L'EREDITA'
di Sigfrido RanucciIn onda domenica 2 novembre 2008 ore 21.30
ambiente
Spegnere le centrali dopo che il referendum dell'87 aveva abrogato il nucleare è costato agli italiani circa 9 miliardi di euro. Soldi usciti dalle tasche delle famiglie con le bollette della luce per risarcire l'Enel del mancato guadagno e per mantenere in sicurezza gli impianti, che dopo 20 anni sono ancora lì con tutto il loro carico radioattivo. Un'eredità che nessun governo fino a oggi ha saputo affrontare. Ci avrebbe dovuto pensare la Sogin, una società pubblica, nata nel 1999 al momento della privatizzazione da una costola dell'Enel. Il nucleare era un ramo morto dell'azienda e presentarsi agli azionisti con un fardello simile significava partire con il piede sbagliato, meglio accollarlo alle famiglie. Ma fino a oggi la Sogin ha solo provveduto ad allontanare le barre di combustibile dagli impianti e neppure da tutte. Nella piscina della centrale di Caorso ce ne sono circa 700, l'equivalente di 1.300 kg di plutonio. Altre 47 barre, contenenti 150 kg di plutonio sono in quella di Trino Vercellese: entrambe sono sulla riva del fiume più grande d'Italia. Nella centrale del Garigliano non sanno più dove mettere i rifiuti, in quella di Borgo Sabotino hanno il problema della grafite radioattiva che non si può spostare se non si trova il sito definitivo. A La Casaccia a 25 chilometri da Roma c'è il più grande deposito di rifiuti radioattivi d’Italia, circa 7 mila metri cubi ed è al limite. Ci sono poi 5 kg di plutonio che possono essere usati per fini militari e che da due anni sono in un deposito dove l'impianto antincendio, dopo aver provocato un'esplosione, deve ancora essere omologato. All'Itrec di Rotondella, vicino Matera, da 30 anni un impianto è attivo solo per mantenere in sicurezza le barre di uranio e torio che gli americani ci hanno lasciato in custodia e di cui non sappiamo cosa farne. A Saluggia l'impianto si trova sul greto della Dora Baltea, in un sito che si è allagato tre volte in 15 anni. Ma il problema più grande l'hanno avuto per lo svuotamento di una vecchia piscina che dal 2004 perdeva liquido radioattivo minacciando la falda: avrebbe causato, secondo la testimonianza di un operatore intervistato da Report, un centinaio di casi di contaminazione interna. Alla fine sul nostro territorio si contano oltre 30 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, che diventeranno 120.000 dopo lo smantellamento delle centrali previsto per il 2020. Tutta roba che dovrebbe essere seppellita in un deposito nazionale. Nel 2003, dopo il fallimento di Scanzano Jonico, il governo Berlusconi aveva dichiarato che sarebbe stato ultimato entro dicembre 2008. Mancano 2 mesi alla scadenza e del deposito nemmeno l'ombra. Tutto questo mentre la giostra del nucleare si prepara a ripartire...
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sabato 1 novembre 2008
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