Ilva, il gip respinge il piano dell’azienda. Proclamato uno sciopero per due giorni
Il giudice Todisco dice no all’Ilva: "Non c'è spazio per proposte al ribasso". I lavoratori protestano: "Noi non siamo contro la magistratura. Vogliamo che lo Stato ci dia risorse". Clini: "Mi auguro che questa decisione non interferisca con la legge"
Il piano dell’Ilva di Taranto “è inadeguato“, “non c’è spazio per proposte al ribasso” e i beni in gioco, come la salute, l’ambiente, lo stesso diritto al lavoro, “non ammettono mercanteggiamenti”. Il no del gip Patrizia Todisco all’Ilva è arrivato, è nero su bianco, depositato in cancelleria. Il gip si allinea al no già espresso qualche giorno fa dalla Procura. “La richiesta dell’Ilva è sconcertante” scrive il gip. “E’ inaccettabile”, secondo il giudice, il ragionamento dell’Ilva che “ha chiesto l’autorizzazione all’attività produttiva, non quantitativamente precisata, finalizzata sostanzialmente alla sostenibilità e alla realizzazione del risanamento, come se ci fosse una inesigibilità economica”.
Il magistrato ha respinto anche le richieste di rimessione in libertà avanzate dai legali di Emilio eNicola Riva, ex presidenti dell’Ilva, e di Luigi Capogrosso, direttore fino allo scorso mese di giugno dello stabilimento siderurgico tarantino (sono tutti agli arresti domiciliari dal 26 luglio). L’accusa per tutti gli indagati, a vario titolo, è di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico.
Sotto il profilo dei sequestri è un doppio no quello del magistrato: all’istanza con cui l’Ilva aveva chiesto la possibilità di continuare a produrre, sia pure ad un passo di marcia ridotto, e al piano aziendale da 400 milioni di euro relativo agli investimenti per mettere a norma lo stabilimento e abbattere le emissioni inquinanti. Primi investimenti, ha detto sempre Ferrante, in attesa di avere il quadro della nuova Autorizzazione integrata ambientale e quindi programmare altri investimenti e ulteriori spese.
Da qui partirà la reazione del ministro dell’Ambiente Corrado Clini: “Chiederemo subito il rispetto dell’Aia”. “In base alla legge italiana in applicazione della direttiva europea – ha aggiunto Clini – il ministro dell’Ambiente è l’autorità competente per l’AIA, che rappresenta il documento di autorizzazione all’esercizio degli impianti industriali nel rispetto delle norme per la tutela dell’ambiente e la salute”. L’Aia, ha aggiunto, “avrà le prescrizioni puntuali per l’adeguamento degli impianti di Taranto agli standard stabiliti dalla commissione Ue e che dovranno essere rispettati a partire del 2016 ma che noi chiederemo all’Ilva di applicare da subito”. Clini però risponde anche al gip: “Il ministro dell’Ambiente – dice – non fa mercato, interviene a difesa della salute della popolazione”.
I sindacati, nel frattempo, hanno indetto due giorni di sciopero. Si terranno domani e venerdì: il primo turno dalle 9 sino a fine turno, per otto ore invece il secondo e terzo turno. Analoga protesta anche venerdì. Lo sciopero è stato proclamato da Fim Cisl e Uilm. La Fiom parla di “esasperazione all’interno della fabbrica2. Nel pomeriggio nella sede di Confindustria, a Taranto, si terrà un incontro tra il presidente dell’Ilva, sindacati e Confindustria. La riunione era stata convocata già ieri.
Clini: “Il ministro non fa mercato, difende la salute della gente”
“Mi auguro” che la decisione del gip “non interferisca con la procedura prevista dalla legge italiana”, ossia che il ministro dell’Ambiente “rilasci l’autorizzazione ambientale integrale”. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini risponden così al question time sull’Ilva. Clini ha sottolineato che “in questi giorni” sarà completata “l’istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale. Avrà le prescrizioni puntuali per l’adeguamento degli impianti di Taranto agli standard stabiliti dalla Commissione europea e che dovranno essere rispettati a partire dal 2016. Noi chiederemo all’Ilva di cominciare a rispettare questi standard adesso, cioè con 4 anni di anticipo”.
“Mi auguro” che la decisione del gip “non interferisca con la procedura prevista dalla legge italiana”, ossia che il ministro dell’Ambiente “rilasci l’autorizzazione ambientale integrale”. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini risponden così al question time sull’Ilva. Clini ha sottolineato che “in questi giorni” sarà completata “l’istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale. Avrà le prescrizioni puntuali per l’adeguamento degli impianti di Taranto agli standard stabiliti dalla Commissione europea e che dovranno essere rispettati a partire dal 2016. Noi chiederemo all’Ilva di cominciare a rispettare questi standard adesso, cioè con 4 anni di anticipo”.
