martedì 16 aprile 2013
Esposizione ad arsenico attraverso acqua e alimenti in aree a rischio: il caso del Lazio
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Il caso del Lazio
La contaminazione dei sistemi acquiferi
Tra luglio 2007 e febbraio 2008, nell’ambito di
una collaborazione tecnico-scientifica con l’Autorità
dell’Ambito Territoriale Ottimale 1 (Lazio Nord), il
Dipartimento di Ambiente e Connessa prevenzione
primaria dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha svolto
un’attività di monitoraggio degli acquiferi utilizzati per
l’approvvigionamento idrico della provincia di Viterbo.
è stata esaminata la composizione chimica e chimicofisica delle acque prelevate da 159 pozzi, 80 sorgenti e
1 fonte mista situati, in massima parte, nel Viterbese.
In circa il 54% dei siti esaminati l’acqua conteneva
livelli di arsenico non superiori al valore parametrico di
10 μg/L. La maggiore contaminazione (40-50 μg/L) è
stata rinvenuta negli acquiferi presenti in prossimità e a
sud-est del Lago di Vico (5) (Figura 2).
Gli acquiferi del Nord pontino sono stati oggetto
di un altro studio collaborativo condotto nel 2011
dal Dipartimento di Sanità pubblica Veterinaria e
Sicurezza Alimentare (SpVSA) dell'ISS e dal Servizio
Igiene degli Alimenti della Azienda USL Latina. Lo
studio si è concentrato sui pozzi che garantiscono
l’acqua per il consumo umano e a uso irriguo di abitazioni private. Sono stati indagati 130 pozzi utilizzati
per svariati usi: il 6% fornisce acqua sia da bere che
per usi domestici o agricoli, il 72% acqua prevalentemente per la cottura di alimenti e il 22% viene usato
in ambito agricolo-zootecnico (uso irriguo e allevamento del bestiame). I risultati hanno indicato un
ampio intervallo di concentrazione (0,3-189,9 μg/L)
con una media di 16,7 μg/L; nel 64% dei campioni
la concentrazione di arsenico era superiore a 10 μg/L.
Sono stati anche campionati i prodotti vegetali locali,
le cui analisi sono in corso.
I regimi di deroga
per le acque destinate al consumo umano
La Direttiva 98/83/CE sulla qualità delle acque
destinate a consumo umano, recepita con il DLvo
31/2001 e smi, definisce “valori parametrici” per
garantire il consumo sicuro delle acque nell’intero
arco di vita. Non conformità sistematiche di valori per
determinati parametri - spesso correlabili a elementi
minerali di origine geogenica - sono gestibili con misure che garantiscano il miglior compromesso in termine
di rischi-benefici e previa concessione di deroghe, per
un massimo di due trienni sotto l’egida nazionale, e per
un ulteriore triennio, per decisione della Commissione
Europea (CE), in circostanze eccezionali.
All’entrata in vigore della Direttiva, considerando
anche che per taluni parametri erano stabiliti valori
inferiori - per l’arsenico 5 volte - rispetto ai limiti previgenti, molti paesi europei hanno richiesto deroghe per
il triennio 2004-2006 e successivamente 2007-2009:
in particolare, l’Italia è stata inizialmente interessata
per 13 regioni e 10 parametri. Le deroghe, non applicabili a industrie alimentari, sono state concesse sulla
base di rigorose valutazione del rischio, come unico
mezzo congruo per assicurare l’approvvigionamento
idro-potabile eprevio impegno circostanziato delle
regioni richiedenti a garantire la conformità ai nuovi
limiti nei diversi territori. In effetti, il miglioramento
dei sistemi di captazione, trattamento e distribuzione
delle acque ha consentito una progressiva sostanziale
diminuzione del ricorso alla deroga (Figura 3).
Tuttavia, per tre parametri (arsenico, fluoro e boro)
in aree più o meno circoscritte di 5 regioni e 2 provincie autonome, la Commissione Europea, su richiesta
italiana, ritenendo sussistessero circostanze eccezionali
per il mancato rientro in conformità, concedeva un
terzo triennio di deroghe (2010-2012), previa una rigorosa valutazione dei rischi per la popolazione
esposta nell’ulteriore periodo. Basandosi sulla posizione più cautelativa espressa nel parere dello SCHER,
emesso sul quesito specifico, la Commissione Europea
considerava accettabili i valori richiesti in deroga per
boro e fluoro, mentre, nel caso dell’arsenico concedeva
la deroga al livello di 20 μg/L, con l’esclusione dell’acqua a uso potabile per neonati e bambini fino all’età di
3 anni, con adeguata informazione agli utenti.
