martedì 30 luglio 2013
ex Goodyear e amianto: Ve l e n i - d e c e s s i , prove non certe
DI GIUSEPPE BIANCHI
L
a decisione riconosce la
non esistenza dei presunti reati imputati, affermava una nota della dirigenza americana della Goodyear a poche ore dal verdetto
di appello che, di fatto, ribaltava la sentenza di primo grado
emessa dal giudice Cinzia Parasporo del Tribunale di Latina che aveva condannato i vertici della società per l’omici -
dio colposo di quattro
operai.
Eppure oggi, a sei mesi di
distanza, a leggere le motivazioni di quel verdetto che, certamente cancella pesanti condanne confermandone alla fine una sola, molte delle accuse
le conferma allo stesso tempo.
Almeno per quanto riguarda
ad esempio le condizioni di
lavoro all'interno del sito di
Cisterna di Latina. Valutazioni importanti che hanno spinto
il collegio ha chiedere, oltre ai
canonici 90 giorni, altri 70
giorni per la deposizione delle
motivazioni con cui sono stati
assolti perché il fatto non sussiste Adalberto Muraglia, Antonio Corsi, Murphy Michael
Claude e Jeffrey Smith e con
cui invece è stata confermata
la condanna ad un anno e
mezzo di reclusione per omicidio colposo aggravato l’ex
presidente del Cda della Good
Year Pierdonato Palusci (per il
decesso di un solo operaio).
Alla base di questa decisione
c'è, di fatto, la mancata certezza della prova del nesso di
causalità certa tra le sostanze
utilizzate nel sito dai 4 operai
deceduti, le malattie gravissime sopraggiunte e il decesso.
I casi all'oggetto del processo
sono le morti di Franco M.,
Luigi T., Fausto M. ed Egidio
T.. Le accuse erano gravissime e partivano da ipotesi di
colpa per negligenza, imprudenza ed imperizia oltre che
dall’inosservanza della normativa riguardante la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali per aver, a vario titolo,
omesso non solo di informare
i dipendenti sui rischi incontro
ai quali andavano lavorando a
contatto continuo con sostanze cancerogene, ma anche
omesso di prevedere e far effettuare controlli ed esami sia
preventivi, sia durante il periodo di lavorazione. Ma anche
per non aver separato i luoghi
in cui venivano usati prodotti
pericolosi dagli altri, e per non
aver fornito agli operai guanti,
mascherine e copricapo a loro
tutela. Inizialmente il processo prendeva in esame ben 27
decessi e 3 casi di lesioni gravissime. Alcune di queste però sono state stralciate. L’as -
soluzione dei vertici aziendali,
sottolineano i legali della difesa e delle parti civili, arriva
con formula dubitativa: l’arti -
colo 530 secondo comma del
codice procedura penale infatti dispone l’assoluzione, certo,
ma in presenza di prova incerta o contraddittoria. Come annunciato già a gennaio è scontato il ricorso in Cassazione. Latina Oggi 30 luglio 2013
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