mercoledì 30 novembre 2016

Stop al femminicidio -Teatro Fellini- Pontinia, venerdì 02.12.2016 ore 20.30

COMUNE DI PONTINIA
PROVINCIA DI LATINA
04014 - Piazza Indipendenza, 1 –
P.I.: 00321860595
Tel. 0773/8411 – fax 0773/841202



Pontinia, 29 novembre 2016



Alle Associazioni di Pontinia – Sede

Centro Donna Lilith - Latina

Associaz. Femineus – Priverno

Associaz. Valore Donna
valentina.valoredonna@virgilio.it

Associaz. Alfa e Omega

Associaz. Teatrale Purpurin
Annamariascampone320@gmail.com


Oggetto: Stop al femminicidio
-Teatro Fellini- Pontinia, venerdì 02.12.2016 ore 20.30

Spettabili Associazioni,
l’Amministrazione comunale di Pontinia Vi invita a partecipare alla manifestazione che si terrà il giorno 2 dicembre 2016 alle ore 20.30 presso il Teatro Fellini per argomentare sul tema in oggetto.
Infatti, come noto, dal 1999 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha indicato nel giorno 25 novembre di ogni anno “la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne”, invitando nel contempo i Governi e le Organizzazioni Internazionali ad organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma del femminicidio e più







complessivamente sul fenomeno della violenza sulle donne. Le programmazioni a partire dalla suddetta data proseguono fino alla fine di
dicembre di ogni anno, così come hanno inteso fare fino ad oggi le varie associazioni che trattano la tematica.
Atteso che è intenzione dell’amministrazione comunale perseguire l’obiettivo di sensibilizzare tutta la cittadinanza su questo delicato tema rafforzando la consapevolezza collettiva della necessità di contrastare ogni forma di violenza, sarebbe un vero piacere averVi tra il pubblico e trascorrere insieme una serata che ha per oggetto un tema forte e socialmente rilevante.
Il programma prevede la rappresentazione di monologhi, di un ballo, di tre brani musicali ed un intervento di esperti sul tema di “violenza di genere e sul femminicidio”. Tutti i partecipanti hanno dato la disponibilità a partecipare a titolo liberale e l’ingresso è gratuito. Vi aspettiamo con vero piacere.

Cordiali saluti.

f.to ( il Sindaco Ing. Carlo Medici)
Avv. Maria Rita D’Alessio n.q. delegata alla Pubblica Istruzione





discariche e inceneritori: le fabbriche dei tumori

http://archivio.ilcaffe.tv/leggi/?n=latina385#4

Roma, M5s va a studiare l’azienda modello toscana. Revet, che trasforma i rifiuti in oggetti per la casa e pezzi di auto

Dopo la trasferta a Parma, una delegazione dell'assessore Muraro andrà a Pontedera dove ha sede il polo che offre servizi di raccolta e gestione della spazzatura in circa 200 Comuni toscani. A questo impianto l'assessore Muraro vorrebbe ispirarsi per rimodulare il Tmb della Salaria Un centro che separa i rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata e li prepara per il riciclo, capace di valorizzareanche materiali come le plastiche di scarsa qualità che spesso finiscono invece all’inceneritore. Il polo pisano di Revet, gruppo che offre servizi di raccolta e gestione dei rifiuti in circa 200 Comuni toscani, è il modello che la giunta M5s di Romavuole copiare per il futuro dell’impianto di trattamento meccanico biologico dell’Ama sulla Salaria. Quello che con la sua puzza insopportabile asfissia gli abitanti dei quartieri circostanti. I comitati ne chiedono la chiusura dal 2011 e adesso propongono che la 
riciclo-prefabbricatistruttura ospiti uffici o un centro per la raccolta dei rifiuti ingombranti domestici, ma senza nessun tipo di trattamento della monnezza. Ma è un’ipotesi che all’assessora appare impraticabile.
Così, mentre l’impianto continua a lavorare a pieno regime, e si registrano anche vari tentativi da parte di alcuni consiglieri grillini del terzo Municipio di aumentare le quantità trattate, in Campidoglio si prepara la visita in ToscanaDopo quella a Parma del consulente dell’amministrazione per i rifiuti RobertoCavallo, questa volta a muoversi sarà la Muraro in persona, con l’obiettivo, spiegano i suoi collaboratori, “di mostrare come funziona l’attività di selezione del multimateriale ai rappresentanti dei comitati”. Loro però hanno già declinato l’invito: “Non ci muoviamo senza che prima nella commissione Ambiente del Consiglio comunale vengano valutate le nostre proposte, come aspettiamo da settimane. E se non riceveremo una risposta a breve siamo pronti a scendere in piazza”, dice il presidente del comitato di quartiere Fidene Sergio Caselli.
Il modello Revet
Ma come funziona il modello a cui la Muraro si starebbe ispirando per il futuro del Tmb Salario? A Pontedera, in provincia di Pisa, spiega il presidente di riciclo-compostieraRevet Alessandro Canovai, “abbiamo un impianto che separa e prepara per il riciclo Tetrapakplasticaalluminioferro e vetro e una piattaforma di selezione e avvio a riciclo specifica per gli imballaggi in plastica, che li suddivide in base al tipo di polimero”. È il primo passo per dare nuova vita ai materiali, un processo che si cerca di rendere sempre più a chilometro zero: “Per il Tetrapak si completa in un impianto di Lucca, mentre per il vetro presto si chiuderà totalmente a Empoli”. La plastica più nobile, come quella delle bottiglie di acqua minerale o dei flaconi del bagnoschiuma, va in diversi impianti di riciclo, ma il fiore all’occhiello di Revet è il recupero di quella meno pregiata. È il cosiddetto plasmix: spesso destinato all’inceneritore, a Pontedera torna a nuova vita. “Nel 2013 è nata Revet Recycling, una start up che trasforma le plastiche eterogenee, tutti gli imballaggi che non sono né bottiglie né flaconi, in granuli pronti per nuovi oggetti. Sono plastiche con prestazioni paragonabili al vergine, ottime per produrre qualsiasi manufatto di plastica anche di alta gamma, come secchielligiochi per bambini e componenti per auto e scooter o per l’edilizia”. Oggi l’impianto ne tratta 12mila, ma l’obiettivo è di raddoppiarle. Il centro, spiegano da Revet, “ha suscitato interesse perché come qui, anche a Roma la raccolta differenziata è multimateriale: plasticavetro e metalli vanno cioè in un unico cassonetto e riciclo-secchiovengono poi divisi in un impianto ad hoc”. E da Roma confermano: “Il Tmb, causa della puzza, sarebbe sostituito da un impianto di selezione con lettori ottici. Sarebbe il primo passo per una filiera più ampia, in prospettiva si potrebbe pensare anche a un impianto per la valorizzazione del plasmix”.
“Revet e Sienambiente due società distinte”
E per i prossimi anni, Revet ha un piano di investimenti per crescere ancora: “Quindici milioni di euro che serviranno a raddoppiare la capacità dello stabilimento per il plasmix, migliorare la qualità della selezione del vetro, avviandolo così a riciclo interamente nella vetreria vicina al nostro stabilimento di Empoli e costruire un nuovo centro di selezione della raccolta differenziata a Prato”. Oggi Revet, che ha un capitale misto pubblico-privato, copre con i suoi servizi circa l’80% dei cittadini della Toscana. Di fronte all’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto l’Ato Toscana Sud per l’appalto ventennale affidato in maniera irregolare, con una gara su misura atti di corruzione, alla Sei Toscana, nata intorno alla municipalizzata Sienambiente che detiene il 12,07% di Revet (mentre quest’ultima ha a sua volta una partecipazione dello 0,33% in Sei Toscana), dall’azienda di Pontedera si dicono tranquilli. L’ad di Sienambiente Marco Buzzichelliraggiunto da una misura cautelare di interdizione da attività di impresa e divieto di compiti dirigenziali, si è dimesso dal cda di Revet un paio di settimane fa. “Sedeva in cda da poco tempo e comunque si tratta di società distinte” precisano dal gruppo pisano.
Nessun accordo con i comitati
Mentre in Campidoglio si lavora per approfondire il modello Revet, su tutto pesa la mancanza di un accordo tra l’amministrazione e i comitati di cittadini che vivono vicino all’impianto Tmb della via Salaria. “Il primo step è trovare una sintesi con i comitati – spiegano dallo staff dell’assessore – La questione è delicatissima perché anche loro hanno posizioni diverse al loro interno”. “Non è vero, la nostra posizione è univoca”, replica Caselli, che spiega come i cittadini siano ancora in attesa di una convocazione in commissione Ambiente dell’Assemblea capitolina: “Abbiamo incontrato l’assessore Muraro a ottobre e ci era stata promessa una convocazione entro dieci giorni. Ad oggi non abbiamo ricevuto alcun riscontro. Quindi noi in Toscana non ci andremo: prima devono essere discusse le nostre proposte e se a breve non avremo una risposta, scenderemo in piazza, come abbiamo già scritto in una email inviata anche al sindaco”. “Il sospetto – conclude – è che sia già stato tutto deciso e che la situazione potrà solo peggiorare”. di  | 30 novembre 2016 http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/30/roma-m5s-va-a-studiare-lazienda-modello-toscana-revet-che-trasforma-i-rifiuti-in-oggetti-per-la-casa-e-pezzi-di-auto/3206707/

