NON
SOLO CREMA: LA FAMIGLIA FERRERO USERÀ L’OLIO VEGETALE PER UNA
CENTRALE
LA
PROTESTA
Nel
settore ci sono ricchi
incentivi
pubblici,
L’elettrodotto
sarà
costruito in un
paesaggio
dove ci sono
centinaia
di pale eoliche
IL
BIVIO
Vicino
ad
Avellino
c’è
uno
stabilimento
della
Ferrero
che
produce
Nutella,
ma
presto
i
camion
con
l’olio vegetale
potranno
andare
anche
nella
centrale
a
biomasse
in
costruzione
poco
lontano
di
Antonello
Caporale
Sant’Angelo
dei Lombardi
L’adorata
Nutella un
po’
si spalma, un
po’
si brucia. É
successo
che la famiglia
Ferrero,
felice ma oramai
forse
sazia del successo
della
sua buonissima crema, ha
iniziato
a diversificare il suo
business.
Nel polo di Sant’Angelo
dei
Lombardi in Irpinia,
dove
produce parte dei deliziosi
barattoli
che tra qualche
giorno
compiranno 50 anni (e
il
prossimo 18 maggio in piazza
Plebiscito
a Napoli verranno
festeggiati
con un concerto di
Mika),
si è iniziato a valutare
che
l’olio vegetale, ingrediente
della
cioccolata liquida, fosse
anche
la base eccellente per
produrre
energia elettrica.
Dall’idea
al progetto.
NEL
2010 LA FERRERO chiede
il
permesso per la realizzazione
di un
impianto a biomassa alimentato
con
olii vegetali per la
produzione
di elettricità. Individua
il
sito nell’area dove sorge
la
fabbrica dolciaria. Ottima
l’idea.
I camion di olio vegetale
faranno
lo stesso tragitto e a
cinquecento
metri dall’arrivo
ciascuno
prenderà una piega
diversa:
chi svolterà a sinistra,
chi
avanzerà verso destra. Sempre
per
via dell’appetito che
vien
mangiando la centrale è
dimensionata
per una potenza
di
17,871 megawatt: produrrà
energia
utile per una cittadina
di
trentamila abitanti. Infatti
Ferrero
lo scrive nel suo piano:
l’impianto
è dimensionato non
tanto
per garantire il fabbisogno
aziendale,
quello è sicuro,
quanto
“per far fronte alle crescenti
richieste
di energia connesse
all’ampio
sviluppo residenziale
ed
industriale dell’area
geografica
interessata all’opera”.
Oggi
l’impianto è in funzione
ma
quel che è certo è che
il
progettista fosse un’inguari -
bile
ottimista perchè nell’anno
in cui
pianificava il fabbisogno
(marzo
2010) si era già in una
avanzata
crisi economica e il
territorio
richiamato era teatro
di uno
spopolamento senza pari,
con
una riduzione dell’occu -
pazione
tale che il deserto sembrava
la
nuova possibile frontiera
delle
decine di aree industriali
sorte
con i finanziamenti
della
legislazione a favore delle
zone
terremotate (l’Irpinia è
stato
uno dei territori più colpiti
dal
sisma dell’80 e dunque
destinatario
di risorse ingenti).
Chiaro
perciò il proposito:
sfruttare
il business dell’ener -
gia,
produrre per vendere la
notevole
eccedenza progettata.
I
TECNICI REGIONALI, quelli
comunali,
e tutti gli esperti
convocati
hanno letto e timbrato:
opera
indifferibile e di
pubblica
utilità. Ottimismo
contagioso
ed entusiasmo alle
stelle.
A tal punto che Ferrero,
stoccato
l’olio nei serbatoi della
Nutella,
e quell’altro nei serbatoi
dell’impianto
a biomasse,
ha
immaginato, sempre - non
dubitiamo
- per far fronte a
questo
enorme e atipico fabbisogno
residenziale
e industriale,
di
realizzare anche un parco
eolico.
D’altronde l’area è già
stata
abbondantemente crocifissa
da
pale che si sviluppano
su
tutto il crinale appenninico
che
separa la Campania dalla
Puglia
e che ne hanno cambiato
il
paesaggio e deviato le vedute.
Pala
più pala meno... Dodici in
tutto,
Ferrero si era tenuta bassa,
il
minimo indispensabile...
Realizzato
l’impianto a biomasse,
progettate
le pale, serviva
qualcosa
per trasportare
tutto
questo ben di Dio. Come
si
trasporta l’energia? Con un
elettrodotto.
E dunque è stato
autorizzato
(sempre per pubblica
utilità)
un impianto di
Terna
(società a partecipazione
pubblica)
da 150mila volt decisivo
a
traghettare il prodotto.
Si
doveva e si poteva interrare
l’impianto.
Ma quanto sarebbe
costato?
Si opta – come male
minore
– per l’ennesimo sfregio
ambientale.
Alla
Procura della Repubblica
di
Avellino arriva la denuncia
del
comitato per la salvaguardia
di
colline bellissime che
cingono
la valle dell’Ofanto e di
uno
tra i più straordinari complessi
architettonici
che l’Italia
può
vantare: l’abbazia del Goleto.
Sono
in progetto, scrivono
i
resistenti, “ottanta piloni ciascuno
alto
42 metri (come un
palazzo
di 14 piani). Sotto quei
fili,
a causa dell’elettromagne -
tismo,
non si potrà sostare e lavorare
a
lungo. Tanti orti e case,
frutto
di sacrifici e di anni di
lavoro,
non avranno più valore:
chi
vorrà mai comprare una casa
o un
terreno attraversato da
un
elettrodotto?”.
E
POI SU QUEL TERRITORIO
già
insiste un elettrodotto, che è
il più
grande dell’Italia meridionale
(parte
da Latina e giunge
fino a
Brindisi) con un carico
di 380
mila volt. Un secondo
impianto
scardina ogni
compatibilità,
stravolge quel
poco
che è rimasto intatto.
Scartato
l’interramento, si inizia
con i
lavori. La Ferrero intanto
rinuncia
alla realizzazione
del
parco eolico. E l’elettro -
dotto?
Non è affar suo. E comunque
come
gesto d’amicizia
per
l’ambiente si pitturano di
verde
i tralicci. Problema risolto.
il fatto quotidiano 29 aprile 2014
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