lunedì 3 marzo 2014
Crotone la città dei veleni i ragazzi crescono a rame, piombo e zinco, con il mostro ex Sin ex Montedison e Pertusola
Il “mostro” si chiama ex Sin w Era un sito di interesse nazionale, un’area che per oltre 70 anni ha illuso la zona facendole
credere di essere la “Torino del Sud”, una città industriale grazie all’ex Montedison e alla Pertusola. Due stabilimenti
che lavoravano metalli pesanti e che hanno contaminato in maniera gravissima questo pezzo di Stivale
La città dei veleni
Qui i ragazzi crescono
a rame, piombo e zinco
IL SUSSIDIARIO
NUMERI E DESTINI
IL SUSSIDIARIO
di Lucio Musolino
Ho dovuto subire tre funerali nell'arco
di sei mesi”. Antonella Godano
è una ragazza di 32 anni. Vive a
Crotone dove l'anno scorso ha
perso il padre, una zia e un cognato. Tutti malati
oncologici. Il tumore li ha divorati e non gli ha
dato scampo. Elvezio Astorino è anche lui di
Crotone. Fino al 2011 aveva un lavoro e gli mancava
poco alla pensione. Adesso è a casa: lo Stato
gli ha detto che può usufruire di due anni di
riposo per curarsi da una malattia che lo sta uccidendo.
Combatte contro un cancro: si è ricoverato
per mesi, ha subito un delicato intervento
chirurgico e lunghissime sedute di chemioterapia
in un ospedale che non ha un adeguato
polo oncologico.
Qui il mostro si chiama “ex Sin”. Era un sito di
interesse nazionale, un'area che per oltre 70 anni
ha illuso Crotone facendole credere di essere
la “Torino del Sud”, una città industriale grazie
all'ex Montedison e alla Pertusola. Due stabilimenti
che lavoravano zinco, cadmio, piombo,
rame e arsenico. Metalli
pesanti che hanno contaminato
questo pezzo di
Calabria. Sfumato ogni
progetto di sviluppo industriale,
la disoccupazione
è alle stelle. Il lavoro
non c'è più e ai crotonesi
sono rimasti solo i tumori.
A nulla è servito, nel
2001, il decreto del ministero
dell'Ambiente che
aveva inserito l'area tra
quelle da bonificare. L'ex
Sin è lì. Fa bella mostra di
sé assieme alle discariche
di Tufolo e Farina oggi diventate
“finte colline” do -
ve gli alberi crescono sopra
un cumulo di rifiuti
speciali ed rsu.
“R APPRESENTANO –
scriveva il ministero dell'Ambiente
– un forte pericolo
d'inquinamento
sull'area circostante. Si sospetta
la presenza di rifiuti
sanitari e pericolosi. La
vulnerabilità della falda e
dei corpi idrici superficiali,
la pericolosità dei rifiuti abbancati senza alcuna
opera di protezione, la vicinanza a centri ad
elevata densità abitativa, inducono a ritenere lo
stato di compromissione dell'area a elevata pericolosità
sanitaria ed ambientale”. Queste parole
risalgono a 13 anni fa. Da allora non è stato
fatto nulla. E intanto la gente muore di tumore.
Lo studio epidemiologico “Sentieri”, per quanto
riguarda Crotone, ha certificato gli “eccessi di
mortalità”. E così sarà almeno fino al 2018 quando,
stando alle previsioni del progetto realizzato
dal ministero della Salute, si toccherà il picco dei
decessi per malattie oncolocigiche.
Da un mese un gruppo di attivisti ha occupato il
piazzale dell'impianto Eni dove è stato allestito
un presidio con tanto di tende per la notte. “Sia -
mo qui dal 30 gennaio” spiega il coordinatore
della protesta Pietro Infusino, un ex consigliere
comunale dei Verdi che punta il dito contro la
multinazionale, già condannata dal Tribunale di
Milano a pagare 56,7 milioni di euro per il danno
ambientale di Crotone. Gli attivisti minacciano
azioni eclatanti e tra i tanti striscioni esposti nel
piazzale dell'Eni, ce n'è uno con la scritta “Ma il
sindaco c'è?”. Il riferimento è a Peppino Vallone, primo cittadino di Crotone ed eletto presidente
dell'assemblea regionale del Partito democratico.
