sabato 5 aprile 2014

Energie rinnovabili: in Basilicata Teknosolar, una multinazionale spagnola, è arrivata con una proposta: dateci la terra per costruire un impianto solare e avrete una divisa da operaio. Un gruppo di contadini si oppone

Tra i ribelli
della Valle
del Bradano
ENTRO 25 ANNI Q U E STA
TECNOLOGIA D’AVA N G UA R D I A
SARÀ SUPERATA. E DUNQUE
BISOGNERÀ ROTTAMARLA
E DOPO? CENTRI COMMERCIALI

C I N Q UA N TA GLI AGRICOLTORI
CHE PROTESTANO: “TO LG O N O
LE ZOLLE PIÙ FERTILI PER METTERE
I LORO SPECCHI, MA COSÌ
DISTRUGGONO LA NOSTRA IDENTITÀ”
Valle del Bradano:
BANZI (PZ)
Multinazionale:
TEKNOSOLAR
Terre da espropriare:
255 ETTARI
Il progetto:
8640 SPECCHI



di Antonello Caporale
inviato a Banzi (Basilicata)
L’ORO di Banzi è rosso come i suoi pomodori,
giallo come le spighe di grano. Luccica e
si distende nel meraviglioso vuoto che separa
questo lembo di Lucania dalla Puglia. È l'orizzonte
vasto del sud, pianura persa tra i monti. A
Banzi e in tutti gli altri paesi dell’alta valle del Bradano
la zappa è la regina maestosa della vita.
Amica fedele ma crudele, sacrificio perenne ma
anche salvezza di chi non ha altro tra le mani che
le mani e il pomodoro e il grano in testa. Nessuno
finora veniva a cercare i contadini, anzi per dirla
tutta chi può ha sempre cercato di scappare da
loro, da qui. L’emigrazione svuota le case, riduce
le piazze a ritrovo di corpi ormai inabili al lavoro
e trasforma ogni viaggio verso nord in un miraggio.
Poi, colpo di scena! È successo che qualcuno
ha finalmente bussato alla porta delle masserie.
In difesa di pomodori
lenticchie e cicoria
Canio Nozza lo hanno cercato nei campi, lui era sul
trattore in quella immensa prateria gialla. “Sono
venuti dei signori che mi hanno chiesto la terra, la
mia terra. Mi hanno spiegato cosa volevano fare:
un impianto solare termodinamico, una cosa grandissima.
E mi hanno detto che la loro iniziativa
avrebbe garantito diversi posti di lavoro. Sicché potrei
avere un lavoro nuovo. Però i conti non mi
tornano. Io un lavoro ce l’ho e ho anche la fortuna
di dare lavoro agli altri”. Canio ha rifiutato lo scambio
che i tecnici della Teknosolar, una multinazionale
spagnola, gli proponevano: tu abbandoni la
zappa e noi ti diamo una divisa da operaio. Specchi
termodinamici contro pomodori, olio diatermico
al posto dei legumi, megawatt in sostituzione dei
pelati, energia solare invece che pane.
Finisco tra questi ribelli dei tempi moderni nell’alta
valle del Bradano, un paesaggio infrequente di
orizzonti lontani. Alle otto del mattino hanno già
due ore di fatica nelle braccia e il legittimo pensiero
che il mondo stia raggiungendo la cima del paradosso.
Ci hanno detto che le energie rinnovabili
fanno bene perché non inquinano e non finiscono
mai. Ma anche i miei pomodori non inquinano, e le
lenticchie e la cicoria, la vedi quell'insalata riccia? E
anche la capra che mangia l’erba poi fa il latte e io lo
vendo. Lei trova l'erba ogni giorno e fa il latte ogni
giorno, finché campa. E il grano si miete ogni anno,
tra giugno e luglio, e ogni anno ricresce. Col grano
fai il pane e col pane ti sfami sempre. Allora dimmi:
c’è qualcosa di più basilare, essenziale, improcrastinabile
del cibo? Secondo me esisti solo se mangi,
perché se non mangi muori. E se muori non esisti
più, mi sembra. E allora prima di pensare alle altre
cose devi badare a che il cibo finisca nel tuo piatto.
Quindi io penso questo: la fame non finisce mai,
ma se tu mi proponi gli specchi solari su questa
