ZOGGIA
E MOGNATO ARCHIVIATI, MA ACCERTATA
UNA
“DIFFUSA ILLEGALITÀ DEL VERTICE DEL PARTITO”
L’INDAGINE
Per
i pm “è difficile arrivare a ulteriori
percettori
finali, oltre all’ex sindaco Orsoni,
delle
somme illecitamente corrisposte”
di
Antonio
Massari
inviato
a Venezia
L’indagine
sul Mose è chiusa. Ieri la
procura
ha depositato gli ultimi atti
d’inchiesta,
con nove indagati,
per
i quali è imminente la richiesta
di
rinvio a giudizio, e due richieste di archiviazione
per
i parlamentari Pd Davide Zoggia e
Michele
Mognato. Le accuse – formulate dai
pm
Stefano Ancilotto, Stefano Buccini e Paola
Tonini
– variano dalla corruzione al finanziamento
illecito
dei partiti e in una dozzina di
pagine
viene descritto il sistema Mose, la più
ingegnosa
opera pubblica pensata in Italia, che
con
il suo sistema di paratie dovrebbe proteggere
Venezia
dall’acqua alta. Non l’ha protetta
di
certo da un giro di mazzette che, tra tangenti,
finanziamenti
elettorali e contratti fasulli, è costato
di
certo 22 milioni di euro ma, in realtà,
potrebbe
aver toccato il miliardo. A capo del
sistema
c’era Giovanni Mazzacurati, presidente
del
Consorzio Venezia Nuova, aveva incaricato
Luciano
Neri e Federico Sutto di costituire un
fondo,
incassando denaro contante da alcuni
consorziati,
tra i quali Piergiorgio Baita per
l’impresa
Mantovani e Alessandro Mazzi per
conto
della Grandi lavori Fincosit, per eludere i
controlli
corrompendo funzionari pubblici.
Esemplare
il caso di Patrizio Cuccioletta, accusato
di
aver ricevuto, attraverso il “fondo Neri”,
nella
sua qualità di presidente del magistrato
alle
Acque di Venezia, uno stipendio annuale
di
400mila euro, bonifici da 500mila euro
su
un conto in Svizzera, contratti di collaborazione
per
i suoi parenti, voli con aerei privati,
alloggi
e pranzi in alberghi di lusso a Venezia e
Cortina
d’Ampezzo. Allo stesso scopo, un altro
presidente
dell Magistrato delle Acque, Maria
Giovanna
Piva, tra il 2001 e il 2008, aveva ricevuto
un
altro stipendio annuo da 400mila
euro
più un incarico da collaudatore del Mose
per
ben 327mila euro. Il sistema Mose funzionava
così,
si oliava ogni passaggio destinato
al
controllo, e per la Corte dei Conti, secondo
l’accusa,
il “fondo Neri” foraggiava il magistrato
Vittorio
Giuseppone, che nel frattempo era
passato
dalla sezione di Venezia a quella di
Roma,
e incassava dai corruttori, con cadenza
semestrale,
uno stipendio annuo tra i 300 e i
400mila
euro dal 2000 al 2008. Ma il Mose era
anche
una vacca da mungere e, in questo caso,
a
guadagnare erano i politici. Giancarlo Galan
incassava
finanziamenti per le sue campagne
elettorali
e “faceva ristrutturare” la sua “villa
Rodella”,
a Cinto Euganeo, per un costo che
l’accusa
indica in 1,1 milioni di euro. A ottobre
Galan
ha patteggiato una pena di 2 anni e 10
mesi
e ha subìto una confisca per 2,6 milioni di
euro.
Restando nel centrodestra, l’indagine si
chiude
per l’ex europarlamentare di Forza Italia,
Lia
Sartori, accusata di aver incassato dal
Consorzio
Venezia Nuova, fuori bilancio, finanziamenti
elettorali
che, per se stessa e il
partito,
ammontano a 200mila euro.
ARCHIVIATE
invece le
posizioni dei parlamentari
veneti
del Pd Davide Zoggia e Michele Mognato.
Il
primo, fedelissimo di Pier Luigi Bersani,
compariva
anche in un “pizzino” seque -
strato
dalla Gdf, che lo vedeva destinatario di un
finanziamento
da 40mila euro per una campagna
elettorale
e altri 15mila euro come consulente
dal
Coveco: soldi che lo stesso Zoggia, al
Fatto
Quotidiano,
aveva ammesso d’aver incassato,
ma
registrandoli regolarmente. E infatti
non
è per questo che viene indagato, ma per le
dichiarazioni
dell’ex sindaco del Pd Giorgio Orsoni,
che
ha già patteggiato la condanna per i
soldi,
intascati in nero dal Consorzio, durante la
sua
campagna elettorale. Dichiarazioni che, però,
non
hanno trovato un sufficiente riscontro
probatorio.
L’accusa, archiviando la posizione
di
Zoggia e Mognato, descrive però un “sistema
di
perniciosa dissipazione di risorse pubbliche a
beneficio
delle forze politiche”. Tra le forze politiche
anche
il Pd e i tre pm descrivono un
“quadro
di diffusa illegalità” nel quale “gli esponenti
di
vertice dei locali partiti politici erano
soliti
farsi finanziare le campagne elettorali con
contributi
illecitamente corrisposti dal Consorzio
Venezia
Nuova e dalle società aderenti al
Consorzio”.
Il sistema non funzionava soltanto
per
il Pd e non soltanto a livello locale: “Il quadro
– continuano
i pm – è aggravato dalla circostanza
che
la scelta del presidente del consorzio,
di
finanziare sistematicamente tutti i
partiti,
indifferentemente dalla loro collocazione
politica
– sia che occupassero posizioni di
maggioranza
che di opposizione, sia a livello
locale
che nazionale – fosse strategica e finalizzata
all’acquisizione
e al consolidamento di
un
consenso politico trasversale”. Ma i pm devono
fermarsi
a Orsoni, perché è stato “difficile”
individuare
gli “ulteriori percettori finali delle
somme
illecitamente corrisposte”. “Una difficoltà
– continuano
- che comporta l’impossi -
bilità
di iniziare un’azione penale”, verso Zoggia
e
Mognato, per i quali non “sussistono – ri -
spetto
a Orsoni – eguali elementi” d’accusa e si
rifiutano
di applicare il “principio del non poteva
non
sapere”. Per i due viene quindi richiesta
l’archiviazione.
Ma resta che il Mose
rappresenta
“l’affresco allarmante, sintomatico
di
una sprezzante indifferenza non solo per la
legalità,
ma anche per la corretta destinazione di
beni
comuni, dirottati arbitrariamente e interessatamente
verso
utilizzazioni clientelari e di
favore”.
Un affresco, concludono i pm, che “è
solo
in parte vulnerato dalla difficoltà di individuare
con
precisione (al di là della chiara
posizione
del sindaco Orsoni) gli ulteriori percettori
finali
delle somme illecitamente corrisposte”.
Il
fatto quotidiano 21 febbraio 2015
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