sabato 18 gennaio 2014

Gioia Tauro inceneritore rifiuti tossici mafia cocaina silenzio dei politici e le armi chimiche siriane

Puzzopoli” il grande scempio di Gioia INCENERITORE, RIFIUTI TOSSICI, MAFIA, COCAINA E IL SILENZIO DEI POLITICI IGNORATI La Bonino difende la scelta del porto per il trasbordo delle armi chimiche: “Nel 2013 30 mila tonnellate di meterie pericolose” L’ULTIMO GRANDE SEQUESTRO Crocevia di traffici illegali. 1.300 i lavoratori, 430 in cassa integrazione di Enrico Fierro inviato a Gioia Tauro Il Fatto quotidiano 18 gennaio 2014 Benvenuti a Puzzopoli”. “Benvenuti nello scempio italiano”. Striscioni di benvenuto per chi arriva a Gioia Tauro. Ma è roba di vecchie proteste, antiche delusione e perenni inganni per la trasformazione della piana di uliveti e aranceti in una “Monnezza Valley”. Puzza l’inceneritore, il più grande della Calabria, ammorba l’aria il depuratore, fa paura il nuovo impianto di pirolisi, considerato un terzo terribile bruciatore di monnezza. Avevano promesso lavoro, industrie, benessere, ma nelle tre aree industriali che circondano il grande porto, i capannoni sono vuoti, nella desolazione crescono le erbacce e pascolano capre e pecore. Non bastasse questo, i calabresi di Gioia ora hanno paura anche dei container che ogni giorno vengono scaricati nel porto. ED È QUI L’ERRORE tragico del governo e dei suoi incauti ministri. La gestione della “Ark Futura” e dei 60 container con le armi chimiche di Assad è finora un disastro. Un festival dell’ar - roganza. Parla il milanese Mauro Lupi e “bacchetta” i sindaci. “In due anni a Gioia Tauro sono stati trattati prodotti analoghi, e ora fate tanto clamore”. Rincara la dose e ingrassa allarme e indignazione, la ministra Emma Bonino: “Voi sindaci non avete tutte le informazioni, nel 2013 il porto ha gestito 29.802 tonnellate, su 1508 container, di sostanze tossiche di categoria 6.1, la stessa del materiale in arrivo dalla Siria”. Nessuno ha mai avuto notizie. Che il porto di Gioia Tauro fosse un approdo dei misteri si sapeva da anni. Qui passano armi, rifiuti speciali, droga. L’ultimo grande sequestro a giugno: 625,48 chili di cocaina. Che il porto sia anche il crocevia di affari oscuri, lo dimostra la presenza della ‘ndrangheta. Piromalli, Molé, Alvaro, casati con gli artigli ben piantati sulle banchine. Un dollaro e mezzo a container sbarcato fino agli anni ‘90, raccontano le inchieste della magistratura. Tanto pagavano le grandi compagnie ai boss. La chiamavano la “tassa calabrese”. Una montagna di soldi, se si calcola che i “contenitori” che sbarcavano ogni giorno erano 7.500. “Noi non sappiamo sempre cosa c’è nei container”, confessa un operaio. “Ci sono le bollette, i controlli doganali, ma qui passa di tutto”. Di certo nessuno al porto aveva i dati che solo ieri, e solo dopo l’annuncio di proteste (lunedì ci sarà una manifestazione) sono stati forniti dal ministro degli Esteri. “La verità è che ci pisciano in testa, come sempre”. Mimmo Macrì, segretario dei portuali del sindacato Sul, non usa mezzi termini. “Certo che movimentiamo anche materiale come prodotti chimici ed esplosivi, ma non pericolosi come la roba dalla Siria”. Perché Gioia? Perché non un porto militare? Il porto militare più vicino è quello di Augusta, ma sta in Sicilia, sottolineano i maligni, ricordando che la Trinacria è la terra di Alfano. Abbiamo scelto Gioia, ripetono all’unisono i ministri, perché è un “porto di eccellenza”. “Minchiate – dice Macrì. La nostra professionalità è fuori discussione, ma allora spiegateci perché su 1.300 lavoratori portuali, 430 sono in cassa integrazione. La movimentazione è aumentata del 13% e quest’anno siamo arrivati a 2 milioni e 200 mila container. Insomma se questa eccellenza, come la chiamano, funzionasse a pieno regime, potrebbe dare lavoro a 6-7 mila persone”. ILLUSIONI. I sindacati aspettano. Anche loro, come i sindaci, non sono ancora riusciti ad avere una parola di chiarezza. Forse lunedì o martedì verranno convocati a Palazzo Chigi. Spacca i lavoratori l’arsenale di Assad. “Non possiamo sempre urlare dei no - dice Nino Costantino, Cgil. L’abbiamo fatto contro la centrale a carbone, ma qui parliamo di pace. Ora però il governo dica parole nette sulla sicurezza”. Sulle banchine del porto di Gioia Tauro, la politica gioca un’altra delle sue confuse partite. Prendete il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti. Giura di aver saputo solo all’ul - timo momento della scelta del porto. Due giorni fa criticava il governo del suo amico Alfano ed evocava addirittura scenari da “guerra civile”. Ieri ha cambiato idea e toni. Povera Gioia Tauro e poveri calabresi. Porto e aree industriali dovevano essere il futuro. La catena del freddo, le piattaforme logistiche. Quante balle. La verità è la solita. Sprechi di soldi pubblici e incapacità di avviare progetti. I 480 milioni dell’ac - cordo di programma sono fermi, un bando di 25 milioni di euro emanato dalla Regione per le attività dei piccoli imprenditori è andato deserto. I treni non circolano più, nonostante i 260 milioni stanziati per le Ferrovie. A Gioia Tauro cresce solo la puzza degli inceneritori e la paura.

Nessun commento: