di
Marco
Travaglio
Ci
sono tre modi per riaversi da una sconfitta.
1)
Negarla, autoconsolandosi con formulette
e
scuse da Prima Repubblica (la sostanziale
tenuta,
lo zoccolo duro, il consolidamento della
base,
la presenza sul territorio, la stampa cattiva,
gli
elettori che non hanno capito, il destino cinico
e
baro). 2) Piangersi addosso, crogiolandosi,
arroccandosi
e incattivire in un dorato e sdegnoso
isolamento
dal mondo esterno, visto immancabilmente
come
ostile e incomunicabile. 3)
Analizzare
le cause dell’insuccesso, magari con
l’aiuto
di qualche esperto vero, e ripartire di slancio
per
rimuoverle, facendo tesoro degli errori e
guardando
avanti. Le prime due reazioni non
portano
lontano: sia i comodi alibi sia le lacrime
appannano
la vista. Eppure è proprio altalenando
fra
la prima e la seconda che si muovono i
5Stelle
dopo la batosta europea. E dire che lunedì
sia
Grillo (con il video autoironico sul Maalox)
sia
Casaleggio (con la frase: “Dobbiamo sorridere
di
più”) sembravano aver capito la lezione.
Poi,
da martedì, è stato tutto un retrocedere e un
avvitarsi
in cupe e cacofoniche sedute di autoincoscienza,
culminate
nell’incredibile incontro
fra
Grillo e il leader nazionalista, xenofobo e nuclearista
britannico
Nigel Farage. Ha un bel dire
Beppe
che “Nigel è simpatico”: pare che sia pure
vero,
è un battutista impenitente, veste da dandy
e
la sua foto giovanile in versione punk fa sbellicare.
Ma
allora? De Gasperi ed Einaudi, i più
grandi
statisti dell’Italia repubblicana, non
sprizzavano
certo simpatia. In compenso Berlusconi,
il
peggiore premier della storia repubblicana
e
anche monarchica, è a suo modo e in
piccole
dosi simpatico. Ma un conto sono i tratti
umani,
un altro le idee e i programmi politici:
non
erano stati proprio i 5Stelle a dire che in
Europa
si sarebbero seduti accanto alle forze più
vicine
o meno lontane al loro programma? Quello
pentastellato
è semplice e scarno, sette punti
appena:
nemmeno una virgola in comune con
quello
dell’Ukip, che vuole cacciare dal Regno
Unito
tutti i cittadini nati altrove (Italia compresa).
In
compenso moltissimi punti in comune
con
i Verdi, sia per le politiche ambientali ed
energetiche,
sia per un’Europa intesa come comunità
dei
cittadini e non come casta delle lobby
finanziarie.
Se proprio Grillo voleva levarsi lo
sfizio
di farsi un bicchierino con Farage, cosa
fatta
capo ha (anche se quel pranzo ha sconcertato
i
suoi elettori che, proprio perché non sono
“né
di destra né di sinistra”, non hanno nulla a
che
fare con xenofobia e nazionalismo; in compenso
ha
fatto felici gli avversari che non vedevano
l’ora
di dipingerlo come il nuovo Hitler).
Ora
però segua le regole del suo movimento e
ascolti
gli eletti ed elettori, che vedono la sola
ipotesi
Farage come il fumo negli occhi (anche se
l’Ukip
fosse solo un taxi). Non occorre neppure
consultare
la Rete per capire che la proposta indecente
verrebbe
bocciata, con numeri ben più
schiaccianti
di quelli che smentirono G&C sul
reato
di clandestinità e sull’incontro con Renzi.
Un
buon punto di ripartenza è il documento dello
staff
Comunicazione che, accanto a bizzarrie
pittoresche
(il trench
scuro e i
boccoli di Casaleggio
che
fan perdere voti), contiene analisi serie
e
impietose della sconfitta. Ed è pure la smentita
della
leggenda nera che vuole tutti i “grillini”
teleguidati
dal Capo e dal Guru. Ieri, sul sito del
Fatto
, la
co-presidente dei Verdi Europei Monica
Frassoni
ha invitato i 5Stelle al dialogo e non ha
escluso
di accoglierli nel gruppo parlamentare.
Grillo
la conosce bene: nel 2007 fu proprio lei ad
aprirgli
per la prima volta le porte dell’Europarlamento.
Il
posto giusto per i 5S è accanto agli
ambientalisti,
che potrebbero rivelarsi molto
utili
nelle battaglie contro le mille Ilva (ben appoggiate
da
destra e sinistra) e contro quel mostro
che
è il Tav Torino-Lione (sostenuto da destra
e
sinistra, in cambio di cosa magari un giorno
lo
scoprirà qualche pm), oltreché contro l’Europa
dei
banchieri & affaristi (amici di destra e
sinistra).
L’importante è aprire gli occhi, evitando
che
Grillo diventi un grillotalpa. il fatto quotidiano 31 maggio 2014
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