martedì 24 febbraio 2015

Raffaele Guariniello Eternit Non è finita Ora indaghiamo anche per omicidio

S T RAT E G I E DEL PM Sulle lesioni contestate al manager svizzero è intervenuta la prescrizione. Adesso l’accusa è diversa. Dobbiamo sapere perché 258 persone sono morte
di Andrea Giambartolomei O ra è scritto nero su bianco. La condanna al manager svizzero Stephan Schmidheiny, a capo degli stabilimenti dell’Eternit a Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli, è stata annullata per due ragioni: perchè la prescrizione del reato è “intervenu - ta prima della sentenza di I grado”, ma anche perché “il Tribunale ha confuso la permanenza del reato con la permanenza degli effetti del reato”. In altri termini: la formulazione dell’ac - cusa era sbagliata. È questo quanto scrivono i giudici della Corte di Cassazione nelle motivazioni della loro sentenza del 19 novembre scorso. Con quella decisione vennero cancellati i risarcimenti, ma la Procura di Torino, pm Gianfranco Colace e Raffaele Guariniello, portano avanti un nuovo procedimento: “Non tutto è finito”, dice il secondo. Dottor Guariniello, cosa pensa di queste motivazioni? La sentenza è importante e doverosamente ci atterremo a questa impostazione. È molto meditata. La aspettavo proprio prima di fare la richiesta di rinvio a giudizio per gli omicidi volontari. L’idea che tutto sia prescritto e tutto finito è sbagliato. La procura e i giudici torinesi avevano dato una lettura diversa. Sul disastro sono state date due letture completamente diverse della norma: per la Cassazione il reato avviene con l’emissione delle polveri nell’ambiente e si è concluso con la chiusura degli stabilimenti; per i giudici di merito invece gli effetti si realizzavano in un arco di tempo molto prolungato e per farlo si erano appoggiati a una sentenza della stessa sezione sul disastro di Porto Marghera. Cosa dice sulle responsabilità dell’imputato Stephan Schmid h e i ny? Dice una cosa molto importante. Afferma che non ci sono le condizioni per applicare l’articolo 129, secondo comma, del codice di procedura penale per il quale bisogna assolvere nel merito se non ci sono responsabilità. Pare essere un punto fermo alla fine di questo lungo processo. Ora cosa farete? Abbiamo firmato la richiesta di rinvio a giudizio e aspettiamo che il tribunale fissi la data dell’udienza preliminare. Su cosa verte questo nuovo proce d i m e n to? Al momento riguarda la morte di 258 persone, ma stiamo aspettando centinaia di perizie. Si tratta dei lavoratori, dei loro familiari e dei loro concittadini a Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli. Questa volta l’accusa verso Schmidheiny è di omicidio volontario continuato. Non c’è il rischio del “ne bis in idem”, ossia di processare due volte una persona per lo stesso fa t to? No, per nulla. La Cassazione dice chiaramente che sono due reati diversi. Distingue le lesioni e le morti provocate negli abitanti e nei lavoratori dal reato di disastro. Tra pochi giorni comincia il nuovo appello di ThyssenKrupp. Anche in questo caso la Suprema Corte fu critica nei confronti delle sentenze di merito e decise rinviare in appello. Per alcuni critici c’è un problema tra Torino e Roma. Lei cosa risponde? Per il rogo alla ThyssenKrupp la Cassazione confermò la condanna degli imputati, ma chiese di ricalcolare la pena. È nella natura del processo. Sui problemi tra Torino e Roma ricordo solo che nel processo per il crollo al liceo Darwin di Rivoli (in cui morì un 17enne, ndr) i giudici hanno accolto la nostra impostazione confermando le condanne. Bisogna saper rispettare le decisioni e sapere cogliere gli aspetti positivi- . il fatto quotidiano 24 febbraio 2015

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