sabato 20 dicembre 2014

Amianto, De Benedetti verso il processo I PM CHIEDONO L’IMPUTAZIONE PER GLI EX VERTICI OLIVETTI: ACCUSE DALLE LESIONI COLPOSE ALL’OMICIDIO COLPOSO

Andrea Giambartolomei
Torino
Sulle morti e le malattie provocate
dall’amianto all’Olivetti la
procura di Ivrea va a fondo. Ieri
mattina i pubblici ministeri Lorenzo
Boscagli e Laura Longo hanno
firmato la richiesta di rinvio a giudizio
per 33 indagati e chiesto l’a rchiviazione
per cinque persone (un
indagato è morto nei giorni scorsi).
Il vaglio fatto dalla Procura della
Repubblica di Ivrea, alla luce delle
memorie difensive presentate, non
ha consentito di effettuare una richiesta
di archiviazione se non per
posizioni marginali”, ha dichiarato
il procuratore capo Giuseppe Ferrando.
Nei prossimi giorni il gip
Alessandro Scialabba dovrebbe fissare
una data per l’udienza preliminare.
I DIFENSORI NON HANNO ancora
informazioni per i loro clienti, ma
da quanto trapelato risulterebbe che
la richiesta di rinvio a giudizio sia
arrivata per l’ex presidente Carlo De
Benedetti, il fratello Franco Debenedetti
e il figlio di Carlo, Rodolfo (a
capo della Cir), di Corrado Passera
(ad dal 1992 al 1996) e di Roberto
Colaninno (successore di De Benedetti
a Ivrea). Colaninno e Marco
De Benedetti sarebbero indagati solo
per lesioni colpose, mentre tutti
gli altri dovranno rispondere anche
dell’accusa di omicidio colposo plurimo.
Sono 13 i casi di ex dipendenti della
Olivetti morti per mesotelioma, carcinomi
e asbestosi, patologie provocate
dall’amianto, mentre due
persone convivono con questi mali.
L’Olivetti non era come l’Eternit di
Casale Monferrato,
ma l’amianto era
presente. Fino al
1986 gli operai lo
trovavano come talco
per assemblare le
parti in gomma e in
metallo oppure per
far scorrere i fili
elettrici nelle macchine.
Lo si trovava
pure in lastre e rivestimenti
nei capannoni
di San Bernardo
d’Ivrea, di Scarmagno o
Aglié, o nei controsoffitti nel Palazzo
Uffici, nelle Officine H, nella
mensa delle Officine Ico e nel Centro
Studi. I dirigenti sarebbero stati a
conoscenza del problema. Nei 25
faldoni dell’indagine ci sono molti
documenti che lo dimostrano. C'è
una lettera dell’ingegnere Piero
Abelli, ex capo del Servizio ecologia
e sicurezza sul lavoro, che esprimeva
i suoi timori sull’eventuale intervento
della giustizia: “In merito al piano
di togliere l’amianto dalle Officine
H, faccio osservare che a fronte di
un sopralluogo, certo, della Usl 24,
ci troviamo con metà
officina occupata
e con la finitura
d’amianto non in
buono stato. Questo
pone il grosso rischio
di una segnalazione
alla Magistratura.
Riflettiamo”.
L’ingegnere
Abelli, deceduto,
conosceva il problema
da tempo, come
lo conosceva il suo
predecessore, Maria Luisa Ravera
(indagata in questa inchiesta) e lo
conoscevano pure i sindacati che
negli anni Ottanta avevano denunciato
pubblicamente la questione.
Eppure qualcuno non ha rimediato:
sarebbe una “colpa consistita in negligenza,
imprudenza e imperizia e
comunque nell’omessa adozione
delle misure e della necessaria vigilanza”,
scrivevano i pm Boscagli e
Gabriella Viglione, nell’avviso di
conclusione delle indagini di fine
settembre.
IERI UN PORTAVOCE di Carlo De
Benedetti ha fatto sapere che “per
quanto di sua competenza, nel periodo
di permanenza in azienda,
l’Olivetti ha sempre prestato la massima
attenzione alla salute e alla sicurezza
dei lavoratori, con misure
adeguate alle normative e alle conoscenze
scientifiche dell’epoca”. Il
suo successore Colaninno ha dichiarato
che dal settembre 1996
non è mai stata portata alla mia
attenzione alcuna problematica relativa
alla presenza di amianto nei
luoghi di lavoro”.

il fatto quotidiano 20 dicembre 2014

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