sabato 28 dicembre 2013

Napoli Rifiuti, il flop dei controlli antimafia La prefettura non risponde: tra il 2011-2012 appalti al buio a 136 aziende


Chi dovrebbe rispondere, le prefetture, lo ha fatto in tempo solo 16 volte. Il rapporto è inquietante. Significa che tra il 2011 e il 2012 a 136 aziende sono stati affidati appalti senza sapere se quei servizi sarebbero finiti o meno nelle mani della criminalità organizzata. Si tratta del trasporto dell’immondizia o della gestione di discariche e impianti stir. 

È il flop dei controlli antimafia. Dietro al quale proliferano gli affari dei clan: nelle maglie larghe della burocrazia si infilano imprese contigue alla camorra. E lì dove non funzionano gli accertamenti preventivi tocca spesso alla magistratura intervenire. Con arresti e sequestri. 

Sono 152 le ditte che si sono aggiudicate gare bandite dalla Sapna del valore superiore ai 150 mila euro. È la soglia sopra la quale è necessario per legge essere in regola con il certificato antimafia. 

Pena esclusione dal servizio pubblico. In 30 casi la prefettura fa sapere solo che “sono in corso verifiche”, per 6 ditte emette interdittive, per altre 10 dà il via libera. Ciò significa che per le restanti 136 imprese non ci sono informative. E la Sapna è costretta a siglare lo stesso il contratto. Lo dice la legge: occorrono 45 giorni di tempo dall’aggiudicazione della gara per effettuare tutti i controlli. Dopo, l’azienda vincitrice ha diritto all’appalto. Anche in assenza di informazioni antimafia. S’inserisce nel contratto una clausola che prevede la rescissione del rapporto con l’ente pubblico nel caso in cui sopraggiungano “brutte notizie” sul conto di quell’azienda. 

I precedenti non mancano. Marzo 2011, perquisizione dei carabinieri del Noe sulla discarica di Chiaiano: presenza di percolato nel sottosuolo. La Sapna mette alla porta l’azienda a cui era stata affidata la gestione del sito: l’Ibi. “Il pentito Gaetano  Vassallo – si legge negli atti dell’inchiesta – afferma che il cogestore dell’Ibi è una persona vicina al clan Zagaria dei Casalesi”.

A luglio 2011 invece si fermano alcuni camion che trasportavano rifiuti fuori regione. Ombre su un subappalto: di mezzo c’è una ditta di Nocera Inferiore, l’Adiletta, i cui titolari hanno alle spalle reati di truffa, estorsione, violenza e un’indagine in corso della Dda di Firenze che parla di “favoreggiamento ad un clan”. Cacciati. Neanche quando c’è di mezzo il pubblico fila tutto liscio. Già, nei rapporti tra enti non ci sarebbe bisogno dei certificati antimafia. 

Eppure tra marzo e dicembre 2012 la Sapna incappa in un società mista, pubblicoprivato, incaricata dalla Regione Toscana di accogliere una parte dei rifiuti campani a seguito di una intesa con Palazzo Santa Lucia. Viene alla luce che un componente del collegio sindacale di quella società avrebbe commesso reati ambientali. Perché l’antimafia, a partire dalla legge 575 del 1965, “prescinde dal concreto accertamento penale dei reati commessi, ma si basa su fatti e vicende aventi valore indiziario sufficiente a dimostrare il tentativo di ingerenza”.

L’ultima modifica legislativa del 2012 introduce alcune novità: i

 certificati hanno scadenza 12 mesi e non più 6, scompare l’informativa “atipica” che lasciava la decisione all’ente pubblico e non alla prefettura e si passano ai raggi X anche i familiari conviventi dei titolari delle aziende e i loro soci in altre imprese. Ma soprattutto il sistema dovrebbe velocizzarsi: niente più carte a mano e accesso on line ad una banca dati unica. Si chiama Siceant. Salvo poi scoprire che da un anno deve ancora entrare in funzione 
http://napoli.repubblica.it/cronaca/2013/12/27/news/rifiuti_il_flop_dei_controlli_antimafia-74547505/
.

Nessun commento: