Caro segretario Pd il fronte anti TAV non è solo violenza di Ivan Cicconi*
Caro Bersani, conosci il mio lavoro ed i miei scritti sulle problematiche connesse col Progetto Tav. Come sai, sono fra i pochi ad aver dato conto del fatto che sei stato l'unico ministro dei Trasporti che ha provato a rimettere sui binari della legalità il sistema di finanziamento e di affidamento delle infrastrutture per il treno ad alta velocità. Ci hai provato nel 2001 con la legge finanziaria e ci hai riprovato nel 2006 con la cosiddetta lenzuolata. Il governo di centrodestra, in entrambi i casi, ha cancellato quelle norme ripristinando sic et simpliciter i contratti affidati a trattativa privata da Tav spa nel 1991, con i costi, nel frattempo, lievitati di oltre il 400 per cento.
COME TI È NOTO, quel progetto di alta velocità è stato costruito su una architettura contrattuale e finanziaria
truffaldina e ha già prodotto uno scandaloso debito pubblico: 12.950 milioni di euro, accumulati dal 1994 al 2005 da Tav spa e da Infrastrutture spa, tenuti fuori dai conti pubblici. Come sai, con il comma 966 della legge finanziaria per il
2007, quei 26.000 miliardi di vecchie lire, millantati come finanziamento privato, sono stati tutti trasferiti nel debito pubblico. La Corte dei conti è arrivata a definire questo accollo del debito una norma “anodina” nei confronti
delle future generazioni. Questo dunque lo sfondo, non oscurabile, che ospita la rappresentazione odierna del “confronto ” sul progetto della nuova linea Tav/Tac Torino-Lione.
Il primo accordo del 2001 con i francesi porta la tua firma e sai bene che prevedeva la ripartizione dei costi per la tratta internazionale in modo paritario fra i due Paesi. Nel 2003 il Cipe, con le procedure speciali della legge obbiettivo, approvava il progetto preliminare della tratta internazionale, con delle previsioni di traffico passeggeri e merci a dir poco fantasiose.
Proprio quelle previsioni inattendibili portavano la società ferroviaria nazionale Sncf a esprimere forti dubbi e comunque a valutare in modo negativo il rapporto costo/benefici.
Per convincere i francesi, nel maggio del 2005, Berlusconi e Lunari sottoscrissero un nuovo accordo nel quale si stabilisce che il costo della tratta internazionale per due terzi sarà a carico dell'Italia.
Nel 2006, dopo le drammatiche vicende di Venaus, due governi, Berlusconi e Prodi, decisero di fare uscire la Torino-Lione dal perimetro delle norme speciali della legge obbiettivo.
Proprio in virtù di questa decisione il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4482 del 23.8.2007, dichiarava “improcedibile per cessata materia del contendere il ricorso in appello proposto dalla comunità montana Bassa Valle di Susa e Val Cenischia, nel presupposto che il progetto di realizzazione per la costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione, approvato dal Cipe con la delibera 113/2003, sia stato stralciato dall'ambito applicativo della legge 443/2001 e ricondotto nell'alveo delle procedure ordinarie”.
Oggi, in palese contrasto con decisioni politiche e sentenze, il progetto per la nuova galleria di servizio è stato approvato solo grazie alle norme speciali della legge obbiettivo, senza che nessuna autorità abbia mai fornito risposta ai ricorsi che la comunità montana ha prodotto in proposito. Il nuovo progetto preliminare della tratta internazionale, per il quale non vi è ancora nessun cantiere aperto in Italia e in Francia, prevede oggi un costo di 10,369 miliardi di euro. I francesi chiedono però che siano per intero a carico dell'Italia le modifiche apportate alla tratta in territorio italiano e ciò porterebbe a circa 8 miliardi la quota a carico del nostro Paese.
Le mie stime, come sai le uniche risultate affidabili, valutano in capo al nostro Paese, considerando anche la tratta nazionale, un costo non inferiore ai 20 miliardi di euro. Il finanziamento europeo, stante il regolamento in essere, potrebbe coprire fra l'1,2 e l'1,6 miliardi di euro. Restano da trovare nelle casse dello Stato almeno 18,4 miliardi; cifra per la quale non vi è la benché minima ipotesi di copertura. Con il traffico merci realmente prevedibile, oggi il solo a motivare la realizzazione di questa infrastruttura, i ricavi consentirebbero a stento di coprire i costi di gestione e manutenzione della nuova infrastruttura .
IL GIORNO SUCCESSIVO all’apertura manu militari del cantiere per la galleria di servizio per la nuova linea Torino-Lione, la cronaca ti ha attribuito queste dichiarazioni: “Non possiamo accettare l'idea che il processo di decisione venga bloccato da frange violente... Quello che è successo in Val di Susa è spiacevolissimo ma non si possono fermare i cantieri”. Ho sperato, nei giorni successivi, nella lettura di una riflessione meno banale di quella che ti è stata attribuita.
Al contrario, alle tue si sono aggiunte quelle ancor più generiche e arroganti del sindaco e dell'ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino. Attesa vana anche dopo il 3 luglio, grazie allo spettacolo degli scontri fra frange violente e forze di polizia che ha consentito di oscurare la più grande e ordinata manifestazione mai vista in Italia su un tema così specifico.
Non credi sia da irresponsabili prendere a pretesto il comportamento di alcune frange violente e glissare totalmente sulle ragioni del no di una intera comunità e dei loro rappresentanti?
Non è da te, per come ti conosco.
Non credo sia consentito al segretario del maggior partito di opposizione che ha fatto della consultazione popolare la sua ragion d'essere. La comunità montana della Val di Susa e Val Sangone ha prodotto non solo osservazioni puntuali e dettagliate sui nuovi progetti della nuova galleria di servizio della Maddalena e della tratta internazionale Torino-Lione. Ha presentato anche esposti e ricorsi sulla illegittimità delle procedure di approvazione e sulle modalità di affidamento della nuova galleria di servizio della Maddalena alla cooperativa Cmc di Ravenna (rigorosamente a
trattativa privata, compresi i lavori fuori sacco affidati a tre piccoli imprenditori locali usati come scudo mediatico). Posso assicurarti che tutte le procedure e gli atti connessi adottati dalla società Ltf sono quanto di peggio possa essere messo in atto a fronte delle norme europee e nazionali.
Non ho alcuna pretesa di essere creduto sulla parola, ma un partito importante come il Pd credo abbia il dovere di confrontarsi nel merito delle ragioni del no o del sì. Il no a quel progetto è il frutto della conoscenza scientifica dei numeri usati per sostenerne la fattibilità: numeri che non hanno il minimo di credibilità, anzi clamorosamente smentiti dalla realtà.
Nel 2003 transitavano su quella linea 1,5 milioni di passeggeri e 9,7 milioni di tonnellate di merci; il progetto preliminare approvato nello stesso anno dal Cipe prevedeva la saturazione della linea storica nel 2020 con oltre 6 milioni di passeggeri e 22 milioni di tonnellate di merci. Nel 2010 i passeggeri sono stati 700 mila e le merci 2,4 milioni di tonnellate.
Previsioni semplicemente false. E oggi dopo sette anni vengono riproposte pari pari. Conosco nel dettaglio quel progetto, essendo uno dei tecnici nominati, dalla comunità montana, per valutarne il merito e le procedure per la sua realizzazione. Conosco la consapevolezza informata e diffusa delle ragioni del no, dei valsusini e di tutti i tecnici che hanno almeno una minima conoscenza di quel progetto. Posso testimoniare che da quando mi occupo di questo progetto non ho mai avuto occasione di misurarmi con ragioni tecniche del sì minimamente affidabili.
I CANTIERI, se si apriranno, rischiano di tenere in piedi per decenni questo confronto dissociato fra le ragioni tecniche e scientifiche del no ad un'opera inutile e le ragioni del no alle frange violente. Dissociazione utile solo a chi, schierato per il sì, senza alcuna motivazione tecnica, si nasconde dietro il no alle violenze vere e presunte di quattro gatti. Un paravento che solo la disinformazione può tenere in piedi.
La Tav Torino-Lione rischia di diventare per il Pd e per la politica, non solo in Val di Susa ed in Piemonte, la questione dirimente della credibilità del tuo partito e della politica tutta, forse l'ultima occasione per creare un rapporto con il popolo dei referendum.
Il no al Tav, e non solo in quella valle, è semplicemente una domanda di trasparenza e confronto nel merito. La politica, con la P maiuscola, non può disattenderla. La mia stima e la mia attesa fiduciosa.
*direttore Itaca, Istituto per l’innovazione e la trasparenza degli appalti Il fatto quotidiano 10 luglio 2011
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