La Scala di Milano, amianto a teatro: prosciolti i 4 ex sindaci Tognoli, Pillitteri, Borghini e Formentini

Cadono le accuse nei confronti dei primi cittadini che erano anche presidenti dei cda del teatro. A processo finiscono invece altre 5 persone tra cui l'ex sovrintendente Carlo Fontana
Sono stati prosciolti dalle accuse di omicidio colposo e lesioni colpose gravissime quattro ex sindaci di MilanoCarlo TognoliPaolo PillitteriGiampiero Borghini e Marco Formentini, per la vicenda di alcuni lavoratori morti o che si sono ammalati, secondo l’accusa, per la presenza di amianto al Teatro alla Scala prima delle bonifiche dei locali. Lo ha deciso oggi il gup Alessandra Simion. Il 9 febbraio inizierà il processo per altre cinque persone, che sono state rinviate a giudizio. Tra loro l’ex sovrintendente Carlo Fontana.
I pm di Milano Maurizio Ascione e Nicola Balice avevano chiuso l’inchiesta a febbraio. L’indagine si concentrava sulle mortidovute all’amianto di 7 dipendenti del teatro. Altri tre lavoratori, tra cui un pianista, attualmente sono ammalati. Le contestazioni della Procura riguardavano fatti a partire dal 1986. Gli ex sindacierano sotto indagine in qualità di presidenti del Cda del teatro e quindi, come proprietari, avrebbero avuto – secondo l’ipotesi accusatoria – il potere di vigilare sulla tutela ambientale. Tra i vari accusati ci sono due ex direttori dell’allestimento scenico, unex direttore tecnico, l’ex capo dell’ufficio tecnico.
L’inchiesta è nata da alcuni esposti delle associazioni a tutela delle vittime di mesotelioma pleurico e delle altre malattie legate all’amianto. I rilievi degli investigatori dentro al teatro avevano evidenziato la presenza delle polveri di amianto persino nelle lastre di raffreddamento del famoso lampadario in vetro soffiato con circa 400 lampadine e nel sipario antiacustico posto sul palcoscenico, la cosiddetta pattona, oltre che nei locali tecnici, nelle porte tagliafuoco, negli indumenti protettivi in dotazione al reparto antincendio, ma anche negli intonaci delle sale, nei pannelli isolanti, nei macchinari e negli impianti. L’Asl, peraltro, già nel 1986 aveva chiesto una dismissione di manufatti in amianto, del sipario acustico, del materiale in dotazione al reparto prevenzione incendi e degli elettricisti, ma gli imputati – secondo i pm – non avevano dato seguito a questa richiesta.
La bonifica del teatro, progettato dall’architetto Giuseppe Piermarini e inaugurato il 3 agosto del 1778, è stata completata da tempo e non c’è più pericolo di esposizione per i tanti lavoratori che lo frequentano oltre che per le migliaia di spettatori. La Prima della Scala è in programma come ogni anno il 7 dicembreprossimo, cioè mercoledì: in programma c’è la Madama Butterflydi Giacomo Puccini e tra gli ospiti è atteso anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarelladi  | 30 novembre 2016 http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/30/la-scala-di-milano-amianto-a-teatro-assolti-i-4-ex-sindaci-tognoli-pillitteri-borghini-e-formentini/3226913/

Rifiuti. Cassa servizi energetici e ambientali a servizio settore

Un Hub informatico al servizio di istituzioni e aziende
Un solo ente unificato per l'energia e l'ambiente, che potra' venir chiamato a intervenire nel settore dei rifiuti. Fornira' le sue capacita' nell'acquisizione e la verifica di enormi quantita' di dati e fornira' una base essenziale al decisore politico, ma anche alle imprese che operano in questi ambiti.La Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (Csea) e' un ente pubblico economico con compiti e funzioni nella gestione di meccanismi regolatori relativi al settore dell'energia (energia elettrica e gas naturale) e al settore idrico. Al sistema informatico di CSEA sono gia' connesse stabilmente circa 1.300 imprese dei settori dell'energia e dell'acqua, oltre a circa 3.000 imprese energivore. Sulla base dei dati e delle informazioni di cui dispone, la Cassa garantisce i servizi amministrativi e finanziari relativamente ai meccanismi regolatori di cui ha la gestione: dalle perequazioni tariffarie agli oneri di sistema, dai bonus sociali alla qualita'. Csea diverra' l'unico ente in Italia ad offrire servizi alle istituzioni e alle imprese dei settori dell'energia e dell'ambiente: energia elettrica, gas e acqua e rifiuti. La gestione di meccanismi regolatori richiede l'acquisizione e la verifica di grosse quantita' di dati e lo scambio di rilevanti flussi informativi, relativi a tutti i segmenti di cui si compone il settore regolato; dalla gestione dei dati e delle informazioni hanno origine, tra l'altro, i conseguenti movimenti finanziari. Le attivita' che Csea svolge sono prevalentemente assegnate dall'Autorita' per l'energia elettrica, il gas ed i servizi idrici (Aeegsi), di cui e' sostanzialmente ente strumentale. La Cassa potra' quindi essere chiamata ad applicarsi anche nel settore dei rifiuti nei nuovi assetti regolatori che il legislatore ha mostrato di voler perseguire: "La capacita' di Csea di gestire dati ed informazioni nel proprio nel proprio sistema in breve tempo ed elaborando tali dati e informazioni in modo complesso, potra' essere anche al servizio del settore dei rifiuti, i cui nuovi meccanismi regolatori avranno un impatto diretto sui bilanci aziendali".
(DIRE) http://www.alessandrobratti.it/blog-ambiente/3311-rifiuti-cassa-servizi-energetici-e-ambientali-a-servizio-settore.html

