giovedì 23 gennaio 2014
Ilva Taranto Truffa milionaria: nuova grana per Riva
ILVA, SECONDO ORDINE DI CATTURA PER FABIO, LATITANTE ALL’ESTERO. LA FINANZA SEQUESTRA 200 MILIONI
di Francesco Casula
Taranto
Sono due le procure italiane che
ora chiedono l’estradizione di Fabio
Riva. A quella di Taranto che ha
chiesto per l’industriale milanese la
custodia cautelare in carcere per associazione
a delinquere finalizzata al
disastro ambientale, ora si è aggiunta
anche quella milanese che lo accusa di
associazione a delinquere per truffa ai
danni dello Stato. Secondo i pm Stefano
Civardi e Mauro Clerici, Agostino
Alberti, dirigente di Riva Fire,
Alfredo Lomonaco e Barbara Lomonaco
di Ilva Sa e Adriana Lamsweerde
di Eufintrade, una finanziaria elvetica,
avrebbero creato una società ad
hoc con sede in Svizzera, l'Ilva Sa, per
aggirare la “legge Ossola” che prevede
l'erogazione di contributi pubblici per
le grandi aziende che esportano all'estero.
In sostanza, la normativa prevede
che le aziende che hanno commesse
estere e ricevono i pagamenti in
modo dilazionato nel tempo, possano
ricevere stanziamenti a fondo perduto
da una società, la Simest, controllata
dalla Cassa depositi e prestiti.
Dalle indagini condotte dal Nucleo di
Polizia tributaria della Guardia di finanza
milanese, però, sarebbe emerso
che l’Ilva non avrebbe potuto ricevere
questi contributi dato che i pagamenti
delle società estere con le quali intratteneva
rapporti commerciali avvenivano
in 90 giorni. Per aggirare la
norma, secondo l’accusa, Riva e gli
altri avrebbero costituito la società
svizzera che otteneva le commesse all'estero
e poi girava i pagamenti a Ilva
Spa in tempi decisamente più lunghi.
Uno stratagemma che secondo i pm
ha consentito al Gruppo Riva Fire,
società finita nel registro degli indagati,
di accumulare dal 2007 un tesoretto
di 100 milioni. Fondi pubblici,
insomma, finiti nella cassaforte dei
Riva. Le Fiamme gialle inoltre, hanno
sequestrato 100 milioni di euro a Fabio
Riva e agli altri indagati, e altri 100
milioni alla holding.
L’ordinanza firmata dal gip Fabrizio
D’Arcangelo appartiene a un terzo filone
di indagine sul colosso dell’acciaio
italiano. Dopo quella per disastro
ambientale della procura tarantina
e quella per frode fiscale, che ha
portato al sequestro di quasi 2 miliardi
di euro nascosti nel paradiso fiscale
di Jersey, la Procura di Milano
sta indagando sui rapporti tra la holding
Rive Fire e la controllata Ilva con
l'ipotesi di appropriazione indebita ai
danni dei soci di minoranza del colosso
siderurgico.
Una nuova tegola, insomma, per Fabio
Riva che dopo essere fuggito a
Londra poco prima dell’arresto disposto
nel novembre 2012 dai magistrati
tarantini è in attesa di conoscere
la decisione della Corte inglese dinanzi
alla quale pende la richiesta di estradizione.
Lo scorso 16 gennaio si è tenuta
l’udienza durante la quale l’avvocato
Annamaria Alborghetti,
membro dell’osservatorio sulle carceri
italiane e consulente del collegio difensivo
di Fabio Riva, ha descritto alla
Corte inglese le condizioni del carcere
di Taranto. Un ultimo e disperato
tentativo, insomma, di evitare il carcere.
Il fatto quotidiano 23 gennaio 2014
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