lunedì 14 aprile 2014

RENZI PUNTERÀ SUL GRIGIO O SUL VERDE? IL NOSTRO FUTURO “Chi semina strade e parcheggi raccoglie traffico e code”

. A dirlo non è un fondamentalista
dell’ecologia, ma l’ex presidente della Ford Germania, Daniel
Goeudevert.
Chissà se Matteo Renzi conosce questa frase. Il nodo delle
autostrade sarà una cartina al tornasole del concetto di
modernità del premier. Vedremo se punterà su mezzi di
trasporto diversi, che coniugano rapidità, vivibilità e lotta
all’inquinamento. Oppure se come tanti che l’hanno preceduto
sposerà la falsa equazione: costruire uguale innovare.
Una formula sostenuta da destra e sinistra, e dai signori
del cemento e dalle banche.
Vedremo se in un momento di sacrifici si deciderà di investire
quasi 35 miliardi in opere di utilità dubbia. Sull’Italia
incombono duemila chilometri di nuove autostrade.
Oltre quindici nuovi progetti che toccano praticamente
tutte le regioni.
L’Italia ha davvero bisogno di nuove autostrade? Nel nostro
Paese ci sono già 6.554 chilometri di austrade. Siamo
allo stesso livello di nazioni più ricche di noi: la Francia
conta 10.958 chilometri, ma ha una superficie doppia della
nostra. Il Regno Unito ha appena 3.670 chilometri. Per le
strade secondarie – cioè non a pedaggio – abbiamo più
asfalto di qualsiasi paese europeo: 668.673 chilometri.
Aumentare le autostrade significherebbe quindi, rendere
più costosi gli spostamenti.
Mentre puntiamo ancora una volta sull’asfalto, come negli
anni ‘60 per fare uno dei tanti regali alla Fiat, siamo indietro
per il trasporto ferroviario. In Lombardia, la Giunta
Formigoni ha avviato progetti per oltre 400 chilometri di
autostrade e tangenziali. L’area metropolitana di Milano
confrontata con agglomerati di dimensioni simili (Londra,
Parigi, Madrid) conta 576 chilometri di autostrade contro i
315 di Londra e i 613 di Parigi. Mentre è indietro per quanto
riguarda il ferro: 75 chilometri di metropolitane rispetto ai
408 di Londra (che saranno presto raddoppiati), i 210 di
Parigi e i 283 di Madrid.
Come, però, racconta il nuovo libro “Strade senza uscita”
di Roberto Cuda (Lit Edizioni) le ragioni che spingono alla
costruzione di autostrade sono soprattutto altre. Poco logistiche.
Ci sono interessi – legittimi, se volete, ma privati –
di gruppi come Gavio e Benetton. Ci sono imprenditori
amici della politica come Vito Bonsignore. E le grandi banche,
vedi Intesa dell’epoca di Corrado Passera, che nelle
autostrade lombarde si è giocata centinaia di milioni. Ma
nessuno ne parla. Come nessuno parla del finanziamento
di queste grandi opere: un project financing all’amatricia -
na: il privato propone l’opera e lo Stato se ne assume i rischi.
Il contrario di quello che avviene all’estero. Altro che
modernità! E cala il silenzio sulle colate di cemento ai margini
dell’asfalto. Grigio su grigio. In un Paese come il nostro
dove il 15% del pil viene dall’ambiente e dal turismo. Allora,
presidente Renzi, alla roulette italiana lei punterà sul

grigio o sul verde? il fatto quotidiano 14 aprile 2014

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