Greenpeace Respira e prenditi una pausa, il pianeta non se lo può più permettere!

Si stima che quest'anno il Black Friday e il Cyber Monday abbiano generato miliardi di dollari di vendite di abbigliamento e altri prodotti. Ma questo boom commerciale genera anche alti volumi di rifiuti, incrementando l’impatto ambientale della moda sul nostro pianeta.
Invece di inseguire la preda nella giungla come i nostri antenati, rincorriamo vestiti d’occasione che ci sembrano un buon affare. Basta guardare le scene che si svolgono ogni anno nei centri commerciali americani l'ultimo venerdì di novembre, quando la gente cerca di garantirsi una posizione favorevole nella coda fuori dai negozi nelle prime ore del mattino. Si potrebbe dire che il "Venerdì nero" meriti il suo nome: ogni anno decine di persone vengono schiacciate, fino alla morte, come è accaduto in passato.
Il Black Friday e il Cyber Monday, segnano l'inizio della grande stagione dello shopping, quando la gente inizia a comprare i regali per Natale. In entrambi i giorni si fa un uso massiccio di sconti e offerte speciali per innescare un senso di urgenza e di "eccezionale opportunità" per i consumatori, i bassi costi aumentano l’impulso all’acquisto e - di conseguenza – un consumo eccessivo di beni superflui. Essendo così economica, la moda a basso costo è una delle categorie di prodotti più venduti durante il Black Friday. Anche se è difficile resistere alla tentazione di un nuovo vestito, le ricerche sui consumi mostrano che l'atto dell’acquisto ci garantisce solo una breve scossa di eccitazione, ma nessuna ricompensa duratura. Invece l'impatto ambientale rimane, ed è fin troppo elevato.
Greenpeace ha dimostrato che la produzione di capi di abbigliamento utilizza grandi quantità di acqua e inquina fiumi e mari con sostanze chimiche tossiche, molto prima di arrivare sugli scaffali. Stiamo anche consumando e buttando vestiti a un tasso di gran lunga superiore a quello che il nostro pianeta è in grado di sostenere. Dagli anni Ottanta è aumentato il tasso di consumo dei vestiti mentre il ciclo di vita dei prodotti si è accorciato del 50 per cento tra il 1992 e il 2002. Un recente rapporto mostra che i cittadini di Hong Kong buttano via l'equivalente di 1.400 magliette al minuto. La moda di oggi è la spazzatura di domani.
Nella Ue, ad esempio, vengono generate 1,5-2 milioni di tonnellate di indumenti usati ogni anno ma solo il 10-12 per cento degli abiti di miglior qualità viene rivenduto a livello locale e il resto rischia di essere esportato nei paesi del sud del mondo o diventare un rifiuto, da bruciare negli inceneritori o finire nelle discariche.
Possiamo indossare i nostri abiti più a lungo, prenderci cura di loro, ripararli, rinnovarli e reinventarli, scambiarli con gli amici e regalarli. È il momento per i marchi di moda di reinventare se stessi e disegnare abiti che siano per noi davvero necessari e piacevoli da indossare - progettati per una migliore qualità, durata e riutilizzo.

