sabato 5 aprile 2014

IL CASO DELLA SOCIETÀ SORGENIA DELLA FAMIGLIA DE BENEDETTI CONFERMA CHE PER CERTI IMPRENDITORI È VIETATO FALLIRE, NONOSTANTE I DEBITI MILIARDARI

SORGENIA
Carlo De Benedetti,
la holding di famiglia
Cir controlla
il gruppo in crisi
P R I V I L EG I
Da Alitalia a Zaleski
a Zunino: in Italia
ci sono alcuni
debitori che possono
permettersi di dire:
”Io non pago
NON SOLO CDB: PER GLI AMICI
I SOLDI DELLE BANCHE CI SONO

Giorgio Meletti
Un mese fa l'amministratore
delegato
del Banco Popolare,
Pierfrancesco
Saviotti, ha parlato chiaro agli
azionisti: “Non siamo intenzionati
a fare regali a nessuno,
nemmeno alla famiglia De Benedetti”.
Peccato che il regalo
sia già stato fatto.
IL CASO SORGENIA è solo l'ennesima
stazione di una via crucis
di cui conosciamo a memoria il
rituale, complesso e semplice al
tempo stesso. Complesso perché
raccontato in inglesorum, un
gergo incomprensibile ai più,
infarcito di standstill , cove nant ,
bond, fresh e agreement . Semplice
nella sua essenza: le banche negli
anni grassi hanno prestato
con implacabile allegria miliardi
di euro agli amici e agli amici
degli amici – come denunciato
dallo stesso governatore di Bankitalia
Ignazio Visco – e quando
è girato il vento si sono trovate
in mutande. È il caso dell'Alitalia,
arrivata a oltre un miliardo
di debiti dopo la pervicace volontà
dell'Intesa Sanpaolo di
Corrado Passera di fare contento
l'allora potente B. finanziando
i “patrioti”. È il caso della
Fonsai, con le grandi banche
esposte per un paio di miliardi
sull'azienda che la famiglia Ligresti
usava come bancomat.
Il gruppo Cir ha avuto dalle banche
due miliardi di euro per costruire
centrali elettriche che
promettevano profitti facili.
Montepaschi è esposto per 600
milioni, Intesa per circa 300,
Unicredit per 180, e via elencando
tutti i 21 istituti creditori.
Una strategia sbagliata, che
puntava sulle centrali termoelettriche
mentre il mercato veniva
conquistato dalle rinnovabili
ed eroso dalla crisi, ha mandato
in fumo i soldi degli azionisti
di minoranza e delle banche.
Le quali hanno finto di non
vedere (grave) una crisi evidente
da anni, magari per non prendere
contropelo il proprietario
di un quotidiano diffuso e influente
come Repubblica . Oppure
non si sono davvero accorte
di nulla (ancora più grave).
Adesso devono accollarsi tutto e
mettersi a produrre elettricità,
"per salvare i crediti".
Romain Zaleski è stato l'apripista.
Il finanziere franco-polacco,
trapiantato a Brescia e grande
amico del presidente di Intesa
Sanpaolo Giovanni Bazoli, è
riuscito a farsi prestare dalle
banche alcuni miliardi di euro
per giocare in Borsa. Intesa gli
ha dato 1,8 miliardi senza chiedere
al galantuomo nessuna garanzia,
forse perché faceva brutto.
Da cinque anni le banche sono
alle prese con il buco lasciato
da Zaleski dopo che il valore di
Borsa delle sue azioni (tra cui un
decisivo 5 per cento di Intesa
stessa) è crollato. Adesso il buco
della finanziaria Carlo Tassara
ammonta a due miliardi.
MA ZALESKI è rimasto ricco e
indisturbato. “Sono fuori, mi
godo la pensione”, ha detto. È rimasto
abbastanza ricco da regalare
al comune di Breno (Bs) un
fantasmagorico circolo del bridge.
E si può anche fare beffe degli
amici banchieri, spiegando che
giustamente hanno perso miliardi
finanziandolo: “È il loro
mestiere”. Non pago, Franco
Della Sega, consigliere di Intesa
nonché presidente della Mittel,
finanziaria cara a Bazoli, ha salutato
l'uscita di Zaleski dal cda
con parole commosse “per il
contributo che negli anni ha dato
all'attività di Mittel sia professionalmente
che, per quanto mi
riguarda, da un punto di vista
personale”.
Le banche prestano all'imprenditore
affidabile” di turno, poi
quando le cose vanno male spiegano
di non poter chiedere il fallimento:
Perderemmo il nostro
credito”. Cominciano così le
trasfusioni. Luigi Zunino e la
sua immobiliare Risanamento
sono arrivati a farsi prestare fino
a 3,6 miliardi dalle banche, buco
oggi ridotto a 1,8. “Si nega il credito
al signor Brambilla, ma se ti
chiami Zunino allora le porte si
riaprono così come i cordoni
della borsa”, ha scritto Fabio Pavesi
sul Sole 24 Ore. Per tappare
la falla Risanamento le banche
hanno fatto salti mortali. Hanno
finanziato l'imprenditore Davide
Brizzi per fargli strapagare a
Zunino le ex aree Falck di Sesto
San Giovanni. Un modo per
spostare il buco da una tasca all'altra,
e rinviare il problema. Poi
sono diventate azioniste di Risanamento,
cioè immobiliariste,
sempre “per salvare i crediti”.
Da anni cercano di appioppare
a qualcuno l'operazione
Santa Giulia, un clamoroso insuccesso
immobiliare alle porte
di Milano: l'ultimo acquirente a
fuggire a gambe levate è stato,
nei giorni scorsi, il fondo
Idea-Fimit, che fa capo alla famiglia
De Agostini e all'Inps, arrivato
a un passo dal suicidarsi
con l'incauto acquisto per fare
contente le banche creditrici di
Zunino.
Twitter@giorgiomeletti

il fatto quotidiano 5 aprile 2014

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