domenica 7 aprile 2013
Maurizio Pallante: che cosa intendo per decrescita felice risposta a Furio Colombo
Che cosa intendo
per decrescita NATURA E CULTURA
Gli organismi viventi
non crescono in eterno,
a un certo punto si
stabilizzano. Perché non
accade la stessa cosa per il
feticcio economico del Pil? Maurizo Pallante replica
all’articolo “Crisi, l’ora della
scelta tra crescita e decrescita”
di Furio Colombo del 31 marzo
di Maurizio Pallante
Caro Furio Colombo. Premetto
che sono un abbonato
e un occasionale collaboratore
del Fatto Quotidiano. Lo dico
per sottolineare la mia affinità
di vedute con la linea del giornale.
Ciò non esclude, ovviamente,
che a volte mi possa trovare
in disaccordo con quanto
scrive qualcuno dei suoi più autorevoli
redattori, come mi è
successo leggendo il commento
intitolato “Crisi, l’ora della scelta
tra crescita e decrescita” pub -
blicato domenica 31 marzo.
E non mi riferisco alla sua predilezione
per la crescita con una
più equa redistribuzione del
reddito come sostenuto dai suoi
economisti di riferimento, ma
alle premesse concettuali che la
sottendono, che lei manifesta
commentando l’affermazione
di Gianni Agnelli: “Non puoi
dire decrescita. È una parola
contro natura”, con queste parole:
“la frase è fondata – perché
– i bambini crescono, gli animali
crescono, la natura cresce”.
A PARTE l’ultimo esempio di
cui mi sfugge il significato, le
domando: i bambini e gli animali
crescono per sempre o a un
certo punto smettono di crescere?
Noi abbiamo un cane di 17
anni. Cosa sarebbe diventato se
avesse continuato a crescere da
quando è nato? Lei dopo i 17,18
anni ha continuato a crescere?
Eppure, anche avendo smesso
di crescere ha continuato a migliorare.
La sua affermazione mi
fa pensare a quel versetto del
profeta Isaia in cui si legge: “Id -
dio acceca quelli che vuol perdere”.
Come si fa a non vedere
che ogni crescita arrivata a un
certo livello si arresta? Se, come
lei dice, tutto ciò che è artificio
dell’uomo segue il modello della
natura, anche la crescita economica
non può non arrestarsi,
che lo si voglia o no, per eccesso
di consumo di risorse e per eccesso
di emissioni di sostanze
non metabolizzabili dalla biosfera.
L’immaginazione al potere oggi
si può realizzare solo a partire
dalla liberazione del nostro immaginario
collettivo dalla distopia
della crescita illimitata (questo
sì, questo sì). Solo a partire
dalla rottura di questo velo, si
potrà cominciare a vedere che le
innovazioni scientifiche e tecnologiche
possono e dovrebbero
essere indirizzate ad aumentare
l’efficienza con cui si usano
le risorse, cioè a ridurre i consumi
di energia e di materie prime,
le emissioni inquinanti e i
rifiuti, a parità di benessere. A
realizzare una decrescita selettiva
del pil riducendo i consumi
di merci che non sono beni. La
decrescita selettiva degli sprechi
è l’unico modo di uscire dalla recessione,
creando posti di lavoro
utili.
IMMAGINI una politica economica
e industriale finalizzata a
ridurre gli sprechi energetici del
nostro patrimonio edilizio, che
mediamente richiede per il solo
riscaldamento invernale 20 metri
cubi di metano al metro quadrato
all’anno contro il limite
massimo di 7 consentito in Germania
(dove gli edifici migliori
ne consumano 1,5). Si darebbe
avvio a uno sviluppo tecnologico
senza precedenti. Quanta occupazione
in lavori utili si creerebbe?
I costi d’investimento
verrebbero pagati dalla riduzione
delle importazioni di gas e
petrolio senza aumentare il debito
pubblico. Si ridurrebbero le
emissioni di anidride carbonica
e le tensioni internazionali per
accaparrarsi le fonti fossili. Forse
la fantasia al potere oggi passa
proprio attraverso una decrescita
selettiva dei consumi di
merci prive oggettivamente di
utilità. “Mai chiamarla decrescita
– lei dice – è triste”. La intristirebbe
tanto una decrescita del
debito pubblico? Non posso
non concordare con lei sul fatto
che manca l’immaginazione e
che se c’è è lontanissima dal potere.
Speriamo che Iddio non
abbia deciso di accecare tutti. Il fatto quotidiano 4 aprile 2013
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