terra coltivata a grano, pomodori, legumi e insalata,
significa che il grano e i pomodori e i legumi e
l’insalata non ci saranno più. Se consumi tutta la
terra che hai cosa ti resta in mano? Lo specchio?”.
Si chiama land grabbing: è la scelta vorace del grande
capitalismo mondiale che si tuffa nel mercato
delle fonti rinnovabili per acchiappare quanti più
pezzi di questo mondo. Non solo pendii dolci di
colline basse ma ben esposte al sole, non solo
montagne spalancate al vento. Servono pianure,
e servono grandi anzi grandissime. Le imprese
hanno iniziato a conquistare il deserto africano,
sono passati ai campi di pascolo, poi ai terreni
irrigui dell’Europa continentale più povera, quella
dell’Est. La scorpacciata non è finita e hanno
adocchiato queste piane del sud d’Italia, e ora si
trovano qui, tra Banzi e Palazzo San Gervasio,
nella valle del Bradano. La zappa sfama ma non
dà vita dignitosa. Ed ecco – perfetta – la proposta
della Teknosolar che al governo regionale è parsa
così magnifica da mostrare non solo interesse,
ma accondiscendenza, partecipazione costituente,
emozione, quasi un sentimento d’affetto. La
multinazionale espropria 255 ettari di terreno
coltivato e ci installa 8640 specchi parabolici che
saranno sostenuti da novemila pali. Avrà necessità
di acqua, perché ne consumerà 16 litri al secondo.
Trasformerà i contadini in guardiani o
netturbini, scala minima del livello gerarchico,
camerieri della modernità, 25 ne servono non di più, e il grande campo pomperà energia: 50 megawatt
al costo più basso di mercato. Moneta sonante,
energia che naturalmente vola via, qui non
serve si dirige altrove, sui mercati che rendono.
Spunteranno mega tralicci
al posto del grano
Serviranno mega-tralicci, e software moderni. Altro
che grano! “Hanno bisogno di ridurre il dislivello
naturale facendo dei terrazzamenti, quindi dovranno
trasportare 400 mila metri cubi di terra da un
luogo all’altro. Avranno bisogno di olio (si arriverà a
2300 tonnellate di olio diatermico) e di acqua (16 litri
al secondo)”, dice Gerardo Liberatore, ingegnere. Il
mega impianto, questo nuovo mostro verde, vaporizzerà
tra 25 anni. Entro un quarto di secolo questa
tecnologia d’avanguardia sarà superata, incompatibile,
ingestibile. E dunque bisognerà rottamarla.
Tra un quarto di secolo l'area verrà dismessa e a
questi contadini lucani, nel frattempo trasformati in
operai, è stata offerta la spigola d'oro dell'incoscienza:
Ci dicono che quando dismetteranno l’impian -
to ci sarà posto per una grandissima area commerciale.
Potrebbero venire supermercati, o industrie.
Sono degli impostori e la loro proposta è vergognosa”,
dice Domenica Cancellara. Sono 50 partite Iva,
piccoli imprenditori della terra che fanno mercato
con i loro prodotti e conducono una guerra di civiltà
e di buon senso. “Scorticano i nostri terreni, tolgono
lo strato più fertile per mettere i loro specchi. Ma
distruggono la nostra identità, la nostra storia, il nostro
lavoro”, dice Domenico. È la solita corsa a un
progresso che non fa progredire, un continuo miraggio
che si rincorre senza criterio e che bolla come
conservatori coloro che vogliono usare discernimento,
prudenza, cautela prima di decidere che la
loro vita va buttata al macero. In dieci anni il Sud ha
ricevuto e speso circa 100 miliardi di euro: fondi
europei che dovevano servire a dare infrastrutture,
iniziative industriali, tecnologia e innovazione. Oggi
