Napoli e Caserta, tumori in aumento nella terra delle ecomafie Il caso di Palma Campania è solo l’ultima storia delle ecomafie che hanno devastato una terra. Gli ultimi dati chiariscono la portata di una vera e propria peste in Campania. Sono contenuti in uno studio realizzato dall’Istituto Pascale, da Aldo Vecchione, direttore scientifico, Maurizio Montella, direttore della struttura di epidemiologia, Anna Crispo, ricercatrice della struttura di epidemiologia.
In Campania, in particolare in provincia di Caserta e Napoli, si muore di più di tumore rispetto al resto di Italia. Il report è stato realizzato attraverso un’analisi dei dati Istat relativi alle schede di morte individuale con diagnosi di tumore dal 1998 al 2008. Quello che emerge è che “In Italia – si legge nel dossier – negli anni ottanta la mortalità per tumore era più alta al nord rispetto al sud. Nell’ultimo ventennio questo divario è diminuito per il risultato combinato di stabilizzazione nel nord ed un incremento nel Sud”. Questa volta nessuna previsione, parlano i dati e raccontano del disastro campano.
Il confronto viene realizzato attraverso il tasso standardizzato che è il rapporto tra tumori e popolazione. Dall’analisi emerge che negli anni 1988-1990 il tasso di mortalità in Italia per tutti i tumori nei maschi era di 316.1, nelle donne 210.9. In quel periodo si attestava a Napoli e provincia a 235.1 e 136.2; per Caserta e provincia 225.7 e 116.7. Per capire la variazione rispetto al dato nazionale, basti considerare il periodo 2003-2008. I tasso in Italia è di 328 per gli uomini, 231.5 per le donne, mentre in provincia di Napoli si raggiunge 345.9 negli uomini e 191.1 nelle donne, a Caserta e provincia 289.8 e 154.9, rispettivamente. In percentuale, denuncia lo studio, in provincia di Napoli si è avuto un incremento del 47% negli uomini e del 40% nelle donne, a Caserta un incremento del 28,4 negli uomini e del 32,7% nelle donne. Per singolo tumore si segnala il dato del colon-retto, nel triennio 88-90 negli uomini si riscontra un tasso di 17.1 in provincia di Napoli, di 31.3 nel periodo 03-08, aumento analogo anche a Caserta. I tassi italiani, per lo stesso tumore negli stessi periodi, sono stabili. L’aumento riscontrato è particolarmente drammatico per alcuni tumori ed in netta controtendenza non solo con i dati italiani ma anche i dati delle altre provincie della regione Campania che hanno tassi stabili e ancora inferiori al dato nazionale.
Ad incidere sulle patologie gli stili di vita, ma non si può trascurare il fattore ambientale, gli aumenti si registrano nelle province più devastate da scarichi e smaltimenti illegali di rifiuti tossico nocivi, dato ormai acquisito da indagini, riscontri e racconti dei pentiti. “Questa è una tendenza negativa– spiega Maurizio Montella al Fattoquotidiano.it – che è un grido d’allarme. L’eccesso di mortalità si configura come un problema sociale e ambientale, oltre che sanitario. I dati parlano da soli. In questi anni l’ecosistema è stato distrutto, questa alterazione ha una traduzione nei dati che parlano di un record di tumori nelle province più colpite dal fenomeno ecomafie. Un fenomeno di vasta dimensione e gravità che richiede interventi urgenti”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/18/napoli-caserta-tumori-aumento-nella-terra-delle-ecomafie/192224/
Vallo di Lauro, la superstrada dei clan. E dell’amianto
Oggi è un cumulo di terreno compattato coperto da erbaccia che percorre le campagne. Doveva essere una superstrada di collegamento tra i paesi del Vallo di Lauro e l’A30, l’autostrada Napoli-Caserta. Un’arteria, ma soprattutto una via di fuga in caso di eruzione del Vesuvio. Invece, è una discarica di pattume tossico. Non è una semplice incompiuta, un’opera pubblica da 50 milioni di euro (40 per i due lotti oggetto di indagine) lasciata in abbandono. La strada è una bomba ecologica a cielo aperto: dentro c’è l’amianto, sostanza cangerogena. Lo scrive il Gip collegiale (D’Urso, Chiaromonte, Giordano) del Tribunale di Napoli che accogliendo le richieste della Procura, pm Simona Di Monte, ha mandato in carcere, nei giorni scorsi, imprenditori, autisti delle ditte di trasporto. E poi Antonio Iovino, capo dell’associazione a delinquere, già condannato per camorra, uomo del clan Fabbrocino, egemone nel vesuviano. Le ecomafie del terzo millennio esprimono il loro potenziale in questa storia che intreccia il traffico illecito dei rifiuti, la frode in pubbliche forniture, la truffa ai danni dello Stato: inquinamento e soldi. I soldi venivano accumulati attraverso la vendita di materiale per la costruzione del rilevato al costo di un euro a metro cubo, a fronte dei 6-8 euro di mercato. Un prezzo concorrenziale, facilmente spiegabile: quel materiale era scadente, “roba gialla”, “roba nera fetente” come si dicevano al telefono i responsabili che avevano la preoccupazione di occultarlo per evitare problemi nelle verifiche.
