domenica 25 maggio 2014

Alpi e Hrovatin, la verità delle armi 20 anni dopo I GIORNALISTI FURONO UCCISI PER L’INCHIESTA SUL TRAFFICO TRA ITALIA E SOMALIA.

 IL SISDE LO
SCRISSE 2 MESI DOPO L’OMICIDIO A MOGADISCIO NELLE INFORMATIVE DEL 1994, ORA DESECRETATE
AIDID & CO.
I servizi segreti
individuarono anche i
responsabili, a iniziare
dal ‘signore della
guerra ’. Poi due decenni
di ipotesi e depistaggi
di Stefano Citati
Vent’anni dopo torna
la prima verità.
Quella che avevano
scritto i servizi segreti.
Il 20 marzo del 1994 Ilaria
Alpi e Miran Hrovatin furono
uccisi a Mogadisico per il traffico
d’armi tra l’Italia e la Somalia.
Semplice e chiaro a leggere
le carte desecretate - dopo l’an -
nuncio di qualche settimana fa
del premier Renzi - del Sisde.
L’indiziato numero uno della
ragione della morte della giornalista
del Tg3 e del suo operatore,
fa capolino fin da subito,
meno di 2 mesi dopo l’esecuzio -
ne nelle polverose strade della
capitale somala. A mettere
l’ipotesi nero su bianco è il servizio
segreto interno. Che in
un’informativa riservata del
maggio ‘94 suggerisce anche i
nomi di 4 possibili mandanti.
Tutti somali. Non solo. Le fonti
del Sisde puntano subito il dito
contro la cooperativa italo-somala
Somalfish, sui cui pescherecci
sarebbero transitate le armi
(a lungo si è ipotizzato e riferito
di fusti di rifiuti tossici da
interrare o scaricare in fondo al
mare, ndr) arrivate al porto di
Bosaso, nel nord dell’ex colonia
italiana.
IN QUELL'INFORMATIVA- trasmessa
pochi mesi dopo, tra gli
altri, al ministero dell’Interno e
alla Procura di Roma - il Sisde
indica, sulla base di non meglio
precisate “fonti fiduciarie”, 4
somali come “probabili mandanti”
dell’omicidio: il colonnello
Mohamed Sheikh Osman
(trafficante d’armi del clan Murasade),
Said Omar Mugne
(amministratore della Somalfish
e uomo di collegamento del
dittatore Siad Barre in Italia),
Mohamed Ali Abukar e
Mohmaed Samatar. Fatale, per i
due reporter, sarebbe stato il
viaggio al porto di Bosaso, dove
sarebbero saliti a bordo della
motonave ‘21 ottobre’, vascello
della Somalfish, e avrebbero documentato
una partita d’armi
marchiata ‘Cccp’, ovvero Unione
sovietica.
Tra gli incartamenti desecretati
anche la nota del Sisde, sempre
94 e la cui esistenza è già emersa
nel corso dei processi, in cui si
indicavano come “mandanti o
mediatori tra mandanti ed esecutori
del duplice omicidio”, il
faccendiere Giancarlo Marocchino
(uno dei primi ad arrivare
sul luogo dell’esecuzione) ed
Ennio Sommavilla, altro connazionale
ben introdotto in Somalia.
L’informativa, però, all’epoca
viene girata al Sismi (e solo al
Sismi), il servizio segreto esterno.
Come si evince da un memorandum
compilato dal Sisde
nel 2002 per il Copaco, il Sismi
di fatto stoppa i cugini smentendo
la veridicità delle affermazioni.
E qui il filo rosso s’interrom -
pe. Fino al novembre ‘97 quando,
attraverso il Cesis, la nota
viene infine inoltrata alla procura
di Torre Annunziata,
nell’ambito del processo penale
Cheque to Cheque’.
Poco prima, a fine '96, spunta
un’altra informativa, stavolta
del Sismi, nella quale si sottolinea
che, secondo ambienti
dell’Olp, il mandante del doppio
omicidio sarebbe stato generale
Aidid, signore della guerra,
utilizzatore finale del traffico
d’armi, poi ‘stornato’ in
(dove si rifugiò poi Mugne)
reduci afgani. Marocchino sarebbe
stato implicato nel traffico,
usando per lo scopo
della cooperazione Italia-Somalia.
L’imprenditore ha sempre
negato ogni addebito
processi non lo hanno toccato
anzi è stato parte offesa calunnia.
AIDID & CO.
I servizi segreti
individuarono anche i
responsabili, a iniziare
dal ‘signore della
guerra ’. Poi due decenni
di ipotesi e depistaggi

20 MARZO 1994
il fatto quotidiano 24 maggio 2014

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