mercoledì 8 febbraio 2012

il prezzario degli aiuti: pala, esercito per chi è in difficoltà con la neve

ITALIA NEL GELO
Il prezzario degli aiuti
di MICHELE SERRA
Volete uno spalatore? Costa settanta euro al giorno. Più vitto e alloggio. Se gli date voi la pala, c'è uno sconto: solo sessanta euro al giorno. Sono prezzi di mercato. Né alti né bassi. Non fosse che lo spalatore in questione è un soldato dell'esercito italiano, e a pagargli la diaria sono i sindaci dei paesi sommersi dalla neve. Che guardano desolati le loro casse vuote.
E spesso (è accaduto nell'Appennino marchigiano) sono costretti a rinunciare a soccorsi che sono sì di Stato, ma a pagamento.
È una delle tante smagliature, disfunzioni, assurdità emerse in questi giorni di tormenta. Se il bene pubblico è anche protezione civile, viabilità, trasporti, sanità d'emergenza, la discussione su quello che non ha funzionato non può che essere anche una discussione sullo stato del bene pubblico in questo Paese. Già stressati dal Patto di stabilità, e azzoppati da quel do di petto della demagogia che è stata l'abolizione dell'Ici, gli enti locali italiani sono poveri, comunque più poveri di prima. D'altra parte, è molto probabile che anche le Forze armate, al netto dei miliardi di euro per i nuovi cacciabombardieri (ma quelle, si sa, sono cose che volano molto più in alto), debbano far quadrare i loro faticosi conti quotidiani. E muovere un camion pieno di soldati, costa. Così in questi giorni è stato tutto un fibrillare di fax, con richieste di aiuto contraccambiate dall'invio di minuziosi preventivi: costiamo tot con la pala, tot senza pala, vitto e alloggio a carico vostro. Fino a che, messi in allarme dalle polemiche, dal ministero della Difesa hanno fatto sapere, nella serata di ieri, che si sarebbero rivalsi non sui poveri sindaci, ma su "altri ministeri": pagamento, dunque, alle calende greche, come si usa nella pubblica amministrazione...
Fa una certa impressione doversi accorgere che, sotto i colpi della crisi, anche lo Stato e i suoi apparati perdono coesione, e in qualche modo si corporativizzano. Comuni contro Protezione civile, Regioni contro Ferrovie dello Stato e Enel, sindaci che denunciano l'esosità dell'Esercito, minacce reciproche di class action, ognuno che lamenta mancanza di mezzi e di denaro e tagli ai bilanci, ma tende a mettere tra parentesi i tagli ai bilanci altrui. Il mugugno non sempre giustificato dei cittadini (un conto sono i pericoli veri e le privazioni dure, un conto i disagi climatici che in pochi sembrano ormai disposti a sopportare) ha trovato sponda nel mugugno e nelle divisioni di governanti e amministratori in polemica tra loro. Non un bello spettacolo, nel bel mezzo di un'emergenza severa ma non così catastrofica quanto parrebbe da una rappresentazione mediatica parecchio enfatica, che aggiunge metri d'ansia ai metri di neve.
Nevicate del genere accadono due o tre volte per secolo, sono dunque a memoria d'uomo, e ogni generazione può confrontarle tra loro, rievocarle, raccontarle. Portano isolamento, lentezza, difficoltà logistiche, qualche dramma (gli anziani infartuati mentre spalano la neve, i malati che non possono avere soccorso), ma anche coscienza della potenza indomabile della natura, e coesione sociale tra chi si porta reciprocamente aiuto e conforto. Non per caso, mentre il racconto dei grandi terremoti e delle grandi alluvioni è soprattutto un racconto di morte e disperazione, quello delle grandi nevicate è più mite, più rassegnato. Fanno parte del racconto e dell'epica di ogni comunità, la grande nevicata del '29, quella dell'85, quella del '12 che è la nostra e rischia di passare alla storia, purtroppo, soprattutto per l'acidità scomposta delle reazioni, e per l'impreparazione complessiva della mano pubblica. Disabituata, anche lei, a tenere in mano una pala.(07 febbraio 2012) © RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.repubblica.it/dal-quotidiano/retroscena/2012/02/07/news/il_prezzario_degli_aiuti-29458101/

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