NEL 2007 L’ALLORA PRESIDENTE DELL’AUTORITÀ DI BACINO
GIORGIO D’AMBROSIO (OGGI IN LISTA COL PD ALLE REGIONALI)
INTERVENNE CON DEI FILTRI RISULTATI ANCORA PIÙ INQUINANTI
L’EX DEPUTATO
Acerbo (Rifondazione),
dopo il dossier
del Wwf, presentò
un’i n te r ro ga z i o n e :
fu denunciato
per procurato allarme
il fatto quotidiano 27 marzo 2014
di Melissa Di Sano
e Antonio Massari
Pescara
La grande fabbrica” da -
va da mangiare a più
di duemila famiglie.
Ma fino al 2007 ha inquinato
l’acqua di 700mila persone.
Qui, in località Tremonti,
ora vedi ghiaia e recinti: è una delle
due discariche dell’immenso
polo chimico, che si estende su 17
ettari, da monte a valle, tra i fiumi
Pescara e Tirino. Siamo nel cuore
dello scandalo Bussi: questa discarica
mette paura soltanto a
guardarla, per quant’è vicina al
fiume Pescara. Così vicina che ne
costeggia l’argine.
QUESTO resta, del grande polo
chimico un tempo targato Montedison.
Lo scrive adesso l’istituto
superiore di Sanità: “Una massiva
contaminazione delle acque,
superficiali, sotterranee e destinate
al consumo”. Lo leggiamo
oggi tutti sapevano, ma nessuno
ha avvertito gli abruzzesi: piuttosto
s’è pensato a una presunta bonifica,
da ben 50 milioni stanziati
con l’emendamento bipartisan
spinto da Gianni Letta e Franco
Marini, che saranno usati soprattutto
dall’imprenditore Carlo
Toto, che proprio lì vuol costruire
un cementificio.. Sapeva l’Ar -
ta, l’agenzia regionale per la tutela
dell’Ambiente, che lo certifica sin
dal 2004. Lo sapeva, già nel 2007,
lo stesso Iss, quando Massimo
Ottaviani, direttore del reparto
igiene delle acque, viene sentito
dal corpo della Guardia forestale,
guidato dal comandante Guido
Conti, che avviò l’attività d’inda -
gine: “Sono stato informato che i
pozzi insistono a valle di un sito
fortemente inquinato… al fine di
prevenire un potenziale pericolo
per la salute umana, vista la possibilità
di fonti idriche alternative,
l’utilizzo dei pozzi presenti
andrebbe evitato”. Invece, almeno
in un primo momento, si optò
per una decisione diversa: l’appo -
sizione di filtri ai pozzi inquinanti.
Soluzione di fatto voluta dall’allora
presidente dell’Ato (l’au -
torità di bacino) Giorgio D’Am -
brosio – oggi candidato per il Pd
alle regionali –, costata 1,3 milioni
di euro, che produsse un risultato:
l’acqua dei pozzi “collegati ai
filtri 1 e 2 non veniva efficacemente
filtrata, ma bensì si otteneva
l’effetto opposto: la cessione
dell’inquinante, piuttosto che la
sua rimozione”. Anche questo si
legge negli atti del processo sul
caso Bussi, che è diviso in due
tronconi. Il primo presso la Corte
d’Assise di Chieti che, dopo l’in -
chiesta del Corpo forestale, vede
imputati 19 dirigenti ed ex dirigenti
di Montedison e Solvay, per
avvelenamento di acque e disastro
ambientale. A Pescara, in fase
preliminare, è aperto il fascicolo
che vede indagati alcuni dirigenti
dell’Azienda consortile
acquedottistica. Quei filtri, per
esempio, non meritavano di essere
montati a detta dello stesso
dirigente dell’Iss: “L’utilizzo di risorse
idriche provenienti da siti
inquinati” con “idonee procedure
di trattamento” può “essere
giustificato solo dalla mancanza
di risorse idriche alternative”. E
qui bastava scavare qualche centinaio
di metri più in là per trovare
acqua buona. Il dato più incredibile
dell’interrogatorio di
Ottaviani è, però, il seguente:
“Già dal 2004, dalle indagini analitiche
dell’Arta, è stata accertata
la presenza di una serie di sostanze
organiche, in particolare alogenoderivati…”.
Era tutto noto.
Sin dal 2004. Ma nessuna istituzione
ha avvertito adeguatamente
la popolazione. Tra le denunce
– a parte quella del Wwf e del Forum
abruzzese dei movimenti
dell’Acqua – si trova soltanto un
esponente politico. È Maurizio
Acerbo, consigliere regionale di
Rifondazione comunista che nel
2007, quand’era deputato, prese
sul serio le denunce di cittadini e
associazioni e presentò un’inter -
rogazione parlamentare. E fu accusato
di aver creato allarme.
RACCONTA Acerbo: “I responsabili
della mancata chiusura dei
pozzi contaminati, della mancata
informazione ai cittadini, dei laboratori
Aca non funzionanti,
accusarono noi, di diffondere
notizie false. Primo tra tutti, l’al -
lora presidente dell’Ato (ente che
sovrintendeva alla gestione del
servizio idrico, ndr) Giorgio
D’Ambrosio, che ci accusò di
aver creato un ingiustificato allarme
sociale e intervenne anche
per far riaprire uno dei pozzi di
campo Sant’Angelo. Ed è inquietante
che lui – come i principali
leader del noto ‘partito dell’ac -
qua’ – sarà candidato alle prossime
elezioni regionali con il Pd”.
Che Acerbo, il corpo forestale, la
procura e il Wwf avessero ragione,
è ora certificato dalle 70 pagine
della relazione firmata Iss,
depositata durante il processo di
Bussi in Corte d’Assise. Nel documento,
redatto da Riccardo
Crebelli e Luca Lucentini, si legge
che “l’acqua contaminata da sostanze
di accertata tossicità è stata
distribuita in un vasto territorio e
a circa 700 mila consumatori,
senza limitazioni d’uso e controllo,
anche per utenze sensibili come
scuole e ospedali”.
I CAMPIONI sono stati prelevati
– oltre che dai pozzi Sant’Angelo
–dalle fontane pubbliche di Torre
de’ Passeri e Pescara, dai rubinetti
delle case di Chieti e Popoli. Il
rapporto evidenzia la presenza di
cloruro di vinile, tricloroetilene,
cloroformio: tutti agenti cancerogeni.
È stato “determinato un pericolo
reale e concreto per la salute”.
E “ai consumatori è mancata
ogni informazione sui potenziali
rischi associati al consumo
di tali acque e a cui pertanto
era preclusa la possibilità di adottare
misure specifiche di prevenzione
e mitigazione di tali rischi”.
La relazione ha preso in esame
“una minima parte dello scenario
di rischio a cui i consumatori sono
stati esposti”. Senza contare
che “tracce d’inquinamento di tetracloroetilene
nelle acque per
uso potabile sono evidenziate già
nel 1992” (dati Arta).
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento