mercoledì 27 luglio 2011

nucleare, Chernobyl un laboratorio per Yuri Bandazhevsky

UN LABORATORIO PER YURI

“UN LABORATORIO PER YURI” è una proposta di “Mondo in cammino” rivolta al mondo scientifico, italiano e internazionale, operante sia nel settore pubblico che privato. Ha origine dallo stretto rapporto creatosi fra l’Organizzazione di volontariato “Mondo in cammino” e il prof. Yuri Bandazhevsky.

Yuri Bandazhevsky è stato fondatore e rettore dell’Istituto medico di Gomel (Bielorussia) dal 1990 al 1999. Per le sue ricerche in ambito medico ed anatomo-patologico ha ottenuto diversi riconoscimenti, fra cui la medaglia d’oro Albert Swaitzer e la Stella d’oro dell’Accademia di Medicina della Polonia. È autore di oltre 240 lavori di ricerca.

Dopo il disastro di Chernobyl, il professore Bandazhevsky intuì le esatte dimensioni della tragedia. Il ricercatore non si arrestò davanti ai dogmi ed alle immutabili verità ufficiali: le sue ricerche riuscirono a dimostrare gli effetti nel tempo dell’esposizione continua a piccole quantità e basse dosi di radionuclidi, soprattutto a livello cardiovascolare. Il veicolo di questo lento assorbimento era il cibo e Bandazhevsky segnalò la pericolosità del cibo bielorusso. La sua denuncia e le sue ricerche non vennero, però, accettate dal regime bielorusso e dalla politica di minimizzazione che perseguiva assieme all’AIEA, ed un tribunale militare lo condannò a otto anni di lavori forzati con la possibilità di vedere una volta, ogni tre mesi, la moglie Galina. L’accusa, non supportata da alcun testimone, fu quella di avere chiesto denaro per ammettere uno studente all’università. Un vasto movimento di opinione internazionale intervenne a suo sostegno ed Amnesty International ne riconobbe lo status di "prigioniero di coscienza". Nel 2001 ottenne il passaporto della libertà dalla Comunità Europea. In seguito alla mobilitazione diplomatica di diversi Paesi della CEE venne liberato il l5 agosto 2005, dopo 6 anni e 1 mese.

Ora, a partire dal 2005, il professore vive esiliato dalla sua patria (la Bielorussia, in cui vivono la moglie, le sue due figlie e la nipote) senza avere la possibilità di continuare i suoi studi, soprattutto quelli che fanno capo alla patologia da lui scoperta, e riconosciutagli dalla comunità scientifica internazionale, e che va sotto il nome di “miocardiopatia da Cesio 137”. In pratica il professore scoprì il ruolo di “agente provocatore” del Cesio 137 nel causare, a basse dosi, patologie e malformazioni.

Estendendo il ragionamento, il professore afferma che lo stesso possa dirsi per tutti gli altri isotopi liberati in natura dai vari fallout diffusisi dagli anni ’50 del secolo scorso.

A distanza di oltre 10 anni, le sue ricerche e la sua intuizione hanno cominciato ad essere confermate anche da altri studi come quelli resi pubblici nel giugno 2011 dagli scienziati dell’Helmholtz Zentrum München che hanno scoperto una variazione genetica del cancro alla tiroide: tale variante dimostra tracce di una precedente esposizione alle radiazioni ionizzanti.
Il gene marcatore, la cosiddetta “impronta digitale della radiazione”, è stato identificato nei casi di cancro alla tiroide delle vittime di Chernobyl ed era, invece, assente nei pazienti senza storia di esposizione alla radioattività.

Ma molto del “know how” riguardante gli effetti specifici delle radiazioni ionizzanti e dei singoli radionuclidi nelle cellule, è ancora nella testa e nelle mani del professore, impaziente di riprendere le sue ricerche, ma impossibilitato a farlo per la sua situazione di uomo strappato agli affetti familiari, di uomo e scienziato esiliato in quella stessa Comunità Europea che gli ha conferito l’onore del venticinquesimo passaporto della libertà, per di più privo di risorse pian piano assottigliatesi, fino a sparire, in seguito alla carcerazione.

Pochi mesi basterebbero al professore per dare continuità, dimostrazione e valenza alle sue ricerche così drammaticamente interrotte e per mettere in evidenza la sequenza indotta dagli isotopi radioattivi che, dalle prime fasi silenti di mutazione, inducono e manifestano evidenti aberrazioni cromosomiche, malformazioni genetiche, fino alle più svariate patologie (non solo da immunodepressione, ma anche da azione diretta dei radionuclidi, singoli o associati).

Le ricerche del professore Bandazevski potrebbero dare una risposta, pessimisticamente parziale, a quella grande “epidemia di cancro” che sta investendo la nostra società.

È NECESSARIO RIDARE DIGNITÀ ALLO SCIENZIATO E ALL’UOMO E OFFRIRE AL PROFESSORE BANDAZHEVSKY LA POSSIBILITÀ DI LAVORARE IN UN LABORATORIO DOVE, IN REGOLA CON I PROTOCOLLI ETICO/SCIENTIFICI E GLI STANDARD COMUNITARI IN VIGORE, POSSA CONTINUARE E DIMOSTRARE LE SUE RICERCHE.

Mondo in cammino lancia questo appello alla comunità scientifica, ai vari istituti di ricerca, agli stessi ricercatori affinchè il professore Yuri Bandazhevsky possa ritornare ad essere uno scienziato in possesso della sua libertà (ovvero dei suoi strumenti e dei suoi mezzi) per continuare le sue ricerche.

Non è solo un riconoscimento dovuto al professore (verso cui siamo debitori per aver pagato per la sua onestà intellettuale messa al servizio dell’etica professionale), ma un regalo che facciamo alla nostra e alle future generazioni, nella speranza di prevenire, con maggiore conoscenza, metodo e capacità, le insidie di un fallout che per secoli sarà ancora presente.

“UN LABORATORIO PER YURI” è uno spazio fisico in cui la ricerca accetta la sfida per dimostrare ciò che fino ad ora non si è ritenuto opportuno dimostrare.

È, inoltre, un impegno e un investimento per un futuro verso cui “Mondo in cammino” chiede, al mondo scientifico pubblico e privato, agli sponsor e agli enti, ai singoli e a tutte le persone di buona volontà, di impegnarsi concretamente.


Massimo Bonfatti
Presidente di Mondo in cammino
www.mondoincammino.org

Info e notizie sul professore Bandazhevsky CLICCANDO QUI http://www.progettohumus.it/chernobyl.php?name=yuri

Per contatti: +39 366 2089847
Email: info@mondoincammino.org

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