di
Alessio
Schiesari
Greenpeace
contro navi
russe,
atto secondo?
Sembra
proprio di sì. Nei
giorni
scorsi Vladimir Putin
aveva
annunciato il primo
carico
di petrolio estratto
dalla
piattaforma artica di
Gazprom
Prira
zlomnaya , la
stessa
assaltata pacificamente
nel
settembre scorso
dagli
attivisti dell’ong ambientalista.
Ne
seguì un incidente
diplamtico
che durò
due
mesi, con i trenta attivisti
(tra
cui l’italiano Cristian
D’Alessandro)
che furono
a
lungo trattenuti in
un
carcere russo con le accuse
di
pirateria e teppismo.
La
nave usata da Greenpeace
per
quell’azione è ancora
in
mano alle autorità russe,
insieme
a tutti gli effetti personali
del
personale di bordo.
Ora la
piattaforma petrolifera
ha
iniziato a riempire
i
primi barili e Greenpeace
sembra
intenzionata
a
tornare all’attacco. Gli
ambientalisti
hanno fatto
sapere
che un’altra nave, la
Rainbow
Warrior, è
salpata
dall’Olanda
per andare alla
ricerca
della petroliera Mikhail
Ulyanov,
che sta portando
in
Europa il primo carico
(mezzo
milione di barili)
estratto
nell’Artico dalla Prirazlomnaya
. Sul
sito dell’associazione
ambientalista
c’è
anche
una mappa che permette
di
seguire in tempo
(quasi)
reale il percorso della
petroliera
dal mare di Pechora
al
porto olandese. Al
timone
della Rainbow
Warrior
c’è
il capitano Peter Willcox,
l’uomo
che più di ogni
altro
rappresenta l’ong ambientalista
(ha
guidato sia la
spedizione
del settembre
scorso,
che la celebre azione
a
Mururoa del 1985 in cui la
nave
di Greenpeace venne
affondata
dai servizi segreti
francesi).
Non ci
sono solo piattaforme
petrolifere
e navi cargo
russe
nel mirino di Greenpeace.
Anche
i francesi di
Total
sono stati duramente
criticati
perché sono gli acquirenti
del
primo carico di
oro
nero estratto nell’Artico
dalla
piattaforma Gazprom.
Da un
lato questo dimostra
l’inefficacia
delle sanzioni
contro
le aziende russe (ma
di
questo agli ambientalisti
non
importa nulla). Dall’altro
si
scopre che l’azienda
francese
è acquirente del
petrolio
proveniente dal
Polo
Nord, dopo che nel
settembre
2012 l’amministratore
delegato
dell’azienda
Christophe
de Margerie
si era
dichiarato contrario
alle
trivellazioni in quell’area
perché
“uno sversamento
sarebbe
un disastro” che
potrebbe
“compromettere
l’immagine
dell’azienda”.
Atteggiamento
giudicato
“ipocrita”
dagli ambientalisti.
Secondo
l’ong, il petrolio
sarebbe
stato venduto a
un
prezzo stracciato perché
di
bassa qualità. Eppure
Gazprom
pianifica la trivellazione
di 40
nuovi pozzi
nei
prossimi 25 anni, un
piano
sostenuto da altre
compagnie,
molte occidentali,
che
hanno piani simili.
il fatto quotidiano 30 aprile 2014
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