Coglie
un fiore, rischia 3 anni
SOLTANTO
PER
AMORE
Il
mio assistito El Israel,
etiope,
è in Italia da tanti
anni.
Voleva soltanto
regalare
un oleandro
alla
sua ragazza. Così
si
spreca denaro pubblico
avv.
G. Arringhi
di
Tommaso
Rodano
Si
può finire a processo per aver rubato un fiore e rischiare tre
anni
di galera. Succede in Italia. Specie se sei un giovane immigrato
e
un’ipotesi così assurda fai fatica persino a immaginarla, e
declinarla
nella lingua del Paese dove hai scelto di ricominciare da
capo.
El Israel è nato in Etiopia e vive a Roma da tanti anni. Ne ha
trentanove.
La sua vita il 4 giugno 2011. Sta passeggiando in centro,
vicino
a via Cavour. La sua attenzione è catturata da una macchia di
colore
in un’aiuola. El Israel osserva l’oleandro, allunga la mano e
coglie
i fiori, spezzando involontariamente un paio di ramoscelli
della
pianta. È un regalo per la fidanzata. Hanno un appuntamento:
lei lo
aspetta di fronte alla stazione Termini. L’avrebbe raggiunta in
pochi
minuti. Non fa in tempo, due agenti assistono alla scena e lo
fermano:
lo identificano e scatta la denuncia a piede libero.
IL
DIRITTO – per quanto
possa sembrare assurdo – non fa sconti:
l’azione
penale è obbligatoria. Cogliere fiori da un giardino pubblico
non è
un atto di cavalleria, né al contrario, di superficialità o
maleducazione:
per la
legge è semplicemente un reato. “Danneggia -
mento
aggravato”, spiega Gianluca Arrighi, l’avvocato di El Israel.
“Sotto
il profilo formale, il magistrato non poteva richiedere l’ar -
chiviazione:
il codice di procedura penale per i maggiorenni non
prevede
l’irrilevanza del fatto, come avviene per chi ha meno di 18
anni.
Il danneggiamento è ‘aggravato’ perché l’ ‘oggetto’
rovinato –
la
pianta di oleandro – si trova su una strada pubblica”. Un “reato”
che
prevede pene da sei mesi a tre anni di reclusione, secondo l’ar -
ticolo
635 del codice penale. El Israel oggi vive a Firenze. Dopo la
denuncia
ha deciso di lasciare Roma. Fatica ancora a parlare italiano.
È
facile pensare che sia stato decisivo il suo essere straniero, di
colore
e
incapace di farsi comprendere,
di
fronte allo “zelo” dei poliziotti
che
l’hanno denunciato. Ma
questo
nessuno potrà dimostrarlo.
In
Italia, fiori a parte, non ha mai
commesso
un reato: è incensurato.
A
differenza di tanti connazionali
che
hanno sofferto e
sfidato
la clandestinità, è entrato
nel
Paese con le carte in regola.
Ha
lavorato ogni volta che ha
potuto.
Arrangiandosi, cambiando
di
continuo, ma sempre
in
modo regolare: ha fatto le pulizie
in
diverse case di Roma, è
stato
impiegato per un buon numero
di
ditte. Ora rischia di perdere
tutto,
compreso il permesso di soggiorno. Senza nemmeno capire
perché.
“Di certo le parole del diritto non aiutano – dice l’av -
vocato
– e la legge, a volte, non coincide con il buon senso”. Come ha
reagito?
“Era incredulo e impotente. Ha detto che avrebbe affrontato
il
processo, altro non può fare…”. Nel Paese delle prescrizioni
eccellenti
e
delle mille scappatoie per gli imputati facoltosi, se non sei
nessuno,
può rovinarti la vita anche una pianta di oleandro. “È grottesco.
In
quindici anni di processi penali non mi è mai capitato nulla
del
genere. Senza considerare lo spreco assurdo di tempo, energie e
denaro
pubblico per mettere in moto la macchina della giustizia; il
coinvolgimento
di pubblici ministeri, giudici, cancellieri e ufficiali
giudiziari”.
Il processo comincerà il 15 febbraio.
il Fatto quotidiano 25 gennaio 2014
Il fatto quotidiano 25 gennaio 2014
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