IL SISDE LO
SCRISSE
2 MESI DOPO L’OMICIDIO A MOGADISCIO NELLE INFORMATIVE DEL 1994, ORA
DESECRETATE
AIDID
& CO.
I
servizi segreti
individuarono
anche i
responsabili,
a iniziare
dal
‘signore della
guerra
’. Poi due decenni
di
ipotesi e depistaggi
di
Stefano
Citati
Vent’anni
dopo torna
la
prima verità.
Quella
che avevano
scritto
i servizi segreti.
Il
20 marzo del 1994 Ilaria
Alpi
e Miran Hrovatin furono
uccisi
a Mogadisico per il traffico
d’armi
tra l’Italia e la Somalia.
Semplice
e chiaro a leggere
le
carte desecretate - dopo l’an -
nuncio
di qualche settimana fa
del
premier Renzi - del Sisde.
L’indiziato
numero uno della
ragione
della morte della giornalista
del
Tg3
e
del suo operatore,
fa
capolino fin da subito,
meno
di 2 mesi dopo l’esecuzio -
ne
nelle polverose strade della
capitale
somala. A mettere
l’ipotesi
nero su bianco è il servizio
segreto
interno. Che in
un’informativa
riservata del
maggio
‘94 suggerisce anche i
nomi
di 4 possibili mandanti.
Tutti
somali. Non solo. Le fonti
del
Sisde puntano subito il dito
contro
la cooperativa italo-somala
Somalfish,
sui cui pescherecci
sarebbero
transitate le armi
(a
lungo si è ipotizzato e riferito
di
fusti di rifiuti tossici da
interrare
o scaricare in fondo al
mare,
ndr)
arrivate al porto di
Bosaso,
nel nord dell’ex colonia
italiana.
IN
QUELL'INFORMATIVA-
trasmessa
pochi
mesi dopo, tra gli
altri,
al ministero dell’Interno e
alla
Procura di Roma - il Sisde
indica,
sulla base di non meglio
precisate
“fonti fiduciarie”, 4
somali
come “probabili mandanti”
dell’omicidio:
il colonnello
Mohamed
Sheikh Osman
(trafficante
d’armi del clan Murasade),
Said
Omar Mugne
(amministratore
della Somalfish
e
uomo di collegamento del
dittatore
Siad Barre in Italia),
Mohamed
Ali Abukar e
Mohmaed
Samatar. Fatale, per i
due
reporter, sarebbe stato il
viaggio
al porto di Bosaso, dove
sarebbero
saliti a bordo della
motonave
‘21 ottobre’, vascello
della
Somalfish, e avrebbero documentato
una
partita d’armi
marchiata
‘Cccp’, ovvero Unione
sovietica.
Tra
gli incartamenti desecretati
anche
la nota del Sisde, sempre
‘94
e la cui esistenza è già emersa
nel
corso dei processi, in cui si
indicavano
come “mandanti o
mediatori
tra mandanti ed esecutori
del
duplice omicidio”, il
faccendiere
Giancarlo Marocchino
(uno
dei primi ad arrivare
sul
luogo dell’esecuzione) ed
Ennio
Sommavilla, altro connazionale
ben
introdotto in Somalia.
L’informativa,
però, all’epoca
viene
girata al Sismi (e solo al
Sismi),
il servizio segreto esterno.
Come
si evince da un memorandum
compilato
dal Sisde
nel
2002 per il Copaco, il Sismi
di
fatto stoppa i cugini smentendo
la
veridicità delle affermazioni.
E
qui il filo rosso s’interrom -
pe.
Fino al novembre ‘97 quando,
attraverso
il Cesis, la nota
viene
infine inoltrata alla procura
di
Torre Annunziata,
nell’ambito
del processo penale
‘Cheque
to Cheque’.
Poco
prima, a fine '96, spunta
un’altra
informativa, stavolta
del
Sismi, nella quale si sottolinea
che,
secondo ambienti
dell’Olp,
il mandante del doppio
omicidio
sarebbe stato generale
Aidid,
signore della guerra,
utilizzatore
finale del traffico
d’armi,
poi ‘stornato’ in
(dove
si rifugiò poi Mugne)
reduci
afgani. Marocchino sarebbe
stato
implicato nel traffico,
usando
per lo scopo
della
cooperazione Italia-Somalia.
L’imprenditore
ha sempre
negato
ogni addebito
processi
non lo hanno toccato
anzi
è stato parte offesa calunnia.
AIDID
& CO.
I
servizi segreti
individuarono
anche i
responsabili,
a iniziare
dal
‘signore della
guerra
’. Poi due decenni
di
ipotesi e depistaggi
20
MARZO 1994
il fatto quotidiano 24 maggio 2014
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