L’ombradellacentrale w Siamo nel cuore della campagna toscana dove si producono vini e cibi tra i migliori del mondo. E proprio qui c’è il progetto di realizzare una centrale a biomasse con 9 camini che produrrebbero 14mila tonnellate di polveri sottili l’anno. Il progetto è dell’impresa Maccaferri, già sostenitrice elettorale del ministro dell’ambiente Gianluca Galletti
CROCEVIA DI TERRE DIVERSE La Val di Chiana (o Valdichiana) è una valle di origine alluvionale dell'Italia centrale, ricompresa tra le province di Arezzo e di Siena, in Toscana, e tra quelle di Perugia e di Terni, in Umbria. LA CANTÒ ANCHE GOETHE Il grande scrittore tedesco dedicò a questa valle un passaggio del suo Viaggio in Italia: “Non è possibile vedere campi più belli; non vi ha una gola di terreno la quale non sia lavorata alla perfezione, preparata alla seminazione. Il formento vi cresce rigoglioso, e sembra rinvenire in questi terreni tutte le condizioni che si richieggono a farlo prosperare. Nel secondo anno seminano fave per i cavalli, imperocché qui non cresce avena”
di Lorenzo Tosa P er terra ci sono ancora i segni bianchi degli stabilimenti ormai dismessi. Ma non è il colore dello zucchero, quello a Castiglion Fiorentino è finito da un pezzo. L’ultimo impianto si è spento nel 2005, quando lo zuccherificio Sadam ha chiuso i battenti in seguito alla riforma del settore bieticolo-saccarifero con cui Bruxelles ha imposto all’I t alia di dimezzare la quota di zucchero prodotto. Oggi, al suo posto, potrebbe sorgere una centrale elettrica a biomasse. Una fabbrica da 19 megawatt termici, divisa su due linee, in grado di bruciare ogni anno circa 15.000 tonnellate di olio di girasole e quasi 10.000 di mais e panello (il residuo dei semi oleosi), per quasi 3.000 tonnellate di rifiuti stimati. Il primo progetto di riconversione industriale risale al gennaio 2006. A presentarlo è la PowerCrop, società partecipata al 50% dal Gruppo Maccaferri, lo stesso che controlla interamente l’Eridania Sadam. In pratica, una questione di famiglia. Ma a pagarne le spese potrebbero essere cittadini e piccole aziende agricole, che da anni si battono per difendere il proprio territorio dalla minaccia di inquinamento ambientale. Siamo nel cuore della Val di Chiana, la terra del vino doc e della chianina, degli agriturismi e dei borghi medievali. Quello che un tempo era considerato il “granaio di Roma” da anni è al centro di una battaglia combattuta a colpi di decreti e carte bollate: da una parte la PowerCrop e il suo patron Gaetano Maccaferri, numero due di Confindustria; dall’a ltra la società civile e parte della politica locale che – a volte capita – ha sposato la causa dei due comitati anti-centrale. “Il progetto originale prevede 9 camini, di cui uno alto 35 metri, che rilascerebbero ogni anno nell’atmosfera qualcosa come 14mila tonnellate di polveri sottili pericolosissime per la salute”. Alza la voce Giuseppe Caiazzo, presidente del Comitato Salute e Paesaggio in Val di Chiana, forte anche dello studio con cui sei medici aretini hanno lanciato l’allarme sui rischi delle fonti energetiche ricavate da olii vegetali. “È possibile ipotizzare, negli anni, un aumento di malattie acute cardiache e respiratorie, croniche-degenerative e tumorali – si legge nel documento - I più esposti? Senza dubbio bambini e nascituri”. Alcuni l’hanno già definita una “pandemia silenziosa”, perché ti entra dentro lentamente. Si insinua tra i bronchi e i polmoni e resta lì anche per anni, decenni, prima di manifestarsi. O magari, un giorno, te la ritrovi nella bistecca che hai nel piatto, trasmessa dalle decine di migliaia di mucche chianine allevate allo stato brado a due passi da Ca’ Bittoni. È in questa località che dovrebbe sorgere il futuro impianto, in un’area di 12 ettari alle porte di Castiglion Fiorentino.
Per
i Maccaferri, la riconversione dell’ex Sadam
è
“un indispensabile traino per l’o ccupazione
della
vallata, a norma di legge e
approvato
8 anni fa dagli stessi enti locali
che
oggi si schierano contro”. Ma l’a s s ociazione
Tutela
Val di Chiana non ci sta.
“Siamo
di fronte a una doppia mistificazione
– insorge
il presidente Gianni Mori –
L’area
scelta, infatti, non è quella dello zuccherificio
ma
un terreno vergine di grande
pregio
paesaggistico, ricco di case coloniche
e
case leopoldine del ’700. Ci hanno raccontato
che
è una zona da bonificare. In
realtà
si tratta di un patrimonio storico e
culturale
della vallata”. Che rischia di scomparire,
insieme
alle certezze di chi vive di
terra,
di bellezza. Storie semplici di allevatori,
artigiani,
agriturismi introvabili anche
per
i navigatori più aggiornati. “Per mantenere
un’attività
produttiva che dà lavoro a
35-40
persone, si rischia di mandare sul lastrico
70
aziende e centinaia di famiglie”
calcola
a spanne il consigliere regionale toscano
Marco
Manneschi, tra i primi ad offrire
una
sponda politica a una battaglia che
si
trascina ormai dal dicembre 2007.
All’epoca
l’unica priorità in agenda è re-
stituire
un lavoro agli ex dipendenti Sadam,
e
i no alla centrale si contano sulle dita di
una
mano. Poi arrivano gli studi dei medici,
i
timori degli ambientalisti, le incognite legate
all’impatto
ambientale. I cittadini si
mobilitano.
I sindacati si spaccano. La politica
ascolta
e torna sui suoi passi. Fino
all’aprile
2014, quando dalla Provincia di
Arezzo
arriva lo stop definitivo all’i m p i a nto,
ribadito
poi a luglio nel Piano di Indirizzo
Territoriale
della Regione Toscana.
Sembra
la fine, e invece è solo l’inizio,
perché
in Italia le partite non finiscono
mai
al 90’. La PowerCrop ricorre al
Tar,
il cui verdetto è atteso intorno a
metà
marzo. In caso di esito negativo,
Maccaferri
è pronto ad appellarsi al
Consiglio
di Stato. Un’ipotesi che in
molti
temono, anche alla luce di quanto
accaduto
l’estate scorsa nel Fùcino,
in
Abruzzo, dove un’altra centrale a
biomasse
targata Powercrop è stata
sbloccata
dal Decreto Competitività
del
governo Renzi, che
ha dato così pieni
poteri
ai commissari ad Acta, in barba al
parere
negativo di medici, politica e società
civile.
Con
la firma, decisiva, anche del
ministro
all’Ambiente Gianluca Galletti.
Lo
stesso che
nel
2013 aveva ricevuto
proprio
da Gaetano
Maccaferri
20.000
euro di finanziamenti
elettorali
(oltre
ai 60.000 al
suo
partito, l’Udc, di
cui
la metà sarebbero
andati
proprio a
Galletti,
secondo
“L’Espresso”).
“S i amo
amici
da una vita” si
è
difeso maldestramente
il
ministro, che pure è
stato
per anni membro
del
collegio sindacale di
società
in affari con il
gruppo
Maccaferri,
dall’Alc.Este
all’Anb
Holding,
in cui compare
tutt’ora.
E adesso a
Castiglion
Fiorentino
hanno
paura che il copione
si
ripeta. “Il governo
proverà
a forzare
la
mano, affidando tutto ai commissari ad
Acta
con pieni poteri, come già avvenuto
altrove”
paventa Mori.
L’ultima
parola spetta al Consiglio di Stato,
che
non si pronuncerà prima dell’estate
2016,
mentre a giugno di quest’anno i dipendenti
dell’ex
zuccherificio si preparano a
perdere
la cassa integrazione. Tra le ragioni
dei
lavoratori e le preoccupazioni dei castiglionesi,
un
compromesso esistere. Lo sostiene
il
comitato guidato da Caiazzo. “I nvece
di
essere lasciata a marcire, l’area ex
Sadam
potrebbe essere utilizzata per realizzare
un
parco fotovoltaico. O, in alternativa,
un’industria
agroalimentare con cui
sfruttare
le coltivazioni di alta qualità della
Val
di Chiana”. Già,
qualità. Se il concetto
di
made in Italy ha ancora un
senso,
lo trovi in questa terra etrusca,
tra
i vigneti a perdita d’occhio e gli
allevamenti
di mucche che pascolano
lungo
la Provinciale. Vino e bistecca.
Montepulciano
e chianina. Sulla tavola
c’è
un mondo. Da non lasciar morire. il fatto quotidiano 16 febbraio 2015
Nessun commento:
Posta un commento