IL
FALLIMENTO
L’armata
islamica vuole
espugnare
la Città Eterna
ma
trova buche, traffico
infinito,
cortei in centro
e
abusivi ovunque. Non
resta
che tornare indietro
di
Stefano
Disegni
L’armata
dell’ISIS scelse male
l’ora
per conquistare Roma. Alle
8,30
rimase imbottigliata sul Raccordo,
altezza
Settebagni. Non sapevano,
i
truci guerriglieri di Allah, che
a
quell’ora ‘a ggente vanno a lavorà.
Tra
fuori di testa che smadonnavano,
stereo
a dumìla, moto e
motorini
che sciamavano
de
qua e de là (uno col Kawasaki
enduro
gli passò sul
tetto
dell’autoblindo) e ambulanze
bloccate
sulla corsia d’emergenza
dal
Suv di qualche fìo de ‘na
mignotta
che ci aveva provato e mo’
stava
a litigà coi portantini, i barbuti
giustizieri
dell’Islam non sapevano
che
pesci prendere e come imporre il
Corano
auto per auto, dato che tra
una
e l’altra non ci passava manco
una
sogliola in verticale.
QUALCUNO
DI LORO sparò
in aria,
un
po’ per intimidire, un po’ per farsi
strada.
Gli rispose una salva di revolverate
da
un pullman di tifosi della
Curva
Sud che videro in loro dei compagni
di
strada e di lotta e sventolarono
lo
striscione “C’è un solo capitano”,
immediatamente
perforato
dalle
revolverate partite da due o tre
macchine
di laziali.
In
verità i guerriglieri di Allah non
sapevano
nemmeno perché l’esercito
italiano
li avesse lasciati arrivare fin là
senza
opporre resistenza, anzi, facendogli
strada.
Dopo sei ore di coda sotto
il
sole, i mezzi dell’armata islamica,
guidati
da barbuti un po’ in deliquio e
coi
crampi agli avambracci, saltarono
l’uscita
e siccome quella dopo era
chiusa
perché stavano a potà ‘e siepi,
si
fecero altre tre ore di coda fino al
cavalcavia
e altre sei in senso inverso,
gli
ultimi due chilometri sulla corsia
d’emergenza
tra i vaffanculo di quelli
in
coda che non li facevano rientrare
così
ve imparate, li mortacci vostri,
finché
imboccarono l’uscita giusta e si
avviarono
alla conquista del simbolo
della
Cristianità.
Sei
blindati sparirono subito in una
voragine
sull’asfalto della Prenestina
(“Mortacci
de Marino, ieri c’è sparito
un
purmino de suore e lui sta a cambià
l’acqua
ai pesci” commentò er sor
Quinto
da dentro all’edicola). Altri
otto
automezzi lasciarono i cingoli
sulle
doline carsiche che sulla Casilina
sfasciavano
le sospensioni a residenti
e
non, per gli scossoni un barbuto che
guidava
senza cintura ci rimise gli incisivi
(“A’
Fidelcastro, fa’ causa ar Comune,
po’
esse che ariva quarche sordo
ai
tu’ nipoti!” gli gridarono da un
bar).
Un
po’ scossi, i
conquistatori
venuti
dal
Levante
decisero
di fermare
la
colonna e fare il
punto,
onde elaborare
una
strategia
di
attacco.
Fermare
una colonna.
A
Roma.
Dove
non c’è parcheggio
nemmeno
per un monopattino.
Sciami
di ausiliari del traffico
con
banda gialla sbucarono anche dai
tombini,
assetati di sangue e di multe.
La
velocità felina con cui infilavano
contestazioni
sotto i tergicristallo delle
autoblindo,
sulle motocorazzate e
perfino
su tre carri armati con invito a
presentarsi
entro cinque giorni negli
uffici
della Municipale pena sequestro
del
mezzo, mandò fuori di testa i
miliziani
di Allah (“Poracci, nun ce
so’
abbituati” diceva la gente intorno),
che
decisero di ammazzare tutti gli
ausiliari,
rinunciando subito dopo
perché
erano troppi, e pure se i passanti
si
offrivano de da’ ‘na mano, non
potevano
sprecare tutte quelle munizioni.
Lasciato
un altro considerevole
numero
di mezzi e persone in una
voragine
a Portonaccio, usata dai romani
per
fare free-climbing, l’Armata
dell’ISIS
arrivò finalmente al Lungotevere.
Cioè,
quasi, perché ce stava ‘a manifestazzione.
Anzi,
‘e manifestazzioni.
I
Sindacati, I Gay e i Diritti degli
Invisibili,
che non si capiva se si parlava
di
Terzo Mondo o di Fantascienza,
ma
il risultato era lo stesso, per
arrivare
in centro dovevi passare per
Ostia
Lido.
UNA
FOLTA barriera
di transenne,
pure
sull’acqua del fiume, non sia mai
qualche
cittadino provasse a fregare i
vigili
col motoscafo, ribloccò la colonna
islamica
i cui componenti dovettero
incazzarsi
per fermare i rumeni
che
volevano lavargli i parabrezza
e
lucidargli gli obici, furono
borseggiati
dai Rom, ognuno con accanto
l’assistente
sociale per il reinserimento,
si
dovettero fare le foto insieme
ai
centurioni con l’orologio altrimenti
gli
tagliavano le gomme e furono
costretti
a regalare rose rosse al
compagno
di equipaggio sennò quel
cazzo
di indiano non se n’annava
più.
Le
gomme poi gliele fregarono mentre
discutevano
con quelli di Equitalia
che
intimavano il pagamento delle
sanzioni
per superamento di varco attivo
da
parte di tutta la colonna, ‘na
botta.
“È l’Inferno come lo descrive il
Profeta!
Anzi, peggio!” disse Al-Baghdadi
ordinando
la ritirata. Ma scelsero
male
l’ora per uscire da Roma.
Non
sapevano, i guerriglieri di Allah,
che
a quell’ora, sul Raccordo ce sta er
rientro.
Dopo undici ore senza fare
un
metro, assetati, affamati, qualcuno
in
fin di vita, capirono perché l’eser -
cito
italiano li aveva lasciati arrivare
fin
là.
il fatto quotidiano 6 luglio 2014
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