domenica 20 aprile 2014

Abruzzo, allarme trivelle

Serena Giannico, LANCIANO (CHIETI), 19.4.2014 Tra corsi e ricorsi giu­di­ziari e la poli­tica che più o meno glissa, un fatto è certo: l’Abruzzo non vuole «Ombrina mare 2», piat­ta­forma petro­li­fera che dovrebbe spun­tare, a circa tre miglia dalla bat­ti­gia, in una zona di straor­di­na­ria bel­lezza, la Costa dei Tra­boc­chi (Chieti). Non vuole che calette e spiag­gette, che si sten­dono tra aran­ceti, mac­chie di gine­stre, can­neti e anti­che mac­chine da pesca — i tra­boc­chi -, diven­tino la roman­tica cor­nice di un eco­mo­stro che da tempo il ter­ri­to­rio — tra­mite le asso­cia­zioni ambien­ta­li­ste, i Comuni, la Pro­vin­cia, i comi­tati — com­batte come può. Non vuole che uno dei lembi più sug­ge­stivi del lito­rale, dove risuo­nano ancora i versi di Gabriele D’Annunzio e della sua estate di pas­sione con Bar­ba­rella, venga sven­duto per un pugno di barili di greg­gio. Ed è un brac­cio di ferro, anche sof­ferto e di rab­bia, quello intra­preso da anni con­tro la Medoil­gas, la società con­trol­lata dall’inglese Medi­ter­ra­nean Oil & Gas, che sta por­tando avanti il progetto. Nei giorni scorsi il Tar (Tri­bu­nale ammi­ni­stra­tivo regio­nale) del Lazio ha respinto il ricorso della mul­ti­na­zio­nale che si era oppo­sta al mini­stero dell’Ambiente che dispo­neva un sup­ple­mento di istrut­to­ria, alle auto­riz­za­zioni già otte­nute, rite­nendo che il decreto di com­pa­ti­bi­lità non potesse essere con­cesso senza l’Aia (Auto­riz­za­zione inte­grata ambien­tale). Quest’ultima — secondo i giu­dici — «costi­tui­sce espres­sione del prin­ci­pio di pre­cau­zione sta­bi­lito dalla nor­ma­tiva euro­pea, per la tutela dell’ambiente e per la difesa della salute umana, valore che nella gerar­chia dei prin­cipi costi­tu­zio­nali viene col­lo­cato al ver­tice». Quindi l’Aia è neces­sa­ria, ha ragione il mini­stero, che ha inteso «garan­tire un livello ele­vato di pro­te­zione gene­rale» per un pro­getto da più parti rite­nuto inva­sivo e che sta in una zona che, sulla carta, è già Parco nazio­nale e che è sot­to­po­sta a tutela quale «bene cul­tu­rale pri­ma­rio», in base alla legge della Regione Abruzzo 93 del 1994 che sal­va­guarda «i tra­buc­chi e il loro intorno, com­preso il tratto di mare che con­corre a for­mare il qua­dro di insieme». La Medoil­gas era ricorsa ai giu­dici ammi­ni­stra­tivi, per­ché aveva rite­nuto con­trad­dit­to­rie due comu­ni­ca­zioni rice­vute del mini­stero: la prima, dell’ottobre 2012, in cui si diceva che la Via (Valu­ta­zione impatto ambien­tale) non neces­si­tava di Aia anche per non dare luogo a un aggra­vio pro­ce­di­men­tale in con­trad­di­zione con le norme sulla sem­pli­fi­ca­zione; la seconda, del luglio 2013, in cui si affer­mava il con­tra­rio. Secondo i giu­dici, l’atteggiamento del mini­stro dell’Ambiente dell’epoca, Andrea Orlando, è stato cor­retto. La sen­tenza del Tar al momento stoppa «Ombrina». «E rap­pre­senta — dichiara Gior­gio Zam­petti respon­sa­bile scien­ti­fico di Legam­biente — una bat­tuta d’arresto. Un pro­getto off shore, che inte­ressa la zona tra Ortona e Vasto (Ch), che non por­terà alcun van­tag­gio, né ener­ge­tico, né alla popo­la­zione. Il Paese — con­ti­nua — ha biso­gno di una stra­te­gia ener­ge­tica nazio­nale che punti sulle ener­gie rin­no­va­bili, e non sulle fonti fos­sili e su risorse, come il petro­lio pre­sente sotto il mare che, stando ai con­sumi attuali, si esau­ri­reb­bero in soli due mesi met­tendo a serio rischio l’ambiente, le eco­no­mie dei ter­ri­tori inte­res­sati e le acque. È ora di fare scelte corag­giose, a par­tire dalla revi­sione del Decreto svi­luppo e delle altre norme in vigore, per fer­mare la corsa all’oro nero nel mare ita­liano. Le tri­velle — evi­den­zia — minac­ciano l’Adriatico e il Medi­ter­ra­neo. Oggi le aree inte­res­sate dalle atti­vità petro­li­fere occu­pano una super­fi­cie marina di circa 24mila chi­lo­me­tri qua­drati, una super­fi­cie grande come la Sar­de­gna. Per quanto riguarda l’Adriatico cen­tro meri­dio­nale — dalle Mar­che al sud della Puglia — in totale sono circa 10mila kmq le aree inte­res­sate da atti­vità di ricerca o richie­ste delle com­pa­gnie petrolifere». Dice Maria Rita D’Orsogna, ricer­ca­trice, docente alla Cali­for­nia State Uni­ver­sity di Los Ange­les, tra i primi a impe­gnarsi con­tro il pro­getto: «Que­sto risul­tato dimo­stra ancora una volta l’importanza di un impe­gno corale: dopo il Cen­tro Oli di Ortona e la raf­fi­ne­ria di Bomba (Ch), è il terzo impianto petro­li­fero che i cit­ta­dini d’Abruzzo rie­scono effi­ca­ce­mente a con­tra­stare, coin­vol­gendo anche una fetta impor­tante delle imprese che ope­rano nella regione nel campo agro-alimentare e turi­stico. Occorre ren­dersi conto di quanto potere abbiamo come col­let­ti­vità e di usare que­sto potere per le mille altre emer­genze di que­sta realtà: la boni­fica dei fiumi malati e il risa­na­mento del ter­ri­to­rio della Val­pe­scara avve­le­nato dalle disca­ri­che e dal disa­stro del polo chi­mico di Bussi». Il pro­getto «non è com­pro­messo, sono state già avviate le pro­ce­dure per la richie­sta dell’Autorizzazione inte­grata ambien­tale», ribatte la Medoil­gas, che «per difen­dere i prin­cipi di cer­tezza del diritto nei con­fronti dei pro­pri azio­ni­sti inter­na­zio­nali» annun­cia che «si riserva di ricor­rere al Con­si­glio di Stato con­tro la sen­tenza del Tar». «Non abbiamo mai pen­sato di sot­trarci alla pro­ce­dura di Aia», pre­cisa Ser­gio Morandi, ammi­ni­stra­tore dele­gato di Medoil­gas Italia. «La sto­ria di ’Ombrina mare 2’ — spiega Fabri­zia Arduini, Wwf Abruzzo — corre in paral­lelo con quella dell’istituzione del Parco nazio­nale della Costa tea­tina. La prima prende avvio nell’agosto 2002, con la richie­sta di istanza di ricerca di idro­car­buri nel tratto di mare anti­stante San Vito Chie­tino, men­tre l’iter per la crea­zione del Parco ini­zia un anno prima, il 23 marzo 2001». Per ciò biso­gna «peri­me­trare urgen­te­mente il Parco nazio­nale della Costa tea­tina e modi­fi­care in Par­la­mento l’articolo 35 del Decreto Pas­sera: solo in que­sto modo sal­ve­remo l’Abruzzo»: risponde il coor­di­na­mento di asso­cia­zioni e movi­menti ’No Ombrina, sì Parco’, secondo cui «ora è necessario chiu­dere la par­tita». A fare il punto della situa­zione sono, tra gli altri, il pre­si­dente nazio­nale del Wwf, Dante Caserta; Fran­ce­sca Aloi­sio, di Legam­biente; Luca Di Pie­tro del Fai; il pre­si­dente del Wwf Abruzzo, Luciano Di Tizio, e Pasquale Cac­cia­carne dell’associazione ’Bed&Breakfast’. Riper­cor­rendo le tappe della vicenda, gli ambien­ta­li­sti defi­ni­scono «para­dos­sale» il fatto che «dopo 12 anni sia il Tar del Lazio a far esplo­dere fra­go­ro­sa­mente la con­trad­di­zione tra una poli­tica di tutela e valo­riz­za­zione del ter­ri­to­rio, come quella pre­vi­sta con il Parco, e il pro­getto Ombrina mare, che svi­li­rebbe un tratto di mare e un pae­sag­gio unico con una piat­ta­forma e una raf­fi­ne­ria gal­leg­giante. Tutto ciò che hanno fatto fino ad ora in Abruzzo, nei mari del Nord è vie­tato. Dovremmo chie­dere che anche in Ita­lia ven­gano appli­cate quelle norme. Lan­ciamo un appello affin­ché la poli­tica ponga la parola fine sulla deriva petro­li­fera che potrebbe avve­rarsi in Abruzzo a seguito dell’approvazione della Stra­te­gia ener­ge­tica nazio­nale (Sen), che pre­vede di tra­sfor­mare que­sta regione in distretto minerario». http://ilmanifesto.it/abruzzo-allarme-trivelle/

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