sabato 24 settembre 2011

nucleare, traffici radioattivi sospetti nell'Europa dell'est

Alessandro De Pascale
WIKILEAKS. Europa Orientale e Africa preoccupano gli Usa. Colpa di «governi corrotti» e polizie «impreparate», denuncia la Clinton. I sequestri aumentano ma non gli arresti dei contrabbandieri.

La lettura dei cable diffusi da Wikileaks sul traffico di materiale radioattivo è un tuffo in una trama degna di un film di James Bond. Si parla di trafficanti, faccendieri, intermediari, telefonate intercettate e trattative con gli agenti segreti di mezzo mondo per prendere in consegna il plutonio o l’uranio arricchito contrabbandato. Ma anche di fotografie analizzate dagli esperti statunitensi, richieste di informazioni scritte direttamente dal Segretario di Stato, Hillary Clinton (il corrispettivo negli Usa del nostro ministro degli Esteri). Cablogrammi rigorosamente segreti che soltanto a cavallo tra il 2009 e il 2010 coinvolgono 8 Paesi del mondo che segnalano il ritrovamento di composti nucleari. A quel punto gli Usa intervengono subito, assistendo con uomini e mezzi le autorità locali. La preoccupazione che il materiale radioattivo possa finire nelle mani sbagliate ed essere utilizzato dai regimi, dai gruppi terroristici oppure dalle fazioni ribelli per produrre una "bomba sporca" in grado di contaminare decine di migliaia di persone resta altissima negli Usa.

Nel luglio 2009 Washington viene avvisata dal Burundi Intelligence Service di Kigobe che è stato «trovato un contenitore metallico arancione e rosso con maniglia» che riporta la sigla «U-A238». Le autorità locali del piccolo Stato africano «affermano che un imprenditore del posto aveva cercato di venderlo ai loro 007 che lavoravano sotto copertura». Il 2 luglio agenti segreti Usa incontrano i loro omologhi nella capitale Bujumbura «al piano superiore della sede dell’Intelligence Service». Perché il contenitore radioattivo è stato portato in quell’edificio. Gli americani commentano: «Non è un luogo particolarmente sicuro, tuttavia essendo una struttura nuova ben costruita è molto probabile sia una delle migliori del Paese». Peccato che «l’Intelligence Service Burundese (Snr) si rifiuta di consegnare il materiale» agli Usa.

A dicembre dello stesso anno, sempre a Bujumbura, scatta un secondo allarme. Le autorità Usa vengono avvertite che «a Nawab Chakaar c’è un uomo che sta cercando di vendere una bomboletta che riporta la sigla U-238». Sulla base delle prime informazioni raccolte «il materiale si trova da qualche parte a Uvira, a circa due ore dalla Capitale». Quella bomboletta è già in giro da tempo, perché un funzionario del Burundi (corrotto?) ha verificato sia la radioattività, tramite un contatore Geiger, che il peso: 20 chili». A cercare di venderlo, «un subappaltatore di una miniera d’oro in Tanzania, attraverso un tour operator». L’unico nome comunicato è quello del «dottor Salvator Kamanyero (Agenzia Relief Africa)». La speranza degli Usa è che «non cada in mano ai terroristi o al governo locale corrotto».

Qualche mese prima, nell'aprile 2009, era stata la volta dell'Etiopia. Sul tavolo dell'intelligence Usa arrivano le foto di «un contenitore cilindrico radioattivo di colore giallo che riporta la scritta in inglese "made in Urss"». Anche se in questo caso Washington teme sia «una truffa, con la quale le autorità locali cercano di ottenere maggiori risorse». Anche le autorità della Namibia, contattano gli agenti Usa nel gennaio 2009 per segnalare un possibile contrabbando di materiale atomico. «Un funzionario del ministero della Salute di nome Turk Cloete chiama per comunicare che ha scoperto del Cesio-137 che potrebbe essere usato per creare una "bomba sporca"». Il materiale è stato «rinvenuto in seguito ad un'incidente d'auto» ma poi quando gli Usa comunicano che i propri agenti si stanno «preparando a intervenire», il funzionario «si scusa, dice di essersi sbagliato e riattacca il telefono».

