martedì 31 dicembre 2013

Terra dei fuochi in fuga dalle mamme Schiavone, le verità parziali dell’ex boss

“CON LA MONNEZZA NON C’E N T RO ” “Non avevo il problema di smaltire i rifiuti tossici perché avevo in consegna tutti gli scavi delle autostrade attraverso le nostre imprese” LA SUA TESTIMONIANZA I ricordi e le confessioni del cugino di “Sandokan” si fermano al 1992, anno dell’arresto: da quel momento il “sistema” è diventato più sofisticato Quando Carmine Schiavone, fondatore del clan dei casalesi e amministratore delegato della camorra spa, ha iniziato a parlare è stato accolto come una sorta di vate. L’uomo che finalmente avrebbe rivelato i segreti più inconfessabili, le complicità più imbarazzanti, i misteri più terribili, del traffico di rifiuti in Campania. La secretazione della sua audizione alla Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti del 7 ottobre 1997, ha contribuito non poco a creare un alone di mistero attorno alle sue conoscenze. Le confessioni del boss cugino di Francesco Schiavone-Sandokan sono importanti, ma datate alla prima fase, quella primordiale, dell’ingresso del clan nel business rifiuti. “Nel 1992 – fa verbalizzare Schiavone – sono stato arrestato e da quel momento in poi non so come siano andate le cose, fino a quella data arrivavano i camion...”. Il meccanismo era semplice, si trattava di riempire cave e soprattutto di utilizzare gli scavi che le società della camorra – in quel periodo attivissima nel movimento terra e nella gestione del ciclo del cemento – prendeva in subappalto da grandi consorzi nazionali dell’edilizia, per la costruzione di superstrade, raccordi e per il risanamento della rete dei canali dei Regi Lagni. “Non avevo il problema di smaltire i rifiuti tossici – dice Schiavone – perché avevo in consegna tutti questi scavi attraverso le nostre imprese”. La monnezza arrivava dal Nord, dalle imprese che producevano vernici, ma anche dagli ospedali. DALLA GERMANIA, invece, rifiuti nucleari. Schiavone scarica anche in quella occasione ogni responsabilità sul cugino Sandokan, su Mario Iovine e Francesco Bidognetti, gli altri capi del clan, anche se in quella fase era lui a gestire questa branca dell’azienda. Ma i ricordi, compreso il ruolo di Licio Gelli e della massoneria nel business , si fermano al 1992, da allora è successo tanto altro, il sistema è diventato più sofisticato, il rapporto tra clan e aziende del Nord si è fatto più stretto, i broker della camorra spa hanno anche intrecciato affari con lo Stato. Lo raccontano le inchieste giudiziarie e soprattutto il coinvolgimento di uomini politici di peso dell’area campana, come Nicola Cosentino. Un ventennio manca nella ricostruzione di Schiavone, un arco temporale nel corso del quale la Terra dei fuochi, come documenta un dossier di Legambiente, è stata attraversata da 410 mila camion. Ogni tir trasportava 25 tonnellate di monnezza , per un totale di 10 milioni di tonnellate di “rifiuti di ogni genere” sversati nei campi che da Napoli vanno fino al Casertano, nelle discariche ufficiali e in quelle abusive, nelle cave e nei corsi dei fiumi. Da questo mare di rifiuti e di milioni di euro, Schiavone è stato tagliato fuori, non sa, non conosce i legami con la politica, i meccanismi societari, le complicità istituzionali che hanno arricchito ulteriormente il clan dei casalesi. Quelli vincenti, l’ala che dopo il suo arresto si è consolidata attorno a Michele Zagaria, il superlatitante arrestato pochi anni fa, e agli “imprenditori” fratelli Orsi e a Gaetano Vassallo. Si è indagato molto sul traffico dei rifiuti, Legambiente ha censito ben 82 inchieste giudiziarie dal 1991 al 2013, con 433 aziende coinvolte, soprattutto del Centro- Nord: 915 ordinanze di custodia cautelare, 1806 persone de-nunciate. È poco o è tanto per stroncare il morto che sta uccidendo la Terra dei fuochi? Non c’è una risposta, ma solo un dato certo: la camorra e il suo sistema di imprese è concentrata sul nuovo business, quello delle bonifiche. Chi ha avvelenato incassando miliardi ora vuole continuare a fare soldi bonificando. L’allarme lanciato a fine novembre dal governatore della Campania, Stefano Caldoro, e dal commissario Mario De Biase sui ribassi sospetti per la gara di appalto per la bonifica della Resit, lascia pochi dubbi. Schiavone si è irritato alla fine della trasmissione Servizio Pubblico Più, soprattutto quando le mamme gli hanno chiesto di dire tutta la verità. Ha lasciato lo studio dicendo che lui con la monnezza non c’entrava. Non gli hanno creduto. E. F. il fatto quotidiano 31 dicembre 2013

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