IDEA PD PER CONQUISTARE IL MOLISE: SOSTENERE UN CANDIDATO DEL PDL
Elezioni di novembre, l’uomo forte delle primarie non è di sinistra
Un nome un destino È Paolo Frattura a far tremare la base in regione
di Marco Palombi
Questa è una storia piccola, ma simbolica, che accade proprio in questi giorni nel regno di Michele Iorio, quello che un tempo si chiamava Molise: 320mila anime in un fazzoletto di terra dove tutto è “iorizzato”, persino l’immaginario.
Qui, però, non si racconta dell’ennesimo scandalo sulla giunta o i parenti dell’eterno governatore, ma di quanto accade nel campo avverso: l’opposizione.
A novembre si vota proprio per eleggere il nuovo presidente: il centrodestra - Udc e Fli comprese - ricandiderà ancora “sua Sanità”, mentre il centrosinistra farà le primarie. Bene, si dirà, viva la partecipazione. Mica tanto: i candidati sono cinque, tra cui due importanti personalità del Partito democratico in regione – Michele Petraroia, vicino ai movimenti e appoggiato anche da Sel e Pdci, e Antonio D’Ambrosio, ex presidente della provincia di Campobasso – ma il segretario regionale Danilo Leva ha deciso di appoggiarne un altro.
Chi? Paolo Frattura (nomen omen), il quale ha però il piccolo inconveniente di essere un uomo del PdL: presidente di Unioncamere, tra i fondatori di Forza Italia, organico al sistema di potere Iorio, con cui si è candidato nel 2001 e nel 2005, è pure figlio d’arte, visto che suo padre fu assessore regionale e deputato democristiano. Ma allora perché? Secondo Leva - che nelle assemblee del partito s’era ben guardato dal sostenere questa soluzione - gli altri candidati sono perdenti e per farcela bisogna aprirsi al nuovo, all’impresa. E al PdL, evidentemente.
Ovviamente, però, più di qualcuno non ha gradito: Rifondazione e il movimento del senatore ex Idv Astore (Partecipazione democratica) sono subito usciti dal comitato per le primarie, Petraroia e D’Ambrosio si sono appellati alla segreteria nazionale del Pd, SeL e Pdci abbandoneranno il campo se il loro candidato non correrà, mentre Italia dei Valori non ha voluto partecipare alle primarie fin dall’inizio.
Insomma, un pastrocchio epico: d’altronde la data scelta, l’11 settembre, non pare di buon auspicio.
IL FATTO è che in Molise anche il centrosinistra è ammalato di “iorismo”: accanto a militanti e dirigenti che lottano contro il malgoverno regionale, c’è anche chi s’è accoccolato in quel sistema di potere e se ne lascia cullare o, peggio, ne è complice.
Tra i democratici questo andazzo può essere riassunto nel nome del vero dominus del partito a Isernia e Campobasso: Roberto Ruta, ex deputato vicino a Fioroni, talmente sbarazzino che sta nel Pd, ma ha pure un partito tutto suo – Alternativa – che si presenta alle elezioni (cosa che, a norma di statuto, ne dovrebbe comporterebbe l’immediata espulsione). È Ruta, a maggio, che lancia l’idea di candidare Frattura, è lui che - grazie agli uomini dei suoi due partiti nel comitato promotore - è riuscito a far passare per un pelo la candidatura alle primarie dell’uomo del PdL, è lui che ha “schierato ” il giovane Leva (ex Ds, unico segretario regionale eletto sia in appoggio a Bersani che a Franceschini) a sostegno del presidente di Unioncamere. Nel centrodestra se la godono un mondo: “Se volevano vincere potevano candidare me, così non perdevamo tempo”, li ha sfottuti Iorio.
NON HA tutti i torti visto che in cinque anni Ruta e Leva hanno perso tutto quel che c’era da perdere: comuni, province e politiche.
Non è nemmeno una questione di linea politica, la “iorizzazione”: basti dire che un personaggio come Candido Paglione – ex capogruppo Pd in regione, un moderato dell’area Letta – ha lasciato il partito a inizio luglio e s’è iscritto a SeL, di cui ora è coordinatore molisano. Intanto né Bersani né altri si sono fatti vivi con Petraroia e D’Ambrosio.
O meglio qualcuno, si dice, si sarebbe fatto sentire, ma non nel senso auspicato: si tratta del responsabile organizzativo del Pd Nico Stumpo – peraltro grande amico di Leva – che pare abbia chiamato D’Ambrosio per convincerlo ad abbandonare la corsa.
“Caro Pier Luigi, il Pd non può non porsi una ‘questione ideale’ che quando sbiadisce lascia riaffiorare i miasmi di quella ‘morale’, perché in assenza di valori forti si finisce con lo scadere nel pragmatismo più bieco, nel cinismo del potere per il potere, nel tatticismo senz’anima e nella politica senza cuore, né passione (…) Non rimuoviamo la nostra storia ritenendoci culturalmente inferiori alle destre e rilanciamo con grinta un progetto di cambiamento della società”. Lo ha scritto una giovane militante di Campobasso, Marinella Di Carlo, in una lettera aperta al suo segretario. A oggi, nessuna risposta. Il Fatto quotidiano 30 luglio 2011
sabato 30 luglio 2011
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