difende nei processi per traffico di rifiuti utilizzerà la norma a suo favore – commenta il presidente Bratti – e tutto rischierà di finire in prescrizione. Ricordiamoci che il sostituto procuratore antimafia Roberto Pennisi, recentemente, ha dichiarato che l’autostrada Brebemi è stata fatta al solo scopo di interrare rifiuti”. di  | 26 febbraio 2015 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/26/dl-ilva-si-uso-delle-scorie-manti-stradali-rischio-molte-inchieste/1458699/