. A dirlo non è un fondamentalista
dell’ecologia,
ma l’ex presidente della Ford Germania, Daniel
Goeudevert.
Chissà
se Matteo Renzi conosce questa frase. Il nodo delle
autostrade
sarà una cartina al tornasole del concetto di
modernità
del premier. Vedremo se punterà su mezzi di
trasporto
diversi, che coniugano rapidità, vivibilità e lotta
all’inquinamento.
Oppure se come tanti che l’hanno preceduto
sposerà
la falsa equazione: costruire uguale innovare.
Una
formula sostenuta da destra e sinistra, e dai signori
del
cemento e dalle banche.
Vedremo
se in un momento di sacrifici si deciderà di investire
quasi
35 miliardi in opere di utilità dubbia. Sull’Italia
incombono
duemila chilometri di nuove autostrade.
Oltre
quindici nuovi progetti che toccano praticamente
tutte
le regioni.
L’Italia
ha davvero bisogno di nuove autostrade? Nel nostro
Paese
ci sono già 6.554 chilometri di austrade. Siamo
allo
stesso livello di nazioni più ricche di noi: la Francia
conta
10.958 chilometri, ma ha una superficie doppia della
nostra.
Il Regno Unito ha appena 3.670 chilometri. Per le
strade
secondarie – cioè non a pedaggio – abbiamo più
asfalto
di qualsiasi paese europeo: 668.673 chilometri.
Aumentare
le autostrade significherebbe quindi, rendere
più
costosi gli spostamenti.
Mentre
puntiamo ancora una volta sull’asfalto, come negli
anni
‘60 per fare uno dei tanti regali alla Fiat, siamo indietro
per
il trasporto ferroviario. In Lombardia, la Giunta
Formigoni
ha avviato progetti per oltre 400 chilometri di
autostrade
e tangenziali. L’area metropolitana di Milano
confrontata
con agglomerati di dimensioni simili (Londra,
Parigi,
Madrid) conta 576 chilometri di autostrade contro i
315
di Londra e i 613 di Parigi. Mentre è indietro per quanto
riguarda
il ferro: 75 chilometri di metropolitane rispetto ai
408
di Londra (che saranno presto raddoppiati), i 210 di
Parigi
e i 283 di Madrid.
Come,
però, racconta il nuovo libro “Strade senza uscita”
di
Roberto Cuda (Lit Edizioni) le ragioni che spingono alla
costruzione
di autostrade sono soprattutto altre. Poco logistiche.
Ci
sono interessi – legittimi, se volete, ma privati –
di
gruppi come Gavio e Benetton. Ci sono imprenditori
amici
della politica come Vito Bonsignore. E le grandi banche,
vedi
Intesa dell’epoca di Corrado Passera, che nelle
autostrade
lombarde si è giocata centinaia di milioni. Ma
nessuno
ne parla. Come nessuno parla del finanziamento
di
queste grandi opere: un project financing all’amatricia -
na:
il privato propone l’opera e lo Stato se ne assume i rischi.
Il
contrario di quello che avviene all’estero. Altro che
modernità!
E cala il silenzio sulle colate di cemento ai margini
dell’asfalto.
Grigio su grigio. In un Paese come il nostro
dove
il 15% del pil viene dall’ambiente e dal turismo. Allora,
presidente
Renzi, alla roulette italiana lei punterà sul
grigio
o sul verde? il fatto quotidiano 14 aprile 2014
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