cosa c’è? Il nulla. C’è che questa montagna di soldi ha
affamato invece che arricchire. Il continuo saccheggio
delle risorse, come quelle messe a disposizione
dalla famigerata legge 488 (contributi a fondo perduto
per attività produttive), non ha insegnato nulla.
Quanto aveva ragione Gramsci: la storia insegna ma
ha cattivi scolari. Infatti, dopo l’era delle fabbriche
trasformatesi in capannoni vuoti, lamiere vergognose,
cemento inutile e sporco, è giunta l’ora della
corsa all’energia rinnovabile. “Prima le pale eoliche,
conficcate a terra come croci, poi il fotovoltaico e
infine il termodinamico. Il Sud è terra di conquista e
non si smentisce. Ha fame e non chiede di partecipare
agli affari, avanza solo la pretesa di un’ele -
mosina per essere felice”, dice Vitantonio Iacoviello,
animatore di mille battaglie ambientaliste.
Per arrivare alla porta del sindaco di Banzi, attraverso
il meraviglioso centro storico salvato dall’alluminio
anodizzato e dalle superfetazioni urbanistiche.
Nicola Vertone, il sindaco, non è molto
alto, ha la carnagione scura e gli occhi di un marrone
intenso. Dice: “In passato mi sono fermamente
opposto all’apertura di una porcilaia, poi mi
sono battuto per evitare che
venisse installata una centrale
a turbogas dieci volte più
grande del termodinamico,
nel 2010 ho rifiutato la richiesta
di avviare una ricerca petrolifera
nel mio territorio.
Adesso, con questa proposta,
io devo riflettere: dal mio paese
stanno partendo tutti e devo
fare qualcosa. Sono figlio di emigrante, ho conosciuto
l’asino e la zappa, mia madre ha fatto la
vedova per una vita e davanti alla possibilità di
dare lavoro e un futuro a chi scappa, lei mi chiede
perché dico sì?”. È la solita, disperata lotta per la
sopravvivenza. Questo sindaco pensa, com’è naturale,
al suo paese, e anche un pugno di salari
decenti sono oro. Ciascuno fa la sua corsa solitaria
verso la salvezza, dimenticando quel che un loro
conterraneo, Francesco De Rosa, che insegna italiano
in un liceo, ricorda: “Furono realizzati gli invasi
di Acerenza e Genzano per dare all’agricoltura
un futuro sostenibile, una crescita possibile. Hanno
speso miliardi di lire ma quegli invasi, ultimati
negli anni ‘90, sono ridotti ad acquitrini”. Ecco il
punto dell’ignavia collettiva, della colpa di questo
Sud: nessuno chiede la resa del conto, nessuno ha
più memoria di quegli invasi, nessuno bada al costo
dell’inefficienza, alla vergogna di quello spreco,
ai nomi che lo hanno firmato e al risultato che esso
determina. Che è riassunto dalle parole di Savino
Lioy, una vita con la zappa e sei ettari da coltivare:
Produco latte, pomodori e legumi. La terra dà
lavoro ma non valore. Negli anni 80 il latte di mucca
si mungeva a mano e ce lo pagavano 180 lire al
litro. Oggi abbiamo le macchine con cui mungere,
e la possibilità di conservarlo: ci offrono 50 centesimi
al litro, pagandoci sempre in ritardo. Sei
mesi se va bene. E questa volta neanche ci siamo,
ancora sto aspettando. E sai cosa faccio io con 50
centesimi? Compro un chilo di mangime che una
pecora consuma al giorno. I pomodori me li pagano
otto, a volte nove centesimi al chilo. E con
due quintali di grano venduto riesco a pagare un
quintale di concime. Ecco qua che uno poi s’in -
cazza. Ma io m’incazzo per avere di più dal mio
lavoro e dalla mia terra che, al contrario degli specchi,
dà sempre da mangiare”.n

il fatto quotidiano 5 aprile 2014 

1 commento:

Unknown ha detto...

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