L’ARRESTO
DEL “SUPREMO” DEI RIFIUTI MARIO CERRONI RIPORTA ALLA LUCE IL
MONDO SOMMERSO DEGLI ALTI DIRIGENTI, QUELLI CHE DECIDONO TUTTO
di
Daniele
Martini
Roma
Incistata
nella casta dei
politici
c’è anche un’altra
casta
a Roma e nel Lazio. Incolore,
poco
appariscente,
defilata,
affollata di personaggi
che
alle ribalte preferiscono
l’acquario
dei silenzi,
ma
capace di prendersi un
enorme
potere di condizionamento,
interdizione
e indirizzo
della
cosa pubblica.
È
LA CASTA degli alti
funzionari
pubblici,
inamovibili
e
longevi come tartarughe, i
mezzi
politici riciclati, i dirigenti
comunali
di fascia alta,
i
mandarini delle municipalizzate
abbarbicati
agli
uffici
a dispetto di ogni cambio
di
maggioranza. L’affare
Malagrotta
e l’arresto di un
bel
po’ di vassalli del “Supre -
mo
Grande Immondezzaro”
Manlio
Cerroni – tutti
accusati
di
aver fatto sistema per
condizionare
le scelte nella
gestione
dei rifiuti – hanno
indirizzato
un fascio di luce
su
questo mondo semisommerso
e su
chi ne fa parte.
Personaggi
anfibi come Bruno
Landi,
ex presidente socialista
del
Lazio ai tempi
della
Prima Repubblica, alla
metà
degli anni Ottanta. E
già
allora in contatto con
Cerroni
per autorizzazioni e
affari,
poi diventato un dirigente
a
libro paga delle
aziende
del Supremo come la
Ecoambiente
di Latina o la
Ecologia
Viterbo. O Giovanni
Hermanin,
fondatore di
Legambiente
e dei Verdi,
consigliere
regionale del Lazio,
assessore
con i democratici,
poi
capogruppo della
Margherita,
dirigente dell’Ama
(l’azienda
comunale dei
rifiuti),
legatissimo a Mario
Di
Carlo, un altro un
po’ po -
litico,
un po’ amministrato -
re, un
po’ esperto, morto nel
2011,
anello di congiunzione
con il
Supremo Cerroni. E
poi i
dirigenti pubblici: R
aniero
De
Filippis, indicato
dagli
inquirenti come il “rac -
cordo
tra la politica e la parte
burocratica”
e Luca
Fegatelli,
presenza
fissa nell’Area rifiuti
del
Lazio da 16 anni, presidente
di
collegi arbitrali tra
Regione
e Cerroni dai quali
quest’ultimo
è uscito fregandosi
le
mani, uno che solo il
nuovo
governatore Nicola
Zingaretti
è riuscito a schiodare
dalla
scrivania.
Accanto
a questa storia di
Malagrotta
ne stanno spuntando
un
altro paio di cui
l’altra
casta romana è protagonista:
quella
dell’Acea e
quella
della riassunzione in
Campidoglio
di un dirigente
già
collaboratore del sindaco
passato,
Gianni Alemanno.
Il
tizio si chiama Giuseppe
Canossi
e gode
dell’appoggio
incondizionato
del potente e
inamovibile
segretario comunale,
Liborio
Iudicello.
All’Acea,
la
grande municipalizzata
di
luce e acqua, a sei
mesi
dall’elezione di Ignazio
Marino
restano alla guida
manager
come Giancarlo
Cremonesi
, presidente, e
Paolo
Gallo,
amministratore
e
direttore generale. Il primo
voluto
da Alemanno, il secondo
in
solida sintonia con
il
costruttore Francesco
Gaetano
Caltagirone,
azionista
privato
con il 16 per cento
del
gruppo pubblico controllato
dal
Comune con il 51.
Dall’alto
dei loro superstipendi
(1
milione 800 mila di
costo
totale per Gallo, un po’
più
di 400 mila di retribuzione
per
Cremonesi) i due
continuano
a spingere in una
direzione
opposta a quella
della
nuova maggioranza.
IL
SINDACO Marino
vorrebbe
unificare
Acea ed Ama
(rifiuti)
per superare il sistema
vecchio
delle discariche
tentando
di fare a Roma ciò
che
non è stato mai fatto, e
cioè
non solo raccogliere
l’immondizia,
ma anche
trattarla,
bruciandola in impianti
adatti
a produrre elettricità.
Caltagirone,
invece,
per
l’Acea e l’immondizia ha
tutto
un altro progetto basato
proprio
sull’aumento
delle
discariche. A questo
scopo
ha provato a sostituirsi
a
Cerroni comprando da lui
Malagrotta
ma soprattutto le
aree
del dopo-Malagrotta,
candidate
a ospitare altre
montagne
di pattume.
PROSEGUENDO
imperterrito,
il duo
Cremonesi-Gallo
ha
cambiato negli ultimi
tempi
ben sette dirigenti di
punta
di Acea. L’ultimo proprio
ieri:
alle relazioni esterne,
al
posto di Maurizio Sandri
licenziato,
ma reintegrato
dai
giudici, è stato assunto
Stefano
Porro su
indicazione
del
consigliere di Caltagirone,
Fabio
Corsico.
Porro
è ex consulente di Antonio
Bassolino
a Napoli, poi
passato
con il ministro pdl
Paolo
Romani e, infine, con
il suo
successore allo Sviluppo
economico
Corrado Passera. il fatto quotidiano 11 gennaio 2014
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