IL
GIUDICE: “NESSUN PROGETTO SERIO ANTI-INQUINAMENTO”. RESPINTA LA
RICHIESTA DELLA TIRRENO POWER, DIFESA DALLA SEVERINO
PROMESSE
NON MANTENUTE
Patologie
respiratorie e morti in aumento
Il
gip: togliendo i sigilli allo stabilimento
“si
autorizza la ripresa di un’attività criminosa”
di
Mario
Molinari
e
Ferruccio Sansa
Savona
Il
progetto della società (Tirreno Power) non
può
ritenersi né serio, né concreto”. Così il
gip
savonese Fiorenza Giorgi boccia la richiesta
di
togliere i sigilli alla centrale a carbone di Vado
Ligure.
Quelle ciminiere, cresciute in mezzo alle
case,
dove ogni giorno venivano bruciate cinquemila
tonnellate
di carbone. Un impianto intorno
al
quale da anni, troppi, si è scatenata la
battaglia
tra gli abitanti preoccupati per le proprie
condizioni
di salute e gli industriali, i sindacati,
i
partiti politici di sinistra e di destra (con
l’eccezione
di M5S, Verdi e Sel) che si erano
invece
schierati dalla parte di Tirreno Power. O
tacevano.
Una vicenda che il Fatto
Quotidiano
segue
da anni.
MA
LE NOVE PAGINE di
motivazioni del gip
contengono
passaggi che meriterebbero di essere
letti
da tutti: “Con questo
progetto
– aggiunge Giorgi –
vengono
indicati come realizzabili
(di
più, il gestore si impegna
a
porli in essere) interventi
manutentivi
ed organizzativi
che
per il passato lo stesso
aveva
definito impossibili”.
Ancora:
“È evidente che, pur tenendo conto del
problema
della tutela dei livelli occupazionali,
questo
giudice non può consentire la ripresa di
un’attività
che per almeno due anni sarà svolta al
di
sopra delle performances ambientali richieste
e
per la quale, anche successivamente, non sussiste
alcuna
seria garanzia”. Insomma, conclude
il
gip: se si autorizzasse la centrale a togliere i
sigilli
“non si farebbe altro che autorizzare la ripresa
di
un’attività criminosa”.
La
centrale, quindi, non apre. Un sospiro di sollievo
per
gli abitanti, perché a Vado e Quiliano da
giorni
non si parlava d’altro: “Vieni a vedere le
mie
lenzuola stese. Guarda. Da
quando
la centrale è stata sequestrata
non
c’è più quella
polvere
nera che da trent’anni
ci
trovavo sopra ogni mattina.
E
se non c’è qui, quella maledetta
polvere,
non è neanche
nei
miei polmoni”, ti dicevano i
membri
dei comitati, i semplici
cittadini
invitandoti a entrare nelle loro case. A
convincere
il magistrato non sono state le lenzuola,
ma
le perizie dove si parla di patologie
respiratorie
di bambini causate dalla centrale che
andrebbero
da un minimo di 353 a un massimo
457.
Per non dire dei 94 (o addirittura 129) ricoveri
di
bambini per asma. Dei ricoveri di adulti
per
malattie respiratorie e cardiache (da 1.675 a
2.097).
Delle morti per malattie cardiovascolari
(da
251 a 335) o respiratorie (almeno 103).
Di
fronte a questi dati, le soluzioni proposte da
Tirreno
Power non sarebbero state “né serie, né
concrete”.
Così è stata respinta l’istanza di dissequestro
presentata
da uno
staff
di legali coordinati dal’ex
ministro
Paola Severino, specializzata
nella
difesa dei potenti.
Certo,
il procedimento penale
andrà
avanti. Così come le polemiche.
L’Unione
Industriali
sostiene
a spada tratta le ragioni
della
centrale. Ieri il presidente
Elio
Guglielmelli ci è andato
giù
pesante: “Ancora una volta
spiace
vedere che gli sforzi della
Società,
che negli ultimi mesi si
è
costantemente assunta impegni
importanti
per venire incontro
alle
richieste delle istituzioni,
non
siano stati tenuti nella giusta considerazione.
È
indubbio che le ricadute negative,
sotto
il profilo economico, occupazionale e produttivo,
saranno
pesantissime”.
INSOMMA,sempre
al fianco della centrale a carbone.
Anche
se c’è chi fa notare qualche conflitto
di
interessi. Tra i passati presidenti dell’Unione
industriali
ci fu chi con le proprie società aveva
lavorato
per Tirreno Power. Mentre il numero
due
dell’Unione era Giovanni Gosio, manager
della
centrale oggi indagato.
Gli
industriali si dicono preoccupati per l’occu -
pazione,
ma un passaggio dell’ordinanza del Gip
solleva
dubbi: “Vale infine la pena di fare un’ul -
tima
annotazione circa le reali intenzioni del gestore
(Tirreno
Power, ndr): dai piani approvati
nei
cda del 2013 - sostiene il magistrato - emerge
come
il business plan esaminato e approvato
non
avesse considerato investimenti non solo
per
la costruzione del nuovo gruppo a carbone,
ma
neppure per l’ambientalizzazione dell’unità a
vapore…e
come avesse previsto il licenziamento,
fra
il 2014 e il 2016, di 120 dipendenti”, più
altri
11 in seguito.
Insomma,
secondo le parole del gip, la società
non
sembrerebbe molto preoccupata di difendere
l’occupazione
e nemmeno l’ambiente. Ma
la
classe dirigente di Savona, industriali in testa,
le
stanno sempre al fianco. il fatto quotidiano 22 luglio 2014
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