Ora resta un problema, chi bonifica quell’area? “ Noi abbiamo scritto a tutti perché si metta in sicurezza il sito – denuncia l’assessore all’ambiente del comune di Palma Campania Filippo Carrella – ma nessuno interviene”. La regione Campania e la provincia di Napoli hanno risposto che la competenza è del Ministero dell’Ambiente, quest’ultimo ha chiarito che i soldi sono finiti. Anche la Procura di Napoli con propri consulenti sta operando, in ordine al piano di caratterizzazione predisposto da Impresa Spa, per le opportune verifiche ambientali.
Il sistema della cricca dei rifiuti era ben rodato. Iovino era riuscito, attraverso prestanome, ad aggirare le misure di prevenzione patrimoniale e mantenere nel campo della fornitura di materiale da costruzione il monopolio nel nolano. L’imprenditore camorrista teneva in scacco le ditte di subappalto e le riforniva con materiali scadenti. Il progetto prevedeva un tracciato di 8 km con un’altezza fino a 8 metri, l’intera area di cantiere realizzata è pari a due chilometri e il rilevato è stato realizzato con 200mila metri cubi circa di materiale non “assolutamente idoneo per lo scopo in quanto non dotato dei requisiti minimi”.
L’appalto indetto dalla Vallo di Lauro spa, società consortile a prevalente capitale pubblico, era stato assegnato, nel 2006, alla Impresa srl, gruppo imprenditoriale romano. “Nonostante – scrive il Tribunale – alcuni evidenti negligenze nelle verifiche ascrivibili ai soggetti che dovevano controllare i lavori come i geometri Gaito e Torre, è emerso che la Impresa Spa è certamente stata danneggiata dalla condotta dei responsabili delle società subappaltanti (Arcater e Arcatrans)”. Le indagini condotte dai carabinieri di Nola e dagli uomini della Dia di Napoli, guidati dal capocentro Maurizio Vallone hanno portato, nei giorni scorsi, all’arresto di 14 persone, altre 25 sono indagate e al sequestro di 5 aziende riconducibili a Iovino. Gli arresti fanno seguito al sequestro del sito operato dagli inquirenti già nel gennaio 2010.
Sul rilevato stradale prima si vedevano i detriti, plastica, ferro, affioravano pezzi di eternit, oggi è tutto coperto da erbaccia. Nell’ordinanza del gip si riportano le analisi dell’Arpac, l’agenzia di protezione ambiente di Salerno che ha confermato come nei campioni analizzati sul posto ci fosse “ la presenza di amianto”. Il consulente della procura, il dottor Poto, ha chiarito che il materiale utilizzato “era costituito prevalentemente da rifiuti classificabili sia come speciali pericolosi sia come speciali non pericolosi, tra cui: pietrame di varia natura, scarti di lavorazione edili derivanti da demolizione di edifici, frammenti di eternit di dimensioni variabili, frammenti di asfalto, frammenti di guaina bituminosa, materiale plastico bruciato, materiale plastico in genere, frammenti di vetroresina, contenitori per prodotti chimici, tubazioni in pvc e metalli per impianti idrici, contenitori per siringhe, pneumatici”.
Quella che doveva essere la base per la realizzazione di una superstrada è un ammasso di munnezza tossica, una vera e propria discarica non autorizzata.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/18/vallo-lauro-superstrada-clan-dellamianto/192216/
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