Carlo De Benedetti,
la holding di famiglia
Cir controlla
il gruppo in crisi
P R I V I L EG I
Da Alitalia a Zaleski
a Zunino: in Italia
ci sono alcuni
debitori che possono
permettersi di dire:
”Io non pago
NON SOLO CDB: PER GLI AMICI
I SOLDI DELLE BANCHE CI SONO
Giorgio
Meletti
Un
mese fa l'amministratore
delegato
del
Banco Popolare,
Pierfrancesco
Saviotti,
ha parlato chiaro agli
azionisti:
“Non siamo intenzionati
a fare
regali a nessuno,
nemmeno
alla famiglia De Benedetti”.
Peccato
che il regalo
sia
già stato fatto.
IL
CASO SORGENIA è solo
l'ennesima
stazione
di una via
crucis
di cui
conosciamo a memoria il
rituale,
complesso e semplice al
tempo
stesso. Complesso perché
raccontato
in inglesorum,
un
gergo
incomprensibile ai più,
infarcito
di standstill
, cove
nant ,
bond,
fresh
e agreement
. Semplice
nella
sua essenza: le banche negli
anni
grassi hanno prestato
con
implacabile allegria miliardi
di
euro agli amici e agli amici
degli
amici – come denunciato
dallo
stesso governatore di Bankitalia
Ignazio
Visco – e quando
è
girato il vento si sono trovate
in
mutande. È il caso dell'Alitalia,
arrivata
a oltre un miliardo
di
debiti dopo la pervicace volontà
dell'Intesa
Sanpaolo di
Corrado
Passera di fare contento
l'allora
potente B. finanziando
i
“patrioti”. È il caso della
Fonsai,
con le grandi banche
esposte
per un paio di miliardi
sull'azienda
che la famiglia Ligresti
usava
come bancomat.
Il
gruppo Cir ha avuto dalle banche
due
miliardi di euro per costruire
centrali
elettriche che
promettevano
profitti facili.
Montepaschi
è esposto per 600
milioni,
Intesa per circa 300,
Unicredit
per 180, e via elencando
tutti
i 21 istituti creditori.
Una
strategia sbagliata, che
puntava
sulle centrali termoelettriche
mentre
il mercato veniva
conquistato
dalle rinnovabili
ed
eroso dalla crisi, ha mandato
in
fumo i soldi degli azionisti
di
minoranza e delle banche.
Le
quali hanno finto di non
vedere
(grave) una crisi evidente
da
anni, magari per non prendere
contropelo
il proprietario
di un
quotidiano diffuso e influente
come
Repubblica
. Oppure
non si
sono davvero accorte
di
nulla (ancora più grave).
Adesso
devono accollarsi tutto e
mettersi
a produrre elettricità,
"per
salvare i crediti".
Romain
Zaleski è stato l'apripista.
Il
finanziere franco-polacco,
trapiantato
a Brescia e grande
amico
del presidente di Intesa
Sanpaolo
Giovanni Bazoli, è
riuscito
a farsi prestare dalle
banche
alcuni miliardi di euro
per
giocare in Borsa. Intesa gli
ha
dato 1,8 miliardi senza chiedere
al
galantuomo nessuna garanzia,
forse
perché faceva brutto.
Da
cinque anni le banche sono
alle
prese con il buco lasciato
da
Zaleski dopo che il valore di
Borsa
delle sue azioni (tra cui un
decisivo
5 per cento di Intesa
stessa)
è crollato. Adesso il buco
della
finanziaria Carlo Tassara
ammonta
a due miliardi.
MA
ZALESKI è rimasto
ricco e
indisturbato.
“Sono fuori, mi
godo
la pensione”, ha detto. È rimasto
abbastanza
ricco da regalare
al
comune di Breno (Bs) un
fantasmagorico
circolo del bridge.
E si
può anche fare beffe degli
amici
banchieri, spiegando che
giustamente
hanno perso miliardi
finanziandolo:
“È il loro
mestiere”.
Non pago, Franco
Della
Sega, consigliere di Intesa
nonché
presidente della Mittel,
finanziaria
cara a Bazoli, ha salutato
l'uscita
di Zaleski dal cda
con
parole commosse “per il
contributo
che negli anni ha dato
all'attività
di Mittel sia professionalmente
che,
per quanto mi
riguarda,
da un punto di vista
personale”.
Le
banche prestano all'imprenditore
“affidabile”
di turno, poi
quando
le cose vanno male spiegano
di non
poter chiedere il fallimento:
“Perderemmo
il nostro
credito”.
Cominciano così le
trasfusioni.
Luigi Zunino e la
sua
immobiliare Risanamento
sono
arrivati a farsi prestare fino
a 3,6
miliardi dalle banche, buco
oggi
ridotto a 1,8. “Si nega il credito
al
signor Brambilla, ma se ti
chiami
Zunino allora le porte si
riaprono
così come i cordoni
della
borsa”, ha scritto Fabio Pavesi
sul
Sole
24 Ore. Per
tappare
la
falla Risanamento le banche
hanno
fatto salti mortali. Hanno
finanziato
l'imprenditore Davide
Brizzi
per fargli strapagare a
Zunino
le ex aree Falck di Sesto
San
Giovanni. Un modo per
spostare
il buco da una tasca all'altra,
e
rinviare il problema. Poi
sono
diventate azioniste di Risanamento,
cioè
immobiliariste,
sempre
“per salvare i crediti”.
Da
anni cercano di appioppare
a
qualcuno l'operazione
Santa
Giulia, un clamoroso insuccesso
immobiliare
alle porte
di
Milano: l'ultimo acquirente a
fuggire
a gambe levate è stato,
nei
giorni scorsi, il fondo
Idea-Fimit,
che fa capo alla famiglia
De
Agostini e all'Inps, arrivato
a un
passo dal suicidarsi
con
l'incauto acquisto per fare
contente
le banche creditrici di
Zunino.
Twitter@giorgiomeletti
il fatto quotidiano 5 aprile 2014
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