martedì 14 febbraio 2012

approfondimenti sentenza di condanna eternit amianto

Torino “Casale rappresenta il mondo”. La sentenza più attesa dai familiari di 3000 vittime La giuria ha condannato a 16 anni Schmidheiny e de Cartier, proprietari dei 4 stabilimenti in Italia. Romana Blasotti, presidente dell'Associazione familiari e vittime dell'amianto: "Forse, finalmente, ci sarà un po' di pace" C’era grande attesa questa mattina al palazzo di giustizia di Torino per la sentenza del processo Eternit. Lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Luois de Cartier, proprietari in periodi diversi della società di produzione dell’amianto con 4 stabilimenti in Italia (Casale, Cavagnolo, Rubiera, Bagnoli), sono stati condannati per disastro ambientale doloso permanente e omissione dolosa di misure di sicurezza. Il pm Raffaele Guariniello ha chiesto per loro 20 anni di carcere per aver “agito e perseverato nell’agire” con la consapevolezza che avrebbero provocato una tragedia tra i lavoratori e gli abitanti dei comuni in cui sorgevano i loro stabilimenti. E la sentenza li ha condannati a 16 anni. Almeno 1800 le vittime e i malati nella sola Casale Monferrato, paese della provincia di Alessandria.

Sono arrivati da tutto il mondo per la sentenza, da Francia, Belgio, Inghilterra, Svizzera, Brasile. Le delegazioni di ex lavoratori e familiari, nella speranza che il caso italiano faccia giurisprudenza in tutto il mondo, anche dove l’amianto si lavora ancora, come in sud America. La legislazione francese non prevede l’imputazione penale per disastro ambientale doloso, né la possibilità di class action, perciò i tribunali sono intasati da più di 15mila cause civili. L’atmosfera dell’attesa, fin dalle prime ore del mattino, era tutta nei rappresentanti dell’associazione francese dei familiari, Andeva, che si sono lasciati fotografare davanti al Palazzo di giustizia con le dita alzate verso il cielo, in segno di vittoria. “Signor Stefhan Schmidheiny il vostro posto è in prigione” è scritto su un volantino distribuito dal comitato svizzero Caova.

“L’aspettativa è grande”, spiegava Romana Blasotti, presidente dell’Associazione familiari e vittime dell’amianto. “Ho passato la vigilia avendo in testa, negli occhi e nel cuore tutte le vittime casalesi. La nostra associazione conta 1700 famiglie. Forse, finalmente, anche per loro ci sarà un po’ di pace”. La signora Blasotti ha perso cinque familiari a causa della “polvere”, il nome con cui chiamano l’amianto a Casale, l’ultima è stata sua figlia. “Il pensiero di aver giustizia sarebbe per noi il coronamento di 30 anni di lotta. Penso in particolare alle nuove generazioni, a tutti i malati e le vittime di quest’anno, che continuano a crescere e hanno tutti più o meno la stessa età: sono i ragazzi che hanno giocato negli oratori, nei campi di football, per le strade, respirando l’aria di Casale”.

Di fronte al vertice dell’azienda Eternit, che si è concesso per anni il lusso del dubbio sugli effetti delle polveri killer, questa mattina hanno parlato le centinaia di familiari, giunti con i pullman dai comuni del casalese, ma anche dalla Campania e dall’Emilia Romagna, dove sorgevano le altre fabbriche. Ognuno di loro ha una storia, un lutto da raccontare. C’è anche chi si presenta con la tuta da lavoro, con tanto di logo dell’azienda incriminata. “Lavorare in Eternit era considerata una fortuna – racconta una signora – . Quando è morto mio padre la parola mesotelioma non la conosceva nessuno. Qua in aula gli imputati hanno detto che la colpa era degli operai che non si pulivano la tuta prima di tornare a casa”.

In aula, in prima fila, anche il Procuratore Gian Carlo Caselli e i sindaci con le fasce tricolori. I parenti si sono distribuiti in diverse aule, appositamente predisposte per contenere tutti. Per avere un’idea dei numeri basta pensare alle circa 6mila parti civili e 2857 parti lese. Ma sono intervenuti in molti, studenti e semplici cittadini, per manifestare solidarietà ai parenti. “Abbiamo sentito il calore che ci arrivava dalla presidenza della Repubblica fino al sindaco del più piccolo comune del casalese – dice il pm Guariniello – . Casale oggi rappresenta il mondo, perché nel mondo si è usato l’amianto. Ci sono tanti morti per causa d’amianto che finiscono negli archivi degli ospedali senza che nessuno faccia giustizia. Ecco, questo processo dimostra che è possibile fare giustizia. Le istituzioni hanno capito che questi sono processi di fondamentale importanza” .

Questa mattina, prima della sentenza, era prevista la replica dell’avvocato Zaccone, ma la difesa ha rinunciato.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/13/casale-oggi-rappresenta-mondo-processo-eternit-attesa-sentenza/190922/
Amianto, la strage continua: il picco previsto nel 2015. E in India lo lavorano in casa Il processo di Torino riguarda oltre duemila decessi, ma sono decine di migliaia le vittime non censiste: 120 mila all'anno secondo l'Onu. In Italia il numero maggiore di morti per mesotelioma pleurico è previsto per il 2015-2020. Ma la fibra killer continua a essere utilizzata senza precauzioni in molti paesi emergenti Una fitta improvvisa dietro la schiena. E’ questa, in molti casi, la prima avvisaglia del mesotelioma pleurico, il tumore inguaribile provocato dall’inalazione di fibre di amianto. Il collegamento diretto e univoco tra la sostanza e la malattia è scientificamente provato da molti anni e non più oggetto di discussione, neppure nelle aule di tribunale.

Il processo di Torino riguarda 2.191 morti, la maggior parte dei quali di Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, ma la strage dell’amianto conta decine di migliaia di vittime in tutto il mondo, impossibili da quantificare con esattezza perché non sempre i dati vengono registrati e censiti, neppure in Italia. L’Ilo, l’agenzia del lavoro dell’Onu, stima 120 mila decessi all’anno. E, soprattutto, la strage non è ancora finita. Le ricerche dimostrano che possono passare diversi decenni dall’inalazione della fibra di minerale (potenzialmente ne basta una sola) e lo sviluppo del tumore. A Casale Monferrato ha suscitato grande commozione il caso di Maria Luisa Minazzi, assessore comunale molto impegnata nella battaglia contro l’amianto, morta di mesotelioma nel 2010. Non lavorava alla Eternit ma, come ha ricordato in tante interviste, da bambina giocava in giardino su cumuli di fibre, come fossero sabbia.

L’Istituto superiore della Sanità stima che in Italia il picco di mortalità per malattie legate all’amianto si avrà tra il 2015 e il 2020. Quando a morire saranno i più giovani tra gli operai delle fabbriche, ma anche i bambini degli anni Sessanta-Settanta cresciuti tra tettoie e tubature in eternit (il composto di cemento e amianto inventato dall’ominima azienda svizzera proprietaria dello stabilimento di Casale), diffusissime ovunque.

Ma Casale e gli altri centri dove si lavorava la fibra minerale, molto utilizzata in edilizia e nell’isolamento antincendio, sono una storia a parte. La polvere killer non restava confinata nella fabbrica, ma si spargeva in tutta la cittadina, per esempio durante il trasporto e lo scarico delle forniture. Non solo. A Casale la Eternit usava regalare ai dipendenti gli scarti di lavorazione, che diventavano “ghiaietta” in giardini e cortili. A Monfalcone, in provincia di Gorizia, dove l’amianto era utilizzato in gran quantità nei cantieri navali per coibentare l’interno delle navi e in funzione antincendio, si sono ammalate le mogli di molti operai, per il solo fatto di aver maneggiato le tute da lavoro intrise di polvere, per lavarle. Il processo per omicidio colposo contro una trentina di dirigenti di Fincantieri e di ditte esterne è in corso a Gorizia.

In Italia la lavorazione e l’utilizzo dell’amianto sono banditi dal 1992, ma l’operazione di bonifica dei manufatti esistenti appare un’impresa impossibile, tale è stata la diffusione di questo materiale. Ma in altri paesi del mondo le fibre continuano a essere estratte e maneggiate. Cina, Kazakistan, Brasile e Russia sono i principali produttori mondiali di minerale. Il civile Canada è nel mirino di campagne internazionali (qui il sito dell’organizzazione Ban Asbestos, in inglese) perché continua a cavare il minerale per esportarlo nei paesi in cui la tutela della salute non è una priorità. Come l’India, dove le fibre killer spesso sono lavorate in casa da donne e bambini.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/13/amianto-strage-continua-picco-previsto-2015-india-lavorano-casa/190941/

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