LA
DENUNCIA
Ancora
nessuna traccia
del
Piano ambientale
Una
volta pubblicato,
il
commissario Bondi
avrà
solo 30 giorni
per
avviare il risanamento
di
Salvatore
Cannavò
Con
la chiusura dell’altoforno di
Piombino,
l’unica siderurgia a caldo
davvero
funzionante in Italia al momento
è
quella, cinque volte più grande,
dell’Ilva
di Taranto. Ma all’Ilva la
situazione
resta esplosiva. Tanto che –
denuncia
il portavoce dei Verdi, Angelo
Bonelli
– il governo per permettere
al
commissario straordinario
Enrico
Bondi di prendere tempo sta ritardando
la
pubblicazione del Piano
ambientale
che costringerebbe l’azienda
a
provvedere rapidamente al risanamento
del
sito e del territorio. Una
costrizione
poco gestibile, oggi, nel
momento
in cui Bondi sta cercando
una
cordata di imprenditori in grado
di
subentrare o affiancare i Riva nella
proprietà.
Lavoro impervio, vista la situazione
ereditata,
le cause pendenti,
le
malversazioni accertate e quelle da
verificare
ancora.
BONELLI
HA PRESENTATOun
esposto
alla
Procura di Roma: “A distanza di
oltre
un mese dalla ‘presunta’ appro -
vazione
del piano ambientale, il 14
marzo
– scrive nel documento – non si
ha
traccia del piano e nessuno a oggi ne
conosce
i contenuti”. Il leader dei Verdi
ha
telefonato più volte al ministero dell’Ambiente
solo
per sentirsi dire dalla
Direzione
generale per le valutazioni
ambientali
che il testo è all’esame della
Corte
dei conti e sta rimbalzando da un
ufficio
all’altro. “Come è possibile – si
chiede
Bonelli – che un documento di
questa
rilevanza non sia pubblico e sia
stato
dimenticato un piano che avrebbe
dovuto,
secondo il governo, ridurre
l’inquinamento
e quindi l'impatto sanitario?”.
La
questione non si riduce a un mistero
burocratico,
ma ha un effetto su quanto
potrebbe
accadere a Taranto. Secondo
il
decreto salva-Ilva, infatti, dalla pubblicazione
del
piano ambientale, il
commissario
Bondi avrà 30 giorni di
tempo
per presentare il piano industriale.
Solo
che su questo punto le cose
stanno
andando molto diversamente
da
come il governo e Bondi, immaginavano.
Il
risanamento
dell’Ilva
e del territorio
circostante,
infatti, costa
almeno
4,5 miliardi
di
euro, cifra sempre
negata
dai vertici dell’azienda
e
ribadita, invece,
da
ambientalisti e
sindacati.
UNA
VOLTA approvato
il
piano industriale, l’Il -
va
deve reperire quelle
risorse.
Un’ipotesi è
quella
del prestito-ponte
da
parte del governo
via
Cassa Depositi e
Prestiti.
Ma si tratta di
una
strada impervia e
che
richiede tempo.
“La
situazione è preoccupante”
anche
per il
segretario
locale della
Fiom,
Donato Stefanelli,
le cui
preoccupazioni
sono
riportate dal sito
della
Cgil rass
egna. it :
“La
realizzazione degli
interventi
Aia è ancora
in
alto mare. Gli ordini
in
merito sono per ora al 30 per cento.
Siamo
lontani, lontanissimi. Credo che
il
commissario Bondi si stia adoperando
per
prendere tempo e rendere meno
onerosi,
per l’azienda, i costi del risanamento”.
“Per
realizzare il piano ambientale
– conferma
Stefanelli – occor -
rono 4
miliardi. Chi le mette queste risorse?”.
In
ambito sindacale, poi, trapela
la
preoccupazione che l’azienda
possa
avere difficoltà non solo nel pagamento
dei
fornitori ma anche degli
stipendi.
AGLI
INIZI DI APRILE a
ipotizzare un
intervento
attivo nell’Ilva era stato il
gruppo
Marcegaglia, che di Taranto è
un
cliente di primo piano visto che una
delle
sue attività principali è la trasformazione
dell’acciaio.
Marcegaglia aveva
già
avanzato un’offerta per le Acciaierie
di
Terni insieme al cremonese
Arvedi
e al gruppo franco-indiano ArcelorMittal.
Potrebbero
essere gli stessi
attori
interessati a subentrare a Taranto.
Ma
chiunque pensi di mettere le
mani
sull’Ilva sa che deve andarci cauto.
Ci
sono le banche creditrici, i processi
pendenti
sui Riva, gli illeciti compiuti
da
quest’ultimi e la loro, ignota,
volontà
o meno di farsi da parte. Inoltre,
Emma
Marcegaglia è diventata nel
frattempo
presidente dell’Eni, società
che
potrebbe avere un ruolo attivo, tramite
la
fornitura di energia, nel futuro
dello
stabilimento pugliese. Il conflitto
di
interessi è sempre in agguato.
Quello
che non giova a tutta la vicenda,
ai
lavoratori e ai cittadini di Taranto, è
l’ambiguità
del governo che non assume
posizioni
chiare e trasparenti. Ne è
prova
quanto racconta Bonelli: “In
qualità
di portavoce dei Verdi ho inviato
le mie
osservazioni al piano ambientale
precedente.
Ma l’unica risposta,
di
avvenuta ricezione, non l’ho avuta
dal
ministero, ma dall’indirizzo commiss
ariostraordinario@
gruppoilva.com ”.
il fatto quotidiano 25 aprile 2014
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