sabato 24 settembre 2011

Frosinone: Cassino, Pignataro, discariche tossiche nella terra avvelenata

Vincenzo Mulè, Andrea Palladino
LA STORIA. Tra Cassino e Pignataro, in provincia di Frosinone, le aree agricole sono contaminate dai tanti invasi predisposti per l’emergenza. Anni di abbandono, incuria e veleni.
http://www.terranews.it/news/2011/09/finte-bonifiche-e-discariche-tossiche-nella-terra-avvelenata
Giovanni, pastore di Cassino, la sua storia non l’ha potuta raccontare. Mercoledì è morto di tumore all’età di sessantasei anni. Per più di un decennio ha portato le sue pecore al pascolo tra le campagne al confine tra Cassino e Pignataro, nella zona conosciuta come Interamna, la terra tra i due fiumi. Qui, nel pieno della Ciociaria meridionale, all’inizio di Terra di lavoro, nel giro di un solo chilometro ci sono due discariche ormai dismesse. Due bombe ecologiche, innescate per anni, poste a qualche decina di metri da terre coltivate a mais, costeggiate dai pozzi di irrigazione, che sfiorano i tubi per l’aspirazione del percolato.

Giovanni aveva lanciato l’allarme l’otto febbraio del 2005, quando si era recato al Corpo forestale dello stato di Frosinone: «Alla discarica Paccioni – raccontò Giovanni – dal 2000 al 2003 mi ricordo di copiose fuoriuscite di liquido nero, il quale si è sparso nei terreni sottostanti, fino al fosso». Percolato che – secondo il suo racconto – sarebbe entrato in contatto con il complesso sistema idrico della zona, che, attraverso i fossi, alimenta le falde, utilizzate per l’irrigazione. Proseguiva così il racconto di Giovanni, che con i ricordi arriva agli anni ‘90: «Tra il 1996 e il 1998 c’era un allevamento di bufale di fianco alla discarica di Paccioni e vi fu un rapido ed anomalo deperimento degli animali, che morirono».

La discarica Paccioni è una discarica ormai chiusa da anni. In teoria bonificata nel 2000, ma il collaudo presentato dieci anni fa è stato ritenuto dalla Procura di Cassino un “falso ideologico“. Un processo ormai chiuso, per prescrizione del reato nel 2006, quando il Pm Beatrice Siravo ha chiesto ed ottenuto l’archiviazione del procedimento penale, pur ammettendo che «attualmente sussiste pericolo di danno ambientale».

Visitando la discarica di Paccioni il potenziale pericolo è immediatamente visibile. Non esiste un sistema per la gestione del biogas e i dai pozzi che sovrastano le due vasche realizzate dal 1994 al 2000 è facilmente visibile il percolato, il liquido nero che il pastore Giovanni vedeva sgorgare dalla collina artificiale di rifiuti. Questo è uno dei tanti invasi realizzati a metà degli anni ‘90, quando la regione Lazio viveva in piena emergenza. Il primo gestore fu la Cic di Vittorio Ciummo, l’imprenditore del settore ambientale arrestato recentemente dalla Procura di Latina per un appalto sulla raccolta nel comune di Minturno. Il primo invaso, il più antico, venne realizzato nel 1994 ed accolse i rifiuti del comune di Cassino. Nel settembre del 1995 la Cic venne sostituita dalla torinese De Vizia, che realizzò il secondo invaso.

Nell’agosto del 1996 la discarica inizia a servire il consorzio del basso Lazio, fino alla sua chiusura, avvenuta pochi mesi dopo. Dieci anni fa sarebbe dovuta avvenire la bonifica, la cui certificazione è stata però contestata dalla Procura di Cassino. Intanto le pecore, le bufale e gli altri animali che passavano nei pascoli sfiorati dai due invasi iniziavano a morire, ad ammalarsi o a diventare sterili, come conferma anche Renzo Renzi, il proprietario dei terreni, ceduti ai gestori dei rifiuti quindici anni fa.

L’ultimo sopralluogo è di meno di due mesi fa. Il 3 agosto l’Arpa Lazio ha voluto verificare le condizioni della ex discarica. Una lunga visita, durata più di cinque ore, che è servita confermare come nel luogo persistano ancora elementi di minaccia ambientale. Un verbale duro nei confronti della Saf (Società ambiente Frosinone), ultimo gestore del sito, accusata di diverse inadempienze. Prima fra tutte la mancata «rimozione della vegetazione infestante dell’intero sito, compresa la scarpata morfologica». Una richiesta avanzata dalla stessa Arpa nel maggio del 2011, e la cui inadempienza ha «ostacolato in parte la verifica dei luoghi». Non abbastanza, comunque, per non registrare che «all’interno del pozzo di raccolta del percolato a servizio della Vasca II è presente del prodotto il cui livello si attesta a circa 2 m dal piano di calpestio».

Nel verbale viene registrata anche una imbarazzata replica del rappresentante della Saf, secondo il quale «si era ritenuto, evidentemente erroneamente, che fosse sufficiente rendere accessibile il perimetro della discarica».
Il sopralluogo evidenziò anche come «non è stato possibile rilevare la presenza di sistemi di captazione del biogas in coincidenza della vasca II, mentre nella vasca I è presente un tubo avente la presumibile funzione di captare il biogas al cui interno ristagna del liquido e da cui non si percepiscono emissioni odorigene; nell’intero sito non si avvertono, comunque, odori riconducibili ad emissioni di biogas». Insomma, un sistema fantasma secondo l’Arpa. Sotto accusa anche il sistema di impermeabilizzazione della prima vasca dell’ex discarica dalla quale «emergono lembi di telo di plastica nero spesso lacerati fecenti parte di fogli che appaiono non saldati tra loro, in merito ai quali non è possibile definire la funzione originaria».

Basta scendere un chilometro, verso il fiume Liri per incontrare la discarica di Facciano, in piena zona agricola nel comune di Pignataro, la cui bonifica è in questi giorni ancora in corso. Dal 2000 era rimasta sostanzialmente abbandonata, come raccontano le cronache locali e gli abitanti della zona. Dieci anni vissuti pericolosamente, con i pozzi d’irrigazione dei campi che ancora oggi prelevano l’acqua ad una decina di metri dalla terra che chiude l’invaso. E con il fiume pericolosamente vicino, pronto, in caso di esondazione, a raggiungere l’invaso.

Casi isolati? No, secondo lo stesso assessore provinciale di Frosinone Fabio De Angelis, che lo scorso aprile ammetteva: «Tutti i siti presenti in provincia versano nella stessa pericolosissima condizione».

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