Nel febbraio 2009 è la volta della Georgia. Gli Stati Uniti ritengono sia un Paese a rischio e hanno fornito agli agenti di polizia centinaia di contatori portatili per misurare la radioattività. L’8 febbraio una pattuglia è nei pressi dell’aeroporto Kopitnari di Kutaisi, seconda città del Paese, quando uno di questi dispositivi inizia a suonare. Vengono chiamati i locali servizi segreti, che per arrivare dalla capitale Tiblisi «impiegano 24 ore». Gli 007 trovano del «Cesio-137, sepolto a circa 50 metri dalle abitazioni». In zona il livello di radiazioni è di «0,25 sievert che per un essere umano significano 25 raggi X l’ora». Gli esperti concludono che «era stato sottorrato di recente» e la Clinton si lamenta: «Non erano preparati ad un intervento tempestivo e non hanno condotto indagini per capire a chi apparteneva».

Nell’estate 2008 si era già verificato un altro episodio grave. Il 26 agosto «un auto con a bordo tre cittadini armeni era entrata nel Paese dal valico di Sadakhlo ed era scattato l’allarme radiazioni». Il conducente si era giustificato «dicendo di aver da poco subito un intervento chirurgico e lo avevano lasciato passare». Il giorno dopo la stessa auto torna in Armenia e scatta di nuovo l’allarme. «La polizia arresta gli occupanti che però vengono rilasciati perché nonostante il veicolo sia contaminato di Cesio-137 ormai a bordo non c’è più nulla». Sul caso è «al lavoro l'Fbi che collabora alle indagini del governo armeno». In quegli stessi mesi, dal Portogallo viene segnalato che degli «ex generali russi stanno rivendendo tramite un mediatore di nome Orlando delle lastre di uranio da 25 chili». A Washington arrivano anche le foto del materiale.

Per quanto riguarda l'Asia, nell'ottobre 2009 arriva una segnalazione dettagliata dell'Ufficio droga e crimine delle Nazioni Unite (Unodc) che riguarda il Laos. Il materiale «proveniene dell'India» tanto che il prezzo è «in rupie». A contrabbandarlo «un gruppo contraddistinto dall'acronimo Tnls8». Sul tavolo del Dipartimento di Stato diretto dalla Clinton arrivano anche foto e numeri di telefono delle persone coinvolte. Le immagini mostrano «un pacchetto con etichetta in lingua inglese» che contiene «37,5 chilogrammi di materiale». I trafficanti «chiedono 450mila dollari, circa 12mila dollari al chilo». Per capirci qualcosa in più intervengono gli 007 Usa.

Sempre ad Est, in Russia i doganieri segnalano invece «due o tre autovetture caricate su un treno e provenienti dal Kazakistan cariche di Cobalto-60. Un gran numero di persone sul convoglio è stato esposto alle radiazioni». L’ultimo importante sequestro di uranio arricchito risale invece al novembre 2007, quando nella Repubblica Slovacca ne viene sequestrato quasi mezzo chilo. Il mese prima 007 sotto copertura «ne avevano comprati due grammi» per analizzarli. Una volta testata la “merce” erano così riusciti ad arrestate quattro persone, tra cui un militare russo. É proprio per cercare di limitare questi traffici che gli Usa firmano da anni accordi bilaterali, come quello del progetto Megaports (vedi Terra del 9 settembre scorso) che prevede l’installazione di scanner per rilevare la radioattività in 100 scali del mondo, compresi 4 porti italiani.
http://www.terranews.it/news/2011/09/traffici-radioattivi-nuovo-boom-dall%E2%80%99est

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