giovedì 27 marzo 2014

LA POLITICA SAPEVA L’ACQUA HA AVVELENATO 700 MILA ABRUZZESI

NEL 2007 L’ALLORA PRESIDENTE DELL’AUTORITÀ DI BACINO GIORGIO D’AMBROSIO (OGGI IN LISTA COL PD ALLE REGIONALI) INTERVENNE CON DEI FILTRI RISULTATI ANCORA PIÙ INQUINANTI L’EX DEPUTATO Acerbo (Rifondazione), dopo il dossier del Wwf, presentò un’i n te r ro ga z i o n e : fu denunciato per procurato allarme il fatto quotidiano 27 marzo 2014

di Melissa Di Sano e Antonio Massari Pescara La grande fabbrica” da - va da mangiare a più di duemila famiglie. Ma fino al 2007 ha inquinato l’acqua di 700mila persone. Qui, in località Tremonti, ora vedi ghiaia e recinti: è una delle due discariche dell’immenso polo chimico, che si estende su 17 ettari, da monte a valle, tra i fiumi Pescara e Tirino. Siamo nel cuore dello scandalo Bussi: questa discarica mette paura soltanto a guardarla, per quant’è vicina al fiume Pescara. Così vicina che ne costeggia l’argine. QUESTO resta, del grande polo chimico un tempo targato Montedison. Lo scrive adesso l’istituto superiore di Sanità: “Una massiva contaminazione delle acque, superficiali, sotterranee e destinate al consumo”. Lo leggiamo oggi tutti sapevano, ma nessuno ha avvertito gli abruzzesi: piuttosto s’è pensato a una presunta bonifica, da ben 50 milioni stanziati con l’emendamento bipartisan spinto da Gianni Letta e Franco Marini, che saranno usati soprattutto dall’imprenditore Carlo Toto, che proprio lì vuol costruire un cementificio.. Sapeva l’Ar - ta, l’agenzia regionale per la tutela dell’Ambiente, che lo certifica sin dal 2004. Lo sapeva, già nel 2007, lo stesso Iss, quando Massimo Ottaviani, direttore del reparto igiene delle acque, viene sentito dal corpo della Guardia forestale, guidato dal comandante Guido Conti, che avviò l’attività d’inda - gine: “Sono stato informato che i pozzi insistono a valle di un sito fortemente inquinato… al fine di prevenire un potenziale pericolo per la salute umana, vista la possibilità di fonti idriche alternative, l’utilizzo dei pozzi presenti andrebbe evitato”. Invece, almeno in un primo momento, si optò per una decisione diversa: l’appo - sizione di filtri ai pozzi inquinanti. Soluzione di fatto voluta dall’allora presidente dell’Ato (l’au - torità di bacino) Giorgio D’Am - brosio – oggi candidato per il Pd alle regionali –, costata 1,3 milioni di euro, che produsse un risultato: l’acqua dei pozzi “collegati ai filtri 1 e 2 non veniva efficacemente filtrata, ma bensì si otteneva l’effetto opposto: la cessione dell’inquinante, piuttosto che la sua rimozione”. Anche questo si legge negli atti del processo sul caso Bussi, che è diviso in due tronconi. Il primo presso la Corte d’Assise di Chieti che, dopo l’in - chiesta del Corpo forestale, vede imputati 19 dirigenti ed ex dirigenti di Montedison e Solvay, per avvelenamento di acque e disastro ambientale. A Pescara, in fase preliminare, è aperto il fascicolo che vede indagati alcuni dirigenti dell’Azienda consortile acquedottistica. Quei filtri, per esempio, non meritavano di essere montati a detta dello stesso dirigente dell’Iss: “L’utilizzo di risorse idriche provenienti da siti inquinati” con “idonee procedure di trattamento” può “essere giustificato solo dalla mancanza di risorse idriche alternative”. E qui bastava scavare qualche centinaio di metri più in là per trovare acqua buona. Il dato più incredibile dell’interrogatorio di Ottaviani è, però, il seguente: “Già dal 2004, dalle indagini analitiche dell’Arta, è stata accertata la presenza di una serie di sostanze organiche, in particolare alogenoderivati…”. Era tutto noto. Sin dal 2004. Ma nessuna istituzione ha avvertito adeguatamente la popolazione. Tra le denunce – a parte quella del Wwf e del Forum abruzzese dei movimenti dell’Acqua – si trova soltanto un esponente politico. È Maurizio Acerbo, consigliere regionale di Rifondazione comunista che nel 2007, quand’era deputato, prese sul serio le denunce di cittadini e associazioni e presentò un’inter - rogazione parlamentare. E fu accusato di aver creato allarme. RACCONTA Acerbo: “I responsabili della mancata chiusura dei pozzi contaminati, della mancata informazione ai cittadini, dei laboratori Aca non funzionanti, accusarono noi, di diffondere notizie false. Primo tra tutti, l’al - lora presidente dell’Ato (ente che sovrintendeva alla gestione del servizio idrico, ndr) Giorgio D’Ambrosio, che ci accusò di aver creato un ingiustificato allarme sociale e intervenne anche per far riaprire uno dei pozzi di campo Sant’Angelo. Ed è inquietante che lui – come i principali leader del noto ‘partito dell’ac - qua’ – sarà candidato alle prossime elezioni regionali con il Pd”. Che Acerbo, il corpo forestale, la procura e il Wwf avessero ragione, è ora certificato dalle 70 pagine della relazione firmata Iss, depositata durante il processo di Bussi in Corte d’Assise. Nel documento, redatto da Riccardo Crebelli e Luca Lucentini, si legge che “l’acqua contaminata da sostanze di accertata tossicità è stata distribuita in un vasto territorio e a circa 700 mila consumatori, senza limitazioni d’uso e controllo, anche per utenze sensibili come scuole e ospedali”. I CAMPIONI sono stati prelevati – oltre che dai pozzi Sant’Angelo –dalle fontane pubbliche di Torre de’ Passeri e Pescara, dai rubinetti delle case di Chieti e Popoli. Il rapporto evidenzia la presenza di cloruro di vinile, tricloroetilene, cloroformio: tutti agenti cancerogeni. È stato “determinato un pericolo reale e concreto per la salute”. E “ai consumatori è mancata ogni informazione sui potenziali rischi associati al consumo di tali acque e a cui pertanto era preclusa la possibilità di adottare misure specifiche di prevenzione e mitigazione di tali rischi”. La relazione ha preso in esame “una minima parte dello scenario di rischio a cui i consumatori sono stati esposti”. Senza contare che “tracce d’inquinamento di tetracloroetilene nelle acque per uso potabile sono evidenziate già nel 1992” (dati Arta).

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