mercoledì 16 luglio 2014

Caltagirone ecologista, ma solo all’occorrenza IL PALAZZINARO USA LA STAMPA PER UNA CAMPAGNA CONTRO LO STADIO DELLA ROMA

Caltagirone ecologista, ma solo all’occorrenza
IL PALAZZINARO USA LA STAMPA PER UNA CAMPAGNA CONTRO LO STADIO DELLA ROMA, CHE SARÀ COSTRUITO SUI TERRENI DEL RIVALE PARNASI
ANTICHE RUGGINI
Anche sugli affari
per il trasferimento
della Provincia
i quotidiani
avevano utilizzato
lo stesso metodo
di Sandra Amurri
La lotta è tra due costruttori
romani: Luca Parnasi
alla conquista della Capitale
e Francesco Gaetano Caltagirone
che la Capitale non
ha mai smesso di conquistarla.
Il nodo del contendere: la
realizzazione del nuovo stadio
della Roma a Tor di Valle,
affidata a Parnasi che ha fatto
scoprire a Caltagirone non di
essere figlio dei fiori, sarebbe
troppo, ma degli ecologisti sì.
Tanto da sfoderare con la sua
portaerei, Il Messaggero, uno
dei più grandi attacchi mediatici
contro lo Stadio della
Roma di Tor di Valle che verrà
costruito da Parnasi che,
ahilui, non possiede giornali.
Luca Parnasi, figlio del comunista
ultraottantenne
Sandro, amico di Alfio Marchini,
candidato contro Ignazio
Marino, con la sua Parsitalia
è partito da Euroma 2,
per poi passare alle due torri
dell’Eur, i 250 mila metri
quadrati di abitazioni e negozi
del terzo polo commerciale
a Pescaccio, ai 10 mila
metri quadrati di case della
Città del sole in quella che era
l’auotorimessa dell’Atac a Tiburtina
fino ad arrivare allo
stadio della Roma a Tor di
Valle progettato dall’a r c h itetto
americano Dan Meis. E
Francesco Gaetano Caltagirone,
si sa, è uno degli imprenditori
edili più ricchi
d’Italia con interessi nel
mondo. Di dividere la torta
non se ne parla e se qualcuno
ci mette le mani i suoi giornali
gridano che è avariata,
un po’ come la storiella della
volpe e l’uva acerba.
Così il Messaggero diventa la
voce dello scandalo. Che si
tratti di un’opera complessa e
anche rischiosa non vi è dubbio
ma far finta che a denunciarlo
non sia il giornale di
proprietà di un signore che
ha le mani nella stessa pasta,
che di scempi taciuti sulla coscienza
ne ha tanti, è impossibile.
COME QUANDO il Comune,
guidato da Alemanno, provò
a vendere il 21 per cento delle
quote pubbliche di Acea, società
municipalizzata per i
servizi di acqua ed energia a
Caltagirone. L’acqua, un bene
comune privatizzato, cui i
giornali di Caltagirone non si
appassionarono altrettanto.
La rivalità tra i due è una storia
vecchia, che si ripete ogni
volta che Parnasi parte per
nuove conquiste, iniziata
quando Zingaretti annunciò
la sua candidatura a sindaco
di Roma. Il primo attacco
sferrato da Il Messaggero e da
Leggo fu contro la decisione
della Provincia, da lui governata,
di acquistare dalla società
Parsitalia (una controllata
di Parnasi), per 260 milioni
un grattacielo all’Eur
dove trasferire gli uffici di Palazzo
Valentini. Fiumi di inchieste
sul giornale allora diretto
da Mario Orfeo: “È uno
spreco di denaro pubblico
senza precedenti visto che le
province verranno abolite.
Secondo le stime degli esperti
e degli addetti ai lavori il prezzo
totale di 263 milioni di euro
è sopravvalutato tra il 50 e
il 60 per cento”. A seguire il
malcontento dei sindacati in
difesa dei dipendenti trasferiti
a sud di Roma: “Un errore
dal punto di vista finanziario
e organizzativo”, tuonava su
Il Messaggero Franco Fiorini,
segretario Cisl di Roma.
IN REALTÀ l’apertura della
nuova sede ha garantito ai dipendenti
l’asilo nido, la palestra
e la mensa aziendale,
navette di collegamento con
le stazioni più vicine della
metropolitana e ha prodotto
un risparmio di almeno 5 milioni
di euro l’anno.
Torniamo allo stadio della
Roma. Non meno di cinque
giorni fa la cronaca di Roma
de Il Messaggero apriva con
Fermate l’ecomostro”:
un’intervista a Edoardo Zanchini,
vicepresidente nazionale
di Legambiente per spiegare
di aver chiesto al Campidoglio
di “intervenire immediatamente
per fermare
l’operazione” denunciando
che “accanto al progetto per
lo stadio sono spuntati uffici
per 920 mila metri cubi, costruzioni
turistico-alberghiere
per 48 mila, aree commerciali
ristoranti e bar per 62.
Qui c’è un’operazione immobiliare
da 700 milioni di euro
dai contorni poco chiari”.
Batti e ribatti il ferro è diventato
incandescente. L’assesso -
re all’Urbanistica del Comune
di Roma, Giovanni Caudo,
ha detto “fermi tutti”, nonostante
l’opera fosse considerata
dal Campidoglio un fiore
all’occhiello: “287 milioni di
euro sborsati dai privati senza
un euro a carico del Comune”.
Uno a zero per Caltagirone.
In attesa che l’arbitro fischi
la fine, la partita continua
sulle pagine de Il Messaggero,

di Caltagirone, ça va sans dire. il fatto quotidiano 16 luglio 2014

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