martedì 31 dicembre 2013

L’URLO DI DOLORE DELLE MADRI DELLA TERRA DEI FUOCHI, DOVE I RIFIUTI UCCIDONO I LORO BAMBINI “NAPOLITANO NON CI RISPONDE”

DAL QUIRINALE “Non possiamo dare risposta a tutte le 150 mila cartoline, il capo dello Stato è recentemente intervenuto tre volte” di Enrico Fierro Silenzio. Indifferenza totale. Questa è l’unica risposta che abbiamo ricevuto dal Quirinale”. Marzia Caccioppoli è una delle mamme della Terra dei fuochi, l’avete vista domenica sera nello speciale Servizio Pubblico Più insieme a Tina Zaccaria. Sono le mamme senza figli di quella parte della Campania ridotta a immondezzaio internazionale, grande discarica di veleni e rifiuti tossici. Qui ci si ammala e si muore di tumore. Il presidente Napolitano il 29 settembre scorso andò da don Maurizio Patriciello, si sdegnò e così fece anche a ottobre in incontri con alcune scolaresche e poi con il Corpo forestale dello Stato, da allora più nulla: “Non possiamo rispondere a 150 mila cartoline”, fanno sapere infatti dal Quirinale. Ma Marzia e Tina hanno visto i loro figli deperire lentamente, si sono aggrappate a medici e ospedali per avere un briciolo di speranza. Tutto vano. I LORO bambini sono morti avvelenati, uccisi da quell’impa - sto torbido di camorra, sistemi d’affari e complicità delle istituzioni che per un trentennio ha dominato il ciclo dei rifiuti da Napoli in giù. Marzia ha vissuto il dramma più grande per una madre, la perdita di un figlio bambino, eppure l’avete vista l’altra sera in tv con quanta calma, determinazione e dignità ha fissato gli occhi del camorrista pentito Carmine Schiavone. “Altro che pentito, è chiaro – riflette Marzia – che non dice tutta la verità, sta nascondendo qualcosa. Mi sono sentita offesa quando Schiavone ha accusato la gente della mia terra di non essersi mai ribellata alla camorra, di non aver visto le file di camion che attraversavano le nostre terre per sversare rifiuti tossici. Quasi come se noi, le vittime, la gente onesta, dovessimo chiedergli scusa, chiedere scusa alla camorra che ci ha avvelenato”. Centocinquantamila cartoline con le foto delle mamme che piangono i loro figli sono state mandate al capo dello Stato, al premier Enrico Letta e al governatore della Campania Stefano Caldoro. “Nessuna risposta – ribadisce Marzia – noi siamo qui e ancora aspettiamo. L’indifferenza ci ferisce, ma non ferma la nostra lotta”. Marzia e Tina sono attive nel Coordinamento dei comitati della Terra dei fuochi, studiano gli atti delle inchieste, seguono le iniziative messe in campo per la bonifica del territorio. Giudicano. “Il decreto del governo è parziale e tardivo, dopo trent’anni nel corso dei quali si è fatto di tutto e di più sulla nostra pelle, hanno capito che chi incendia i rifiuti deve essere denunciato e processato”. Che grande business sono stati i rifiuti in Campania. “La monnezza è oro”, disse un boss pentito a un magistrato giusto per far capire l’entità del fenomeno. NELLA DISCARICA Resit di Giugliano dell’avvocato Cipriano Chianese, colletto bianco della mafia dei rifiuti, sono state interrate 200 mila tonnellate di fanghi della bonifica dell’Acna di Cengio. “Ci furono pagate 10 lire al chilo”, ha fatto mettere a verbale il trafficante pentito Gaetano Vassallo. Stiamo parlando di centinaia di milioni di euro che hanno arricchito la camorra e ucciso la Terra dei fuochi. “Lei ha avvelenato generazioni intere”, quando Marzia, senza mai alzare la voce, lo sguardo fisso e fiero, ha detto questa frase all’uomo che fu uno dei fondatori e capo del clan dei casalesi, Schiavone è andato su tutte le furie, ha balbettato qualche giustificazione, ha alzato la voce, poi ha lasciato lo studio imbufalito. Hanno aperto gli occhi nelle lande che attraversano quella che fu la Campania felix. Al telefono Marzia ricorda con quanta fiducia aveva deciso di vivere a Casalnuovo, tra pescheti e campi coltivati. “Lon - tano dalla metropoli e dallo smog. Cercavamo il paradiso ma abbiamo trovato l’inferno”. Un vulcano di veleni da bonificare. Altri miliardi da spendere. “Il rischio – dice Marzia – è che i soldi degli appalti finiscano nelle mani dei soliti noti, che ancora una volta qualcuno si arricchisca sulla nostra pelle e sul futuro della nostra gente”. SEI MILIONI e mezzo per la Resit, il cimitero dei veleni dell’Acna. La chiamano bonifica, ma Mario De Biase, il commissario di governo, preferisce più prudentemente parlare di “messa in sicurezza”, e poi una montagna di soldi, 356 milioni, per costruire un nuovo inceneritore a Giugliano. È l’epicentro della monnezza valley, la città dove sono depositate 5 milioni e mezzo di “ecoballe”. Le chiamano le piramidi e sono ormai parte del paesaggio, si tratta di monnezza imballata che staziona lì da anni, sorvegliata da guardie giurate come se si trattasse di oro. Teoricamente sono rifiuti combustibili, ma gli esperti sostengono che per incenerirle bisogna trattarle di nuovo. “BASTA con la combustione – protesta Tina – gli inceneritori non sono la soluzione e il destino di questa terra non può essere legato solo ed esclusivamente ai rifiuti, altrimenti davvero moriremo tutti”. Un altro inceneritore sarà costruito dopo quello di Acerra, in un raggio di 25 chilometri in grado di bruciare un milione di tonnellate di rifiuti, più dei nove termovalorizzatori della pulitissima Austria, calcolano gli esperti del settore. Di nuovo un grande business per il sistema di affari che si concentra attorno al ciclo disordinato dei rifiuti. . il fatto quotidiano 31 dicembre 201

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