Giuseppe Ungherese, campagna Inquinamento http://www.greenpeace.org/italy/it/News1/blog/respira-e-prenditi-una-pausa-il-pianeta-non-s/blog/58152/

Discariche abusive, il Tesoro gira il conto delle multe Ue alle Regioni (che non ci stanno). Campania, debito da 18 milioni

Il governo ha saldato il dovuto: 80 milioni per il solo 2015. Ma ora (mentre Bruxelles ripassa all'incasso di altre due rate) vuole indietro i soldi dagli enti locali. Prime nella lista la regione guidata da De Luca e la Calabria. Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna e capo della Conferenza delle regioni, ha sollevato il conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale. Emendamento alla Legge di Bilancio per disinnescare la rivalsa del Mef
Il conto è da capogiro: solo per il 2015 quasi 80 milioni di euro. È quanto ha pagato il ministero dell’Economia per la multacomminata dalla Commissione europea che nel 2014 ha condannato l’Italia per 200 discariche non a norma. E ora Pier Carlo Padoan quei soldi li vuole indietro dalle Regioni. Al più presto. Anche perché da Bruxelles sono già arrivate le ingiunzioni di pagamento per altre due rate: ulteriori 61 milioni a titolo di penalità per gli impianti che, nel frattempo, non sono stati ancora bonificati o messi a norma. Una partita che riguarda principalmente quattro regioni: Campania, Calabria, Abruzzo e Lazio. Che non hanno, come tutte le altre, alcuna intenzione di pagare.
“Fate votare Sì”, ha detto pochi giorni fa il governatore campanoVincenzo De Luca incitando i suoi a mobilitarsi per il referendum. E ricordando l’interlocuzione privilegiata con il presidente del Consiglio. In questa partita però i soldi è Renzi a volerli indietro dalla Campania. Innanzitutto dalla sua giunta, in solido con i Comuni su cui insistono le discariche condannate dall’Europa: dalla ‘A’ di Airola in provincia di Benevento alla ‘V’ di Villamaina in provincia di Avellino. In totale 18.622.522 euro: un conticino record seguito da quello della Calabria che dovrà restituire quasi 16,3 milioni. L’Abruzzo dovrà rendere 10,2 milioni, il Lazio 8,1, per citare gli importi più elevati.
Ma sono solo i casi più clamorosi. Perché ad essere interessate sono tutte le regioni (anche Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano). Che minacciano le barricate. E i comuni? I loro bilanci, se fossero davvero chiamati a rispondere in solido con le regioni, rischiano addirittura di andare a gambe per aria. Per questo l’Anci, a maggio di quest’anno, aveva tentato ogni strada per respingere al mittente le richieste della Ragioneria dello Stato: l’associazione dei comuni italiani era riuscita a spuntare un congelamento di 90 giorni del dossier. Ma trascorsa la tregua, durata ben oltre i tre mesi concordati, una settimana fa il ministero dell’Economia è tornato alla carica gettando gli enti locali nel panico. Un’accelerazione che rischia di compromettere l’ultimo miglio di una campagna referendaria al fulmicotone. Proprio nel momento in cui il premier Matteo Renzi ha bisogno dell’impegno di tutti i suoi governatori per centrare l’obiettivo a cui è legata la sua sopravvivenza politica. E questo, alle regioni è ben chiaro.
Durante l’ultimo incontro a Roma hanno redatto un documento che più o meno suona così: se Padoan e il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti non saranno disponibili a sedersi attorno al tavolo per concordare una moratoria su questo debito multimilionario, si spalancheranno le porte di un contenzioso senza fine. “Per evitare tutto questo abbiamo predisposto un emendamento alla manovra che disapplica le rivalse del Mef nei nostri confronti”, dice a ilfattoquotidiano.it l’assessore al bilancio della regione Campania Lidia D’Alessio, alle prese con il conto più salato. Ma la proposta di modifica non è stata approvata dalla commissione Bilancio della Camera. I governatori sperano che passi quando la legge di Bilancio sarà all’esame del Senato.
Pesce d’aprile del Tesoro per Bonaccini – La strada del contenzioso, peraltro, è stata già tracciata e ai livelli più alti. E non da un governatore a caso. Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia Romagna e capo della Conferenza delle regioni, si è rivolto direttamente alla Corte Costituzionale. Dove ha sollevato il conflitto di attribuzione tra Stato e regione dopo aver ricevuto tre missive: una diffida alla bonifica da Palazzo Chigi, pena l’esercizio del potere sostitutivo, un richiamo dal ministero dell’Ambiente nella quale si ribadiscono le responsabilità della regione e infine la goccia che ha fatto traboccare il vaso: una nota del Mef arrivata sul tavolo del governatore il 1 aprile di quest’anno.
Non era uno scherzo, ma un “invito” rivolto a tutte le regioni, compresa l’Emilia-Romagna quale responsabile in solido con il Comune di San Giovanni in Persiceto (sede di una discarica di rifiuti pericolosi entrata nel mirino della Ue e oggi stralciata dalla procedura di infrazione), a volere concordare le modalità attraverso cui procedere al reintegro degli importi anticipati dallo Stato. Il Ragioniere dello Stato Daniele Franco ha chiesto indietro alla sua giunta poco più di 770mila euro. Che Bonaccini non ha alcuna intenzione di pagare. Come si evince dai tre ricorsi che ha presentato alla Consulta in cui il filo conduttore è unico: non si può scaricare sulle regioni le responsabilità che competono esclusivamente allo Stato. I cui comportamenti in questa vicenda, a detta del governatore, non sono stati improntati al principio della leale collaborazione.
I dubbi sulla gestione della difesa di fronte alla Corte di giustizia europea – Ma c’è di più perché Bonaccini, e non solo, pensa che il ministero dell’Ambiente, che pure si sta prodigando in ogni modo, non abbia ben operato rispetto alla difesa di fronte allaCorte di Giustizia europea che nel 2014 ha condannato l’Italia per le 200 discariche. Argomento questo su cui batte anche la coordinatrice degli assessori all’ambiente della Conferenza delle regioni, Donatella Emma Ignazia Spano. Che per chiarire il punto fa l’esempio della sua regione, la Sardegna. “Siamo stati sanzionati per un sito dove c’era stato un semplice smaltimento abusivo di rifiuti: avevamo delineato per tempo tutta la vicenda con il ministero affinché chiarisse in sede europea. Eppure, non so per colpa di chi ma certo non nostra, ci hanno condannato lo stesso come se si trattasse di una discarica vera e propria. La verità è che tra le 200 discariche c’erano situazioni molto diverse”.
Campania prima per siti in infrazione. Seguono Calabria, Abruzzo e Lazio  Ma a pagare il conto più salato, come detto, non sarà certo la Sardegna. Né l’Emilia Romagna: nel 2014 avevano, ciascuna, un solo sito in infrazione. Come Marche, Molise, Piemonte e Umbria. Il conto più salato è quello che dovranno pagare principalmente la Campania (che al momento della condanna aveva 48 discariche non a norma), la Calabria (43), l’Abruzzo (28 siti) e il Lazio (21). Seguite a distanza da Puglia e Sicilia (12 ciascuna), Toscana e Liguria (entrambe sei discariche illegali) e infine Lombardia (quattro siti), Friuli (tre), Basilicata (due). Di che cifre si tratta? La Corte di Giustizia europea ha comminato una sanzione forfettaria di 40 milioni per le 200 discariche incriminate che però non sono tutte uguali: circa 188mila euro per le discariche semplici, il doppio per 14 siti di rifiuti pericolosi. Lo Stato ha sborsato i 40 milioni della multa il 24 febbraio 2015. Ma poi ha dovuto pure pagare gli interessi di mora (85mila euro, corrisposti l’11 maggio 2015) e soprattutto una penalità (versata sempre dal Mef ad agosto 2015) per le discariche che nel frattempo non erano state bonificate: altri 39,8 milioni, solo per il primo semestre dalla condanna. E il conto continua ad accumularsi: l’Ue lo scorso 9 febbraio ha notificato all’Italia un’ingiunzione di pagamento per il secondo semestre per un totale di 33,4 milioni di euro. Cifra scesa, per il terzo semestre dalla condanna, a 27,8 milioni: nel frattempo infatti le discariche ancora in infrazione sono passate dalle 200 originarie a 155 e poi a 133.
Per De Luca conto da 17,8 milioni – Il Mef ha fretta di rivedere quei soldi e vuole limitare i danni in modo che siano sempre meno le penalità semestrali da pagare. Di qui le ingiunzioni di pagamento che dovrebbero avere l’effetto di mettere il sale sulla coda alle regioni. Per questo la Ragioneria è tornata alla carica, ma ad oggi senza successo. Degli 80 milioni pagati dallo Stato nel 2015, quasi 55 sono imputabili a quattro regioni: la Campania che deve 8,8 milioni solo a titolo di partecipazione alla sanzione forfetaria iniziale di 40 milioni per i 48 impianti abusivi, mentre altri 9 milioni e mezzo sono dovuti per gli interessi di mora e per coprire la penalità del solo primo semestrale. Al secondo posto c’è la Calabria da cui il Tesoro vorrebbe indietro una cifra vicina ai 17 milioni, seguita dall’Abruzzo che con le sue 28 discariche in infrazione ha maturato un debito nei confronti dello Stato per 10,2 milioni di euro. Fuori dal podio il Lazio che ha maturato un debito da poco più di 8,1 milioni, la Sicilia a cui il Mef ha notificato un conto da 5 milioni. E ancora. A seguire la Puglia, a cui sono stati richiesti 4,2 milioni, Liguria 3,9, Veneto 3,5 milioni. Meno salato il conto per la Lombardia (2,3 milioni) e la Toscana (2,1 milioni). Sotto il milione di euro a quota 388mila euro ciascuna si piazzano Friuli Venezia Giulia, Sardegna e al Molise. Chiudono la classifica con un richiesta da parte dello Stato di 776 mila euro Basilicata, Piemonte, Marche, Umbria ed Emilia Romagna. Totale nazionale 79.885.589,81 euro. Che ora comuni e regioni sperano che il governo cancelli con un tratto di penna. Padoan permettendo. di  | 30 novembre 2016 http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/30/discariche-abusive-il-tesoro-gira-il-conto-delle-multe-ue-alle-regioni-che-non-ci-stanno-campania-debito-da-18-milioni/3217099/

tra televendite e speculazioni su bambini e sanità Ilva, Renzi: “Oltre un miliardo di risarcimento dalla famiglia Riva sarà usato per risanare Taranto”

Il presidente del Consiglio in diretta su Facebook per #Matteorisponde ha annunciato l'arrivo dei fondi dopo l'accordo di negoziazione per i risarcimenti. E ha accusato, di nuovo, il presidente della Commissione Bilancio di essere responsabile della scomparsa dalla finanziaria dei 50 milioni per la salute dei bambini Ha liquidato le polemiche degli ultimi giorni sul caso Ilvadefinendole “assurde”, incolpando di nuovo il presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia, e ha annunciato che arriverà oltre 1 miliardo di euro dalla famiglia Riva che sarà usato per risanare Taranto e l’Ilva. “In queste ore”, ha detto il presidente del Consiglio Matteo Renzi durante la diretta su Facebook #Matteorisponde, “si è conclusa la negoziazione tra la famiglia Riva e Ilva e oltre 1 miliardo arriverà come compensazione grazie al lavoro di tutte le autorità. Questi soldi, alla fine quasi 1,3 miliardi, andranno a risanare Taranto e l’Ilva”.
Nei giorni scorsi ha fatto discutere la scomparsa dalla legge di Bilancio dei 50 milioni per curare i bambini di Taranto per cui è stato accusato il governo che a sua volta ha scaricato le colpe sul presidente Boccia. “Ci sono state”, ha aggiunto Renzi, “polemiche assurde sull’impegno del governo su Taranto che è in una situazione davvero difficile per colpa del passato. Noi siamo intervenuti in modo molto significativo, abbiamo messo 1,6 miliardi, di cui 1,3 risorse nazionali, 322 dalla giunta Vendola e 7 milioni dalla giunta Emiliano. Si dice che noi avremmo tolto l’emendamento con 50 milioni in più: il presidente della Bilancio che è pugliese ha ritenuto inammissibile l’emendamento. Che cosa c’entra il governo?”.
Alle accuse ha risposto direttamente sulla pagina Facebook di Renzi lo stesso Boccia: “Caro Matteo, ma è così difficile per una volta provare a dire ‘ho sbagliato’? Oppure semplicemente ‘vi assicuro che per la sanità tarantina troverò le risorse in un altro momento’? Sono costretto a scriverti anche qui perché da giorni sostieni una tesi infondata“. Nel merito ha aggiunto: “Il governo ha deciso di recuperare tutte le altre misure dichiarate inammissibili e riscritto gli emendamenti, ma non ha fatto lo stesso con i soldi per la salute dei bimbi di Taranto. Che senso ha continuare a far riferimento alle inammissibilità tecniche del 15 novembre? Erano tali anche gli altri, ma l’esito è stato diverso”.
Renzi, poi, a distanza di qualche ora è tornato sull’argomento. Ospite a Unomattina, il premier ha ribadito che “non è vero che nella Legge di Stabilità mancano le risorse per Taranto a cui, in totale, in questi anni, abbiamo dato 1,6 mld, anzi poco di più. Di fronte a queste cifre è stato presentato un emendamento, per destinare altri 50 milioni del fondo nazionale della sanità alla città, a quel punto le altre Regioni hanno detto: ‘se dobbiamo spendere questi soldi, lo decidiamo insieme, non è che questi soldi si possono spendere tutti in un’unica città'”. “Quindi – ha aggiunto – non capisco la polemica, perché i bambini di Taranto non meritano polemiche. Lasciamo perdere. Poi c’è la negoziazione con la famiglia Riva che porterà a restituire più di un miliardo alla città, credo che sarà un accordo molto importante che sigleremo nelle prossime ore. E’ il segno che Taranto può ripartire”, ha concluso Renzidi  | 30 novembre 2016 http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/30/ilva-renzi-oltre-un-miliardo-di-risarcimento-dalla-famiglia-riva-sara-usato-per-risanare-taranto/3226761/

a Pontinia le strade pubbliche sono private e chi si alza prima comanda?

