martedì 28 gennaio 2014

Legambiente: Italia indietro sulle bonifiche, un business da 30 miliardi di euro

Nel rapporto 'Bonifiche dei siti inquinati: chimera o realtà?', l'associazione ambientalista sottolinea come nel nostro Paese si trascuri l'importanza della riqualificazione del territorio. E ad avvantaggiarsene sono le organizzazioni criminali ROMA - In Italia il business legato alle bonifiche del territorio vale 30 miliardi di euro; a sostenerlo è Legambiente. Secondo l'associazione ambientalista, infatti, sarebbero in attesa di 'riqualificazione' circa 100 mila ettari di territorio inquinato, in 39 siti di interesse nazionale (Sin) e 6mila aree di interesse regionale. Tutti dati contenuti nel rapporto 'Bonifiche dei siti inquinati: chimera o realtà?'. La storia raccontata dall'associazione parla di "ritardi, inchieste giudiziarie e commissariamenti", tanto che "il risanamento in Italia sembra fermo a 10 anni fa, nonostante i drammatici effetti sulla salute" che in diverse zone mettono in pericolo la popolazione, "da Taranto a Crotone, da Gela e Priolo a Marghera, passando per la Terra dei fuochi".

Contro la "melina" intorno alle bonifiche e per "avviare concretamente i processi di risanamento ambientale in Italia", Legambiente presenta una decina di proposte come, ad esempio, garantire maggiore trasparenza sul Programma nazionale di bonifica, stabilizzare la normativa italiana, istituire un Fondo nazionale per le bonifiche dei siti. Ma anche sostenere l'epidemiologia ambientale, per una reale prevenzione, fermare i commissariamenti delle zone da bonificare e potenziare i controlli ambientali pubblici. Un'idea forte per tamponare gli abusi potrebbe essere quella d'introdurre i delitti ambientale nel codice penale, applicando il principio 'chi inquina paga' per il mondo industriale e ridimensionando il ruolo della Sogesid (la società pubblica attiva sulla gran parte dei Sin) per far sì che il ministero e gli altri enti di supporto riprendano appieno le loro competenze.

Anche perché, la trascuratezza e il mancato impegno per la riqualificazione dei siti, non solo significa gettare al vento la possiiblità di guadagno per le imprese e per le casse dello stato. Perché le organizzazioni criminali sono in agguato e non possono che esultare per le mancate bonifiche. Per Legambiente, infatti, c'è un concreto "rischio ecomafie in tutta Italia" anche in questo settore. A dirlo sono i numeri: dal 2002 sono state concluse 19 indagini (l'8,5% del totale delle indagini contro i trafficanti di rifiuti) ed emesse 150 ordinanze di custodia cautelare; 550 persone sono state denunciate e 105 aziende sono state coinvolte in traffici illegali di rifuti.

Nel report si attira l'attenzione sulle possibilità di infiltrazioni ecomafiose nel settore bonifiche. Un fenomeno che, a differenza di quanto si possa pensare, non riguarda solo le regioni del sud Italia. Da molti anni, infatti, così come avviene per tutte le manovre illecite anche per le bonifiche c'è il coinvolgimento del centro-nord come luogo di smaltimento illegale dei rifiuti speciali e pericolosi, come dimostra la recentissima indagine su Pioltello (vicino Milano) che ha portato all'arresto di due dirigenti di Sogesid e di altre quattro persone. Per avere un'idea della vastità del fenomeno basterebbe, comunque, guardare alla distribuzione geografica delle inchieste: da Alessandria a Bari, da Bologna a Brescia, da Grosseto a Milano, da Trapani a Udine, a Venezia. http://www.repubblica.it/ambiente/2014/01/28/news/rapporto_legambiente_bonifiche_siti_inquinati_ecomafie-77111205/?ref=HRLV-16

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