martedì 21 gennaio 2014
le minacce del comitato favorevole al biogas tra Maenza e Priverno
Avvisaglie di problemi nelle ultime riunioni sull’impianto che userà il letame
La valle «violata»
Seguita la pista del bioterrorismo ma non è l’unica
Il cuore verde dei Lepini alle prese con gli attentati
LE TESTIMONIANZE: NESSUNO
CI HA CHIESTO SOLDI, NEGLI ANNI SCORSI
QUALCHE FURTO. MA ADESSO TUTTI HANNO
PAURA. STOP ALLA SVOLTA TECNOLOGICA
DI GRAZIELLA DI MAMBRO
L’odore acre di paglia bruciata
è ancora forte sotto
al capannone di Loreto
Rossi, l’ultimo ad essere preso di
mira per «rappresaglia» contro la
costruzione della centralina a
biomasse di Maenza. Che la
svolta verso l’energia nuova nascondesse
insidie, invidie, pericoli,
problemi importanti lo si
era capito qualche mese fa da
queste parti, nella placida valle
di Farneto che corre sotto Priverno.
Perché le ultime riunioni del
comitato «Sì biogas» e del consorzio
degli allevatori aderenti
erano state troppo «calde», qualcuno
aveva fatto la voce grossa
ed era volata qualche minaccia.
Ma poi tutto è precipitato in un
modo che nemmeno i più sospettosi
avevano immaginato. E il 2
gennaio, in pieno periodo di festa,
proprio lì, nella tranquilla
valle degli allevatori lepini, è
scoppiato un inferno di fuoco
che sembrava di stare a Fondi o
a Scauri o a Sabaudia, dove di
roghi dolosi di questo tipo, purtroppo
se ne contano a decine da
anni. Se fossimo stati sulla costa
il primo pensiero, la prima pista,
avrebbero avuto un nome: pizzo,
camorra. Qui, a Priverno, no.
Nessuno, neppure per un minuto,
ha ipotizzato che si trattasse
di una estorsione. Ma di intimidazione
organizzata sì. La reazione
alla svolta moderna adottata
da una quindicina di aziende
zootecniche concentrate nella
stessa zona. «A me nessuno mi
ha mai chiesto denaro, mai», dice
Loreto Rossi, una vita da allevatore
e un figlio, Domenico, che
ha preso in mano le redini
dell’azienda. Sono loro le ultime
vittime della furia incendiaria
che in poco più di due settimane
ha distrutto tre società tutte in
qualche modo legate all’adesio -
ne a nuovi sistemi tecnologici:
due avevano accettato di far installare
dalla «Nova Power»
pannelli fotovoltaici sui capannoni
per la produzione di ener-gia, l’altra ha aderito al Consorzio
per la produzione di biogas
attraverso il conferimento del letame.
Qual è il nesso? Per affermazione
dello stesso amministratore
di Nova Power «c’è chi
colpisce gli allevatori per dare un
segnale a noi». La società infatti
è capofila per la realizzazione
della centrale oltre che fornitrice
dei pannelli. Sul fronte investigativo
questa tesi supportata da
una serie di elementi non viene
smentita ma neppure confermata
e comunque si seguono diversi
filoni per cercare di ricostruire
cosa è davvero avvenuto nelle
ultime settimane in un comprensorio
tra i più «tranquilli» sotto il
profilo dell’ordine pubblico. «Io
ti dico che da queste parti non
succedeva praticamente nulla di
grave, magari qualche furto, ma
roba di ragazzini sbandati niente
di più. Adesso invece la gente ha
paura». Sono ancora le parole di
Loreto Rossi a delineare al meglio
il clima che si respira tra gli
imprenditori agricoli della zona,
gente che sta nel settore da generazioni
e che ha concretizzato
qui una specie di enclave di qualità,
con le stalle del tutto immuni
da brucellosi e tubercolosi e una
fornitura di latte bufalino che ha
tenuto «in piedi» il marchio della
mozzarella dop. E sembrava che
tutto filasse liscio e andasse in
una direzione capace di risollevare
anche un po’ le sorti economiche
di alcune aziende. L’im -
missione dei pannelli fotovoltaici
aveva infatti consentito a molti
allevatori di rientrare con le spese
dell’energia, elevate per via
della conservazione del latte nelle
celle frigo. Adesso è tutto da
rifare, oltre ai capannoni c’è da
ricostruire il coraggio di andare
avanti contro le intimidazioni. E
molti da queste parti non vogliono
combattere e hanno già annunciato
che non rimetteranno i
pannelli o forse usciranno dal
consorzio biogas.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Latina Editoriale Oggi 21 gennaio 2014
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