Poi una replica a distanza al gip che parla nel provvedimento di “mercanteggiamenti”. “Il ministro dell’Ambiente non fa mercato”, ma interviene “a difesa della salute della popolazione”, puntualizza. “Noi stiamo facendo una cosa che in Europa ancora non esiste, ci sarà dal 2016 – aggiunge Clini – parlando degli standard degli impianti – Questo non è mercato ma il modo corretto di intervenire a difesa della salute della popolazione. Quello che mi auguro è che la decisione presa dal gip non interrompa il percorso avviato dal ministero”. Clini ribadisce che l’Aia avrà “prescrizioni sull’adeguamento degli impianti agli standard più recenti, alcuni sono gli stessi proposti da Ilva negli interventi urgenti”.
“Aspetto di leggere il documento del gip – ha continuato il ministro – con il quale è stata respinta la proposta di Ilva per un primo intervento urgente nelle aree dello stabilimento più critiche, che prevede investimenti per 400 milioni di euro e mi auguro che questa iniziativa non interferisca con la procedura prevista dalla legge che noi intendiamo rispettare puntualmente e che stabilisce che il ministro dell’Ambiente rilasci l’autorizzazione integrale ambientale”. Il ministro assicura che “stiamo lavorando in modo responsabile. Mi auguro che tutte le istituzioni abbiano lo stesso senso di responsabilità. Siamo impegnati ormai da più di due mesi senza sosta per cercare di dare tecnicamente, e che sia poi certificabile, una risposta alla domanda di salute della città di Taranto, garantendo la continuità della produzione”.
L’ennesimo no al piano
Il “Piano di investimenti immediati” redatto dall’Ilva è stato consegnato il 18 settembre scorso dal presidente Ferrante in procura. Il piano non è piaciuto da subito: non convinse neppure i sindacati, che già il 18 settembre all’uscita dall’incontro con Ferrante che glielo aveva presentato, giudicarono “inadeguate” le risposte dell’azienda rispetto alle indicazioni operative già allora formulate dalla Procura. Poi, il piano non è piaciuto agli ingegneri-custodi giudiziari Barbara Valenzano,Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, che il 20 settembre si espressero per una bocciatura sostanziale in un documento contenente una relazione tecnica e consegnato al procuratore di Taranto, Franco Sebastio, e ai pm che si occupano dell’inchiesta per disastro ambientale a carico dell’Ilva. Il giorno dopo giunse il “no” della procura sia al piano sia alla richiesta aziendale di mantenere una capacità produttiva minima per tenere in equilibrio la tutela dell’ambiente e del lavoro.
Il “Piano di investimenti immediati” redatto dall’Ilva è stato consegnato il 18 settembre scorso dal presidente Ferrante in procura. Il piano non è piaciuto da subito: non convinse neppure i sindacati, che già il 18 settembre all’uscita dall’incontro con Ferrante che glielo aveva presentato, giudicarono “inadeguate” le risposte dell’azienda rispetto alle indicazioni operative già allora formulate dalla Procura. Poi, il piano non è piaciuto agli ingegneri-custodi giudiziari Barbara Valenzano,Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, che il 20 settembre si espressero per una bocciatura sostanziale in un documento contenente una relazione tecnica e consegnato al procuratore di Taranto, Franco Sebastio, e ai pm che si occupano dell’inchiesta per disastro ambientale a carico dell’Ilva. Il giorno dopo giunse il “no” della procura sia al piano sia alla richiesta aziendale di mantenere una capacità produttiva minima per tenere in equilibrio la tutela dell’ambiente e del lavoro.
Cosa prevede il piano
Il piano consegnato dall’azienda prevede un impegno finanziario di 400 milioni di euro, 146 dei quali già impegnati per interventi in corso o programmati. Troppo poco, sembra a tutti coloro che si sono espressi negativamente. Troppo scarsi gli investimenti previsti soprattutto rispetto alla direttiva consegnata poche ore prima, la sera del 17 settembre, dai custodi giudiziari all’azienda, nella quale si indicavano dettagliatamente tutti gli interventi da eseguire per risanare l’area a caldo del Siderurgico.
Il piano consegnato dall’azienda prevede un impegno finanziario di 400 milioni di euro, 146 dei quali già impegnati per interventi in corso o programmati. Troppo poco, sembra a tutti coloro che si sono espressi negativamente. Troppo scarsi gli investimenti previsti soprattutto rispetto alla direttiva consegnata poche ore prima, la sera del 17 settembre, dai custodi giudiziari all’azienda, nella quale si indicavano dettagliatamente tutti gli interventi da eseguire per risanare l’area a caldo del Siderurgico.
Gli interventi previsti dall’azienda nel Piano avrebbero una durata variabile da un anno, per i più semplici, a quattro anni per quelli più complessi. La vera novità del Piano aziendale riguarda i parchi minerali, per i quali l’Ilva ha affidato uno studio finalizzato ad un progetto di copertura dell’area (70 ettari).
Questo piano prospetta lo stop di cokerie, degli altiforni 1 e 5, dell’acciaieria 1. Stop preliminare ai lavori di messa a norma. Invece per l’altoforno 3, che è già fermo, i custodi chiedono o dismissione o rifacimento. Ed è temendo l’avvio concreto di questo piano che ieri sera un gruppo di lavoratori è salito su una torre dell’altoforno 5 a 60 metri di altezza, rimanendovi tutta la notte, alternandosi in gruppo.
Clima teso, proteste, sciopero della fame e della seteE’ sempre più teso, intanto, il clima dentro e fuori lo stabilimento siderurgico. Stamani 9 operai sono saliti sulla passerella in cima al camino E312 dell’area agglomerato dove si sono incatenati esponendo tre striscioni di protesta. I nove operai si aggiungono ai gruppi – cinque a turno – che da ieri sera si stanno alternando in presidio sulla torre di smistamento dell’altoforno 5, il più grande d’Europa, uno degli impianti sotto sequestro perché inquinanti. L’altoforno 5, con l’altoforno 1, secondo le disposizioni dei custodi giudiziari, va spento e sottoposto a rifacimento. Uno dei manifestanti dell’Afo5 ha consegnato una lettera al segretario provinciale della Uilm di Taranto, Antonio Talò. “Aiutateci, non spezzate il mio futuro”, scrive tra l’altro l’operaio. Gli operai sulla passerella del camino hanno annunciato lo sciopero della fame e della sete.
In fabbrica, vicino alla direzione di stabilimento, almeno un centinaio di lavoratori si è radunato in attesa della decisione del gip; un presidio di operai c’è anche all’esterno della fabbrica. E’ in corso una riunione delle segreterie provinciali di Fim, Fiom e Uilm per decidere le iniziative da intraprendere. Per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, quello dell’Ilva “è un problema drammatico, un problema che sarà dieci volte più grave di quello della Fiat in termini di impatto sociale, di perdita della ricchezza, di occupazione e di competitività di questo paese”. “Magari – ha aggiunto Angeletti – se ci fosse una certa proporzione di attenzione tra quello che avviene all’Ilva e quello che avviene alla Fiat questo Paese andrebbe un po’ meglio”.
L’operaio a Clini: “Quanto vale la mia vita?”“Vorrei sapere dal ministro Clini e da Riva: quanto vale la mia vita e quanto vale quelle dei miei figli?” chiede Cataldo Ranieri, un operaio dell’Ilva componente del Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti che, insieme con un gruppo di compagni di lavoro, si trova davanti allo stabilimento. “Noi non siamo contro la magistratura – chiarisce - Vogliamo che lo Stato ci dia risorse per fare acciaio pulito come accade nel resto d’Europa, e non bastano 400 milioni di euro. Non siamo noi di certo – aggiunge – a volere la chiusura dello stabilimento, è Riva che vuole la chiusura se non mette i soldi. E chi non mette i soldi per far si che i nostri colleghi, che noi tutti, non si muoia a 50 anni: ogni giorno noi qui, vediamo davanti alla fabbrica manifesti listati a lutto. Questo è giusto?”.
“La protesta degli operai? Esprime l’esasperazione in fabbrica”La Fiom appare preoccupata. Il segretario provinciale Donato Stefanelli denuncia che “1uello che è accaduto, con la decisione di alcuni operai, di salire sull’altoforno e il camino è l’espressione della esasperazione che c’è in fabbrica”. “Si tratta – ha aggiunto – di manifestazioni incontrollate. Poco fa, alcuni operai sono saliti anche sulle passerelle della batterie e poi sono scesi, e siamo preoccupati, siamo preoccupati per la situazione di pericolo in cui si possono trovare questi operai”.
“E’ arrivato il momento – dichiara il sindacalista – di fare le assemblee e decidere insieme ai lavoratori cosa fare. Non è più rinviabile”. Secondo il segretario provinciale della Fiom, inoltre, “non bisogna bloccare la città, tra i lavoratori e la città bisogna costruire ponti del dialogo”. Di qui un appello forte alla città: “Non bisogna lasciare soli questi lavoratori. E’ il momento di parlarsi e non di contrapporsi; occorre il dialogo e non bisogna scavare le trincee”.
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