a Pontinia una delle specialità della casa è forse chiudere le strade senza autorizzazione (o almeno non vi è traccia nell'albo pretorio), preavviso e informazione? Magari per interessi aziendali? potrebbe essere. Infatti dopo 

Pontinia via don Luigi Sturzo a senso unico (tra via Luigi Einaudi e Corso Europa, la strada del Cimitero) http://pontiniaecologia.blogspot.it/2016/11/pontinia-via-don-luigi-sturzo-senso.html. questa mattina la via don Luigi Sturzo chiusa dalla Migliara 47. C'era una volta l'assessorato ai lavori pubblici, il numero verde (ben nascosto altrimenti qualcuno lo utilizzava) dove segnalare i problemi. Ovviamente grossi problemi per il traffico per raggiungere la scuola Materna di viale Europa, il Cimitero Comunale e la scuola Media G. Verga, ma anche per raggiungere il centro peggiorando la grave situazione di via Trieste. Poi qualcuno si meraviglia se nel comune avvengono tanti incidenti stradali? oppure se nessuna assicurazione vuole assicurare il comune di Pontinia per incidenti stradali? 



Percorrendo la strada provinciale La Cotarda in direzione dell’area industriale di Mazzocchio sulla sinistra si imbocca la via di Campo Nuovo che, secondo le planimetrie catastali e quella della pubblica viabilità, si dovrebbe ricongiungere con le strade vicinali della Cotarda e di Procoio, adiacenti alla ferrovia Roma – Latina – Fossanova. Non è una strada molto larga come tante sedi stradali della zona. C’è una particolarità che ad un certo punto viene interrotta da un cancello chiuso come si può vedere nell’immagine ricavata da google map (quindi gli enti di controllo non dovrebbero nemmeno fare un sopralluogo basterebbe collegarsi su internet) (vedere http://pontiniaecologia.blogspot.it/2014/09/pontinia-localita-la-cotarda.html). E’ stato anche girato un video (vedere http://pontiniaecologia.blogspot.it/2014/09/pontinia-mazzocchio.html). Alcuni cittadini si sono rivolti ai vari enti per chiedere se l’occupazione di suolo pubblico sia stato autorizzato e, in ogni caso, se sono stati riscossi i relativi diritti oppure se ci sia stato um triplo danno erariale: mancato incasso dei diritti di occupazione di suolo pubblico, interruzione di pubblica viabilità e se siano stati apportati danni alla proprietà pubblica. Nella zona dei Gricilli, l’unica zona SIC del comune di Pontinia a valenza ambientale, con la sorgente Fontana di Muro, i laghi del Vescovo avvengono da decenni danneggiamenti della pubblica proprietà, delle sorgenti, occupazione di proprietà pubblica denunciati da oltre 30 anni dai cittadini. Ma avvengono anche conferimenti di rifiuti tossici e speciali nella stessa area, in quella della Migliara 49, via Lungo Ufente, la stessa area industriale di Mazzocchio. Ci sono stati sequestri e arresti. Ne hanno parlato riviste internazionali, SKY TG24, Repubblica, Corriere della Sera, L’Espresso, i tg nazionali. Nell’area c’è una proprietà importante della famiglia di un ex sottosegretario di Forza Italia poi arrestati per reati collegati con la camorra. C’è stato il più grande ritrovamento di fusti tossici della storia italiana in un’azienda gestita da altre persone condannate per reati collegati sempre con la camorra. L’abbandono dei rifiuti avviene quasi ogni giorno. Ma nessuno sembra voler intervenire in modo risolutivo. I cittadini si chiedono ma se gli enti di controllo non si accorgono che viene chiusa una strada pubblica si possono accorgere dei rifiuti? In ogni modo ai cittadini interessa sapere se l'ufficio tributi userà lo stesso atteggiamento nei confronti dei responsabili della chiusura della strada come in quelli del pensionato con ricorsi alla commissione regionale dopo aver perso con quello provinciale per incassare un centinaio di € sulla prima casa. In altre parole se come per chi occupa (o occupava) il suolo pubblico con i dehors oppure se come succede in Italia ci sono 2 pesi e 2 misure. Certo il comune sta cercando di vendere immobili e cubatura per fare cassa e realizzare le opere pubbliche. Potrebbe intende iniziare a pretendere il dovuto sull'occupazione di questa strada chiedendo almeno i 5 anni arretrati (nel caso non fossero stati pagati), comprese sanzioni e interessi (nel caso di mancata autorizzazione). Ma questa è solo la prima parte di un'inchiesta sulle imposte locali e sui beni e servizi pubblici. Chissà che intanto non arrivino i chiarimenti dall'amministrazione.

Pontinia località La Cotarda

Pontinia, la strada scomparsa