L’impegno dell’ISS nel fornire supporto tecnicoscientifico nel corso dell’ultimo triennio si è articolato
in molteplici azioni a livello europeo, nazionale e
locale, anche con pareri di valutazione e gestione dei
rischi, aggiornati allo stato delle conoscenze, discussi
in sede di Consiglio Superiore di Sanità. prendendo
atto di un mancato rientro alla scadenza della deroga
(31 dicembre 2012) in alcuni territori del Lazio, e non
sussistendo base legale per applicazione di valori di
parametro diversi da quelli del DLvo 31/2001 e smi,
anche in considerazione delle valutazioni del rischio
applicate alla scadenza del regime di deroga, l’ISS
richiama nelle diverse sedi l’urgenza di azioni di rientro
ai valori di parametro nel più breve periodo e continua
a coadiuvare le Autorità territoriali nella sorveglianza
e mitigazione dei rischi e l’Autorità sanitaria centrale
nei rapporti con la Commissione Europea in materia.L’esposizione alimentare all’arsenico inorganico
Nel novembre 2010 il Reparto di Tossicologia alimentare e veterinaria (Dipartimento SpVSA dell'ISS)
ha lanciato lo “Studio per valutare l’esposizione alimentare all’arsenico in popolazioni residenti nelle aree del
Lazio caratterizzate dalla presenza di arsenico di origine
geologica nelle acque destinate al consumo umano”.
L’indagine mira a fornire elementi scientifici per caratterizzare il rischio per la salute mediante l’identificazione delle fonti e dell’entità dell’esposizione alimentare,
la valutazione dell’effetto della cottura degli alimenti
con acque contenenti arsenico, lo studio dell’efficienza
del metabolismo dell’As-i nelle popolazioni esposte.
L’esposizione è stata valutata integrando i dati
sull’acqua e sulla dieta consumate con biomarcatori
di esposizione. Lo studio di biomonitoraggio, svolto
in collaborazione con gli Ordini dei Medici, ha coinvolto 269 volontari e loro figli minori (età 1-88 anni)
residenti in comuni in regime di deroga delle province
di Viterbo, Latina e Roma. Ventisei volontari hanno
aderito allo studio di dieta duplicata, finalizzato a stabilire il contributo relativo di acqua (sia da bere che,
ove diversa da questa, per cucinare), alimenti solidi e
alimenti liquidi all’esposizione.
Sono stati utilizzati due biomarcatori di esposizione. L’arsenico nelle unghie è stato utilizzato come
biomarcatore di esposizione a medio-lungo termine
all’As-i. Mediante il confronto con un gruppo di controllo, reclutato nella città di Roma, tale biomarcatore
consente di valutare se il carico corporeo è superiore
a quello atteso "di fondo". L’arsenico urinario riflette,
invece, l’assunzione media giornaliera recente (alcuni
giorni). poiché l'arsenico urinario totale non è un idoneo biomarcatore dell’esposizione all’As-i, lo studio ha
utilizzato l’analisi di speciazione per la determinazione
dell'As-i e dei suoi metaboliti metilati, le cui proporzioni relative forniscono anche una misura della capacità di metilazione del soggetto e quindi dell’efficienzametabolica (biomarcatore di suscettibilità) (6).
Figura 3- Comuni italiani nei quali la concentrazione di arsenico in acqua potabile ha superato il valore parametrico di 10 µg/L.
A: nel periodo 2004-2006 durante il quale è stata accordata la prima deroga fino a 50 µg/L; B: nel periodo 2007-2009 durante il quale
è stata accordata la seconda deroga fino a 50 µg/L; C: nel periodo 2010-2012 durante il quale è stata accordata la terza deroga fino
a 20 µg/L; D: situazione riscontrata a gennaio 2013
A B C D
Esposizione ad arsenico da acqua e alimenti
u16
I risultati dello studio indicano che la proporzione di soggetti con esposizioni significativamente
superiori a quelle di riferimento (arsenico urinario
speciato) o di fondo (arsenico nelle unghie) è elevata e cresce fra coloro che hanno utilizzato l’acqua
locale sia per cucinare che per bere. è inoltre emersa
una marcata variabilità individuale nel metabolismo
dell’As-i, indicativa di una maggiore suscettibilità
alla tossicità dell’As-i in una frazione della popolazione. Questi elementi sono attualmente oggetto di
ulteriore valutazione e approfondimenti, e vanno
integrati con le evidenze sull’aumentato ingresso di
As-i nella catena alimentare sia per l’abbondanza
naturale di As-i fitodisponibile nei suoli di alcune
aree sia per l’uso irriguo di acque a elevato contenuto
di arsenico in altre.
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