mercoledì 16 luglio 2014

MERCI SU ROTAIA, RENZI COLPISCE SOLO I PRIVATI Il decreto competitività elimina un vecchio sussidio

BINARI Il decreto competitività elimina un vecchio sussidio
per il prezzo dell’energia, ma i benefici ci sono solo per le Fs

di Daniele Martini
Secondo Wikipedia,
la competitività “è la
capacità di un’azienda,
di un ente pubblico o di
un territorio di fornire
beni o servizi concorrenziali”.
Se è così, allora
il decreto battezzato
dal governo di Matteo
Renzi della “competitività”
(il numero 91)
usurpa il titolo. Almeno
per quel che riguarda il
trasporto delle merci su
ferrovia. Invece di mettere
sullo stesso piano
tutti gli attori di quel
segmento economico, il
provvedimento crea figli
e figliastri.
I figli, anzi, il figlio è la
divisione merci di Trenitalia
delle Ferrovie
dello Stato, i figliastri le
aziende private. Forse
con l’intenzione di dare
un aiutino al disastrato
cargo delle Ferrovie
pubbliche precipitato
da 63 milioni di treni a
chilometro del 2008 a 28
milioni l’anno passato,
il governo azzoppa i privati
cresciuti nello stesso
periodo da 3 a 13 milioni.
Il risultato è che il
trasporto merci italiano,
già piccolo di suo, rischia
di diventare un
nano. E con esso i porti
che con il trasporto
merci su ferrovia vivono
in un rapporto simbiotico.
La genesi del decreto ha
un antefatto nobile: la
volontà del governo di
cancellare un anacronistico
vantaggio concesso
alle Ferrovie per il
prezzo dell’elettricità. È
una storia vecchia di
mezzo secolo, risalente
ai tempi della nazionalizzazione
dell’energia
elettrica. Le Ferrovie
erano proprietarie di
numerose centrali, soprattutto
idroelettriche,
ma dovettero cederle allo
Stato che in cambio
accordò alle Fs uno
sconto sul prezzo dell'elettricità.
Di quel privilegio
dopo tanto tempo
non si ricordava più
quasi nessuno, ma alla
ricerca di risparmi il governo
Renzi ha deciso di
cancellarlo. Il problema,
però, è che per sopprimere
un’assurdità, il
governo ne ha creata
un’altra.
IL DECRETO stabilisce
che lo sconto non valga
più per le aziende ferroviarie
che svolgono servizi
a mercato. Tutte le
aziende, sia pubbliche
sia private. Nel trasporto
viaggiatori vengono
messe sullo stesso piano,
per esempio, l’alta velocità
delle Ferrovie statali
che è a mercato, ma pubblica,
con l’alta velocità
dei privati della Ntv di
Luca Cordero di Montezemolo
e Diego Della
Valle. E fin qui tutto bene,
anche se, è facile prevederlo,
i biglietti delle
Frecce e dei treni Italo
saranno aumentati. Il
decreto prevede, però,
che lo sconto resti in vigore
per il servizio ferroviario
universale, cioè
per quei treni che viaggiano
in perdita non riuscendo
a ripagarsi da soli
con i biglietti e le tariffe
e che quindi lo Stato sovvenziona.
E qui cominciano
i guai. Sia nel settore
viaggiatori sia in
quello merci il servizio
universale è svolto dalle
Ferrovie pubbliche. Nel
settore passeggeri esistono
anche alcune
aziendine non Fs, ma le
Fs agiscono quasi in
beata solitudine e il problema
della concorrenza
non si pone. Per le merci,
invece, il discorso è
diverso perché in questo
ambito ci sono numerose
società private. La
conseguenza è che nel
settore merci solo le Ferrovie
statali continuano
a beneficiare dello sconto
elettrico, mentre i privati
vengono bastonati.
Secondo i calcoli di Fercargo,
l’associazione diretta
da Giacomo Di Patrizi
che raggruppa le
aziende del trasporto
merci private sia italiane
sia straniere, l’aumento
scaricato sui privati dal
governo è considerevole,
120 milioni di euro
l’anno, con un aumento
del costo a chilometro
da 3 a 4 euro. Un incremento
del 10 per cento
rispetto al fatturato e ciò
metterebbe a rischio il
lavoro di centinaia di
ferrovieri. L’aumento
punisce anche i porti italiani
da dove le merci
vengono spedite via treno
verso Svizzera, Austria
e Germania del sud
e che stavano riconquistando
competitività nei
confronti degli scali del
nord Europa sempre più
congestionati e costosi.
Sarà una coincidenza,
ma l’aggravio di 120 milioni
di costi imposto ai
privati coincide proprio
con la somma che ogni
anno da più di un decennio
lo Stato sborsa a Trenitalia
proprio per il pagamento
del servizio
universale merci. Cifra
che l’Unione europea
intende cancellare considerandola
un aiuto di
Stato mascherato.
il fatto quotidiano 16 luglio 2014


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