giovedì 23 maggio 2013
regali di stato all'Ilva di Taranto viva la politica
Regalo di Stato. E gli utili decuplicano
GLI AIUTI PUBBLICI INIZIANO CON LA PRIVATIZZAZIONE A TARANTO. E VANNO AVANTI NEGLI ANN
VIVA LA POLITICA
Il re dell’acciaio ha
distribuito negli anni
fondi a destra e sinistra
La Ue, con Antonio
Tajani, si prepara ora
a nuovi sostegni
di Salvatore Cannavò
Il tesoro dei Riva non costituisce solo
una gigantesca truffa allo Stato
ma dimostra l’entità del flusso di denaro
che dalle casse pubbliche è via via
finito nelle voraci tasche dei “padroni
delle ferriere”. Il primo regalo, infatti,
Emilio Riva lo ottiene al momento in
cui, nel 1995, rileva l’Ilva di Taranto
dall’Iri. L’azienda, che prima si chiamava
Italsider, viene ceduta per 1.460
miliardi di lire ma solo dopo la creazione
della Ilva Laminati Piani, la società
ceduta, accanto alla vecchia Ilva
che rimane una “bad company” in cui
vengono nascosti 700 miliardi
di debiti. Il gioco è ricostruito
da Gianni Dragoni nel
suo Capitani coraggiosi (Chiarelettere)
e verrà replicato anni
dopo con il salvataggio Alitalia.
Poco prima, nel 1994, al Ministero
del Lavoro viene siglato
un accordo sindacale
che prevede il prepensionamento
per la società Ilva in liquidazione
di 4.422 operai
mentre la Ilp viene alleggerita
di 4.283 unità. Riva si prende così una
fabbrica ripulita di quasi 9 mila operai.
I sindacati stimarono il costo dei soli
prepensionamenti in 1.800 miliardi di
lire. Nel 1995 viene concluso l’acquisto
dall’Iri e alla fine di quell’anno gli
utili passano da 182 a 1.842 miliardi.
Dieci volte di più. La stessa cifra dei
prepensionamenti che porteranno,
poi, nel giro di qualche anno a una
trasformazione “genetica” della fabbrica
con una manodopera ringiovanita
e privata dei vecchi quadri sindacali.
Allo stesso tempo, come scrive il rapporto
sulle privatizzazioni in Italia redatto
da Mediobanca nel 2000, “la privatizzazione
non si è tradotta in innovazioni
tecnologiche o di prodotto
di particolare rilievo”. “Gli impianti
dell’Ilva, ancorché tecnologicamente
adeguati, comportavano tuttavia un
posizionamento della società nella fascia
bassa del mercato, dove la forte
competizione da parte di produttori
esteri (specialmente quelli dell’Est europeo)
la esponeva a forti perdite nei
cicli congiunturali negativi”.
Ai regali iniziali si sono aggiunti, nel
tempo, aiuti pubblici provenienti dai
fondi europei e di Stato che, nella loro
opacità non vengono rendicontati in
maniera trasparente.
Basta leggere, però, le
dichiarazioni del 16
maggio del vicepresidente
della Commissione
europea, l’italiano
Antonio Tajani, per
rendersi conto della
portata dei sostegni.
Entro giugno, infatti, ci
sarà un nuovo piano di
aiuti al settore dell’acciaio
con “un insieme
di azioni a tutto campo,
che toccheranno i vari aspetti: dai
prezzi energetici al cambiamento climatico,
dall’accesso alle materie prime
e all’utilizzo del rottame alle relazioni
commerciali con i paesi terzi”. Un
“piano-ombrello”, ha detto Tajani,
che “sarà di aiuto anche per l’Ilva”.
LA SOCIETÀ dei Riva, nel frattempo,
ha ottenuto, nel silenzio generale, un
altro finanziamento per 400 milioni di
euro dalla Banca europea degli investimenti,
ottenuti il 16 dicembre 2010
per il progetto “Riva Taranto Energia e
Ambiente”. Duecento milioni sborsati
subito e altri 200 concessi il 3 febbraio
2012. Cosa ne è stato fatto non è chiaro.
Va detto, però, che la riconoscenza dei
Riva per la “cosa pubblica” ha lasciato,
nel tempo, tracce visibili. Sono dei Riva,
infatti, i 120 milioni buttati nel salvataggio
dell’Alitalia che ne hanno fatto
il secondo investitore privato dopo
Air France con tanta riconoscenza da
parte di Silvio Berlusconi. Ed erano loro
i 98mila euro offerti a Pier Luigi Bersani
nella campagna elettorale del 2006
dopo aver finanziato, solo due anni
prima, gli avversari di Forza Italia con
330mila euro.
428mila
A BERSANI
E PDL
DARE E AVERE
I fondi ricevuti dall’Ilva e quelli distribuiti
900mln
PENSIONI
ANTICIPATE
Una fabbrica
dove il lavoro
inizia a traballare
12.859
DIPENDENTI
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