domenica 6 luglio 2014

6 MILIONI DI ITALIANI VIVONO ACCANTO A BOMBE ECOLOGICHE LO STUDIO SENTIERI: + 90% DI TUMORI IN DIECI ANNI le bonifiche mai fatte, Valle del Sacco

LE 57 TARANTO D’ITALIA
BONIFICHE MAI FATTE
E MALATTIE IN AUMENTO
ALMENO UN SITO PER REGIONE, LA MAGGIOR PARTE AL NORD:
6 MILIONI DI ITALIANI VIVONO ACCANTO A BOMBE ECOLOGICHE
LO STUDIO SENTIERI: + 90% DI TUMORI IN DIECI ANNI
di Marco Palombi
Ci siamo spesso occupati, e a ragione,
nella settimana appena trascorsa della
situazione di Taranto: inquinamento,
morti, vite sequestrate dalle polveri,
istituzioni prigioniere della propria inconsistenza,
un rapporto perverso tra Stato e grandi
aziende che sopravvive sull’equivoco della scelta
obbligata tra vita e lavoro. Eppure quel che
abbiamo raccontato per Taranto può essere
moltiplicato almeno per 57 (e questo senza tener
conto dei siti militari). La mappa che vedete
accanto è infatti quella delle Taranto sparse per
l’Italia: almeno una per regione, la maggior parte
nel Centro-Nord. Tecnicamente si chiamano
SIN, siti di interesse nazionale: sono quel che
resta di qualche decennio di industria chimica,
di petrolio, di metallurgia, di una vecchia fiducia
nel progresso buono di per sé. Ora stanno
lì, spesso abbandonati, e continuano in silenziosa
osmosi a vendicarsi della terra che li ospita
senza che nessuno - governo, regioni, privati -
faccia niente. Anzi no, per non generalizzare va
detto che Mario Monti è riuscito a ridurli di ben
18 unità: non facendo le bonifiche, per carità,
ma semplicemente affidando 18 bombe ecologiche
alla cura delle regioni e togliendola a quella
dello Stato (nella cartina, le vedete in rosso).
Un pezzo di decrescita non proprio felice in
quello che fu chiamato decreto Crescita. Fuori
dalle magie burocratiche, però, fanno sempre
57 siti e - se si eccettua l’Acna di Cengio, in
Liguria, e poco altro - non c’è uno di questi posti
in cui si possa dire che siano iniziati davvero i
lavori di messa in sicurezza del territorio.
NON SOLO TARANTO e Brindisi in Puglia, non
solo Priolo e Gela in Sicilia, non solo Bagnoli o il
martoriato litorale Domizio: ci sono Brescia,
Mantova, Trieste, Trento, Massa Carrara, Milano
e Sesto San Giovanni, Fidenza, Venezia, la
laguna di Grado e decine di altri luoghi che l’im -
maginario collettivo non associa a disperazione
e morte. La pianura padana e persino su fino alle
Alpi sono punteggiate di Sin. Circa sei milioni di
italiani – facendo un conto a spanne – vivono in
zone contaminate, in cui l’incidenza delle malattie
è straordinariamente più rilevante che nel
resto della penisola. Un solo dato. L’ultimo aggiornamento
dello studio Sentieri (acronimo
che sta per Studio Epidemiologico Nazionale dei
Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio
da Inquinamento) rivela che nei Sin i tumori
sono aumentati fino al 90% in soli dieci anni
(almeno a stare ai dati dei 18 siti in cui esiste il
Registro dei tumori, che pure sarebbe obbligatorio
per legge). Anche i ricoveri in eccesso aumentano
esponenzialmente: a Milazzo (+55%
per gli uomini e +24% per le donne) e a Taranto
(+45 e +32), ma pure nella ricca Brescia dell’area
Caffaro (+79 e +71%) e ai Laghi di Mantova (+84
e + 91), a pochi chilometri dalle dolcezze metafisiche
del Festivaletteratura.
Di fronte a questi dati, correre a bonificare sarebbe
una priorità morale, oltre che un obbligo
di legge, eppure non c’è traccia di fretta nell’at -
teggiamento delle autorità. I soldi pubblici sono
pochi e spesso male usati (alla Procura di Palermo
è aperta un’inchiesta sull’uso dei fondi
europei per le bonifiche in Sicilia), i responsabili
privati difficilmente pagano per i danni arrecati
alla collettività.
Forse il motivo risiede nel fatto che a scorrere
l’elenco delle aziende coinvolte si trova un bel
pezzo del capitalismo che opera in Italia: oltre
all’Ilva, l’Eni (un po’ dovunque nella penisola),
l’Enel, la Ies a Mantova, Thyssen Krup a Terni,
Nuovo Pignone e Solvay in Toscana, Erg, Tamoil,
Eternit, la Saras dei Moratti in Sardegna.
DI FRONTE a questa situazione “la reazione dei
governi, invece di far rispettare la legge, è quella
di cercare un’alleanza con la grande industria”,
dice Angelo Bonelli, portavoce dei Verdi italiani:
In una serie di provvedimenti si è cercato, con
la scusa delle semplificazioni, di ridurre la portata
del principio ‘chi inquina paga’, caricando
sulla collettività spese che andrebbero sostenute
da chi è responsabile del problema”. Enrico Letta
tentò il colpo di mano diretto proprio sulle
bonifiche dei Sin, ma pure il governo di Matteo
Renzi non sembra essersi liberato dalla sindrome
dell’appeasement con la grande industria:
Nell’ultimo decreto Ambiente firmato dall’at -
tuale ministro Gian Luca Galletti – spiega Bonelli
si alzano i livelli tollerati di inquinamento
per i siti militari col risultato che ora le bonifiche
in molti posti si potrà evitare di farle addirittura
per legge. E pure sugli scarichi in mare si consente
di elevare i limiti in rapporto alla produzione:
quando in futuro andremo a chiedere agli
inquinatori di bonificare le acque, ci diranno che

hanno inquinato a norma di legge”. il fatto quotidiano 6 luglio 2014


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