domenica 6 luglio 2014

La conquista di Roma si blocca sul Gra L’armata islamica del Califfo vuole espugnare la Città Eterna

IL FALLIMENTO
L’armata islamica vuole
espugnare la Città Eterna
ma trova buche, traffico
infinito, cortei in centro
e abusivi ovunque. Non
resta che tornare indietro
di Stefano Disegni
L’armata dell’ISIS scelse male
l’ora per conquistare Roma. Alle
8,30 rimase imbottigliata sul Raccordo,
altezza Settebagni. Non sapevano,
i truci guerriglieri di Allah, che
a quell’ora ‘a ggente vanno a lavorà.
Tra fuori di testa che smadonnavano,
stereo a dumìla, moto e
motorini che sciamavano
de qua e de là (uno col Kawasaki
enduro gli passò sul
tetto dell’autoblindo) e ambulanze
bloccate sulla corsia d’emergenza
dal Suv di qualche fìo de ‘na
mignotta che ci aveva provato e mo’
stava a litigà coi portantini, i barbuti
giustizieri dell’Islam non sapevano
che pesci prendere e come imporre il
Corano auto per auto, dato che tra
una e l’altra non ci passava manco
una sogliola in verticale.
QUALCUNO DI LORO sparò in aria,
un po’ per intimidire, un po’ per farsi
strada. Gli rispose una salva di revolverate
da un pullman di tifosi della
Curva Sud che videro in loro dei compagni
di strada e di lotta e sventolarono
lo striscione “C’è un solo capitano”,
immediatamente perforato
dalle revolverate partite da due o tre
macchine di laziali.
In verità i guerriglieri di Allah non
sapevano nemmeno perché l’esercito
italiano li avesse lasciati arrivare fin là
senza opporre resistenza, anzi, facendogli
strada. Dopo sei ore di coda sotto
il sole, i mezzi dell’armata islamica,
guidati da barbuti un po’ in deliquio e
coi crampi agli avambracci, saltarono
l’uscita e siccome quella dopo era
chiusa perché stavano a potà ‘e siepi,
si fecero altre tre ore di coda fino al
cavalcavia e altre sei in senso inverso,
gli ultimi due chilometri sulla corsia
d’emergenza tra i vaffanculo di quelli
in coda che non li facevano rientrare
così ve imparate, li mortacci vostri,
finché imboccarono l’uscita giusta e si
avviarono alla conquista del simbolo
della Cristianità.
Sei blindati sparirono subito in una
voragine sull’asfalto della Prenestina
(“Mortacci de Marino, ieri c’è sparito
un purmino de suore e lui sta a cambià
l’acqua ai pesci” commentò er sor
Quinto da dentro all’edicola). Altri
otto automezzi lasciarono i cingoli
sulle doline carsiche che sulla Casilina
sfasciavano le sospensioni a residenti
e non, per gli scossoni un barbuto che
guidava senza cintura ci rimise gli incisivi
(“A’ Fidelcastro, fa’ causa ar Comune,
po’ esse che ariva quarche sordo
ai tu’ nipoti!” gli gridarono da un
bar).
Un po’ scossi, i
conquistatori venuti
dal Levante
decisero di fermare
la colonna e fare il
punto, onde elaborare
una strategia
di attacco.
Fermare una colonna.
A Roma.
Dove non c’è parcheggio
nemmeno per un monopattino.
Sciami di ausiliari del traffico
con banda gialla sbucarono anche dai
tombini, assetati di sangue e di multe.
La velocità felina con cui infilavano
contestazioni sotto i tergicristallo delle
autoblindo, sulle motocorazzate e
perfino su tre carri armati con invito a
presentarsi entro cinque giorni negli
uffici della Municipale pena sequestro
del mezzo, mandò fuori di testa i
miliziani di Allah (“Poracci, nun ce
so’ abbituati” diceva la gente intorno),
che decisero di ammazzare tutti gli
ausiliari, rinunciando subito dopo
perché erano troppi, e pure se i passanti
si offrivano de da’ ‘na mano, non
potevano sprecare tutte quelle munizioni.
Lasciato un altro considerevole
numero di mezzi e persone in una
voragine a Portonaccio, usata dai romani
per fare free-climbing, l’Armata
dell’ISIS arrivò finalmente al Lungotevere.
Cioè, quasi, perché ce stava ‘a manifestazzione.
Anzi, ‘e manifestazzioni.
I Sindacati, I Gay e i Diritti degli
Invisibili, che non si capiva se si parlava
di Terzo Mondo o di Fantascienza,
ma il risultato era lo stesso, per
arrivare in centro dovevi passare per
Ostia Lido.
UNA FOLTA barriera di transenne,
pure sull’acqua del fiume, non sia mai
qualche cittadino provasse a fregare i
vigili col motoscafo, ribloccò la colonna
islamica i cui componenti dovettero
incazzarsi per fermare i rumeni
che volevano lavargli i parabrezza
e lucidargli gli obici, furono
borseggiati dai Rom, ognuno con accanto
l’assistente sociale per il reinserimento,
si dovettero fare le foto insieme
ai centurioni con l’orologio altrimenti
gli tagliavano le gomme e furono
costretti a regalare rose rosse al
compagno di equipaggio sennò quel
cazzo di indiano non se n’annava
più.
Le gomme poi gliele fregarono mentre
discutevano con quelli di Equitalia
che intimavano il pagamento delle
sanzioni per superamento di varco attivo
da parte di tutta la colonna, ‘na
botta. “È l’Inferno come lo descrive il
Profeta! Anzi, peggio!” disse Al-Baghdadi
ordinando la ritirata. Ma scelsero
male l’ora per uscire da Roma.
Non sapevano, i guerriglieri di Allah,
che a quell’ora, sul Raccordo ce sta er
rientro. Dopo undici ore senza fare
un metro, assetati, affamati, qualcuno
in fin di vita, capirono perché l’eser -
cito italiano li aveva lasciati arrivare
fin là.

il fatto quotidiano 6 luglio 2014

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