“Il nostro caro sindaco – sottolinea il coordinatore
degli attivisti – è assente su tutti i gravi
problemi della città. Non c'è mai. È impegnato in
altre cose e forse preferisce fare incontri singoli
con Eni. Dovrebbe spiegare perché questi incontri
non si fanno mai a porte aperte. Per noi la
situazione è molto grave. Ogni famiglia ha un
morto per tumore”.
PER OGGI è prevista una grossa manifestazione
di protesta: “Se la città risponde bloccheremo la
centrale. – conclude Infusino – Come minimo
vieteremo l'accesso ai dipendenti. Noi chiediamo
che i 56 milioni a cui è stata condannata la
multinazionale vengano utilizzati per sostenere
le spese dei malati oncologici”.
“Da parte nostra c'è la disponibilità a un confronto
per trovare una soluzione, un progetto
approvabile”. L'amministratore delegato della
Syndial-Eni Giovanni Milani spiega che non c'è
un'atteggiamento di chiusura della multinazionale.
Anzi: “I 56 milioni che siamo stati con
dannati a pagare per il danno ambientale, li pagheremo.
Sono già pronti e aspettiamo solo che
ci dicano dove metterli. L'Eni si è impegnata in
questi anni a presentare una serie di progetti di
bonifica approvati dal ministero dell'Ambiente
ma che non hanno ricevuto l'ok delle amministrazioni
locali”. È proprio in Calabria, secondo i
vertici dell'Eni, che si blocca l'iter della bonifica
che costerebbe circa 150 milioni di euro: “Noi
chiediamo che il progetto di bonifica sia sostenibile
dal punto di vista ambientale, economico
e sociale”.
Nonostante la malattia, Elvezio Astorino non lascia
un attimo il presidio: “Sto provando sulla
mia pelle cosa significa avere un tumore e ho
paura per i miei figli e i miei nipoti. Mi sono
ammalato per la mancata bonifica dell'area industriale.
Alcuni alimenti sono coltivati vicini ai
siti inquinati e cancerogeni.
Evidentemente,
come tanti,
avrò mangiato qualcosa
che mi ha fatto
male. Veniamo prima
avvelenati e poi
abbandonati. La colpa
è dei politici locali,
dei sindaci che si
sono succeduti e i dirigenti
del Comune e
dell'Asp i quali hanno
certificato che i
famosi cubilot delle
fabbriche, utilizzati
per i sottofondi delle
strade, dei parcheggi
e delle scuole, non
erano cancerogeni.
Il nostro territorio è
tutto contaminato”.
Elvezio è solo un numero
per i dirigenti
dell'Azienda sanitaria
locale che, in una
nota, fanno riferimento
a dati senza
fornirli: “Il tasso di
incidenza delle malattie
oncologiche è
identico a quello delle altre province calabresi”.
NON LA PENSAcosì il dirigente del dipartimento
di prevenzione “Spisal” dell'Asp di Crotone
Franco Rocca. Una vita da sindacalista e, anche
lui, ha diversi problemi di salute provocati dai
veleni: “Ci sono state carriere politiche costruite
sulle fabbriche. Basta vedere i nostri rappresentanti”.
Rocca ha due figli che lavorano e studiano
fuori dalla Calabria: “Lo faccio per loro. Non voglio
nemmeno essere seppellito a Crotone. È una
considerazione amara, ma è anche il fallimento
della mia generazione. Qui la sinistra ha le maggiori
responsabilità”.
“Non ce ne andremo mai”. Antonella Godano
protesta davanti al piazzale Eni. Lo fa perché ha
visto morire tre familiari nel 2013. Ma lo fa anche
garantire un futuro al figlio: “Lasceremo il
presidio solo dopo avere avuto delle risposte
concrete dall'Eni. Deve scendere sul territorio e
bonificare. Vogliamo vedere quali sono stati i
rapporti che ha avuto finora con le nostre istituzioni.
Non ce la facciamo più. I cittadini sono
stanchi e chiedono i loro diritti. Stare i silenzio
non può giovare al nostro territorio”.
il fatto quotidiano 3 marzo 2014
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento