lunedì 3 dicembre 2012

Emissioni gas Serra, le pagelle a Doha. L'Italia va, ma le strategie frenano i progressi


La classifica redatta da Germanwatch e presentata alla conferenza Onu in Qatar vede il nostro paese risalire la china (in 5 anni dal 48° posto al 21°) ma gli ambientalisti accusano: le scelte di sviluppo del governo rischiano di dare il colpo di grazia alla Green Econmy

dal nostro inviato ANTONIO CIANCIULLO http://www.repubblica.it/ambiente/2012/12/03/news/paesi_inquinamento-47982789/?ref=HREC1-11

DOHA  - Nessun paese promosso. Nessun governo che abbia varato politiche energetiche capaci di garantire la sicurezza climatica. Per questo i primi tre posti della classifica redatta da Germanwatch, l'associazione che alla conferenza Onu di Doha ha dato le pagelle sulle emissioni serra, restano vuoti. Ma la top ten di chi comunque è sulla buona strada è dominata dall'Europa. E l'Italia, anche se non rientra nel drappello di testa, fa un notevole sprint che le permette di risalire alla 21° posizione (5 anni fa era al 48° posto).

La classifica è basata sul Climate Change Performance Index che prende in considerazione quattro fattori: il livello delle emissioni, che pesa per il 30% dell'indice complessivo; il trend delle emissioni nei principali  settori (elettrico, industria, costruzioni, trasporti, abitazioni), che pesa per il 30%; l'uso di energia rinnovabile, che pesa per il 10%; l'efficienza energetica, che pesa per il 10%; le politiche per il clima, che pesano per il 20%.

Con questi indicatori la Danimarca si piazza al primo posto, la Svezia al secondo e il Portogallo (che nella crisi non ha ceduto sulle politiche climatiche e ha investito sull'eolico) al terzo. Seguono Svizzera, Germania, Irlanda, Regno Unito, Malta, Ungheria.

Su 61 paesi presi in esame gli Stati Uniti si piazzano al 43° posto, in risalita (ma con il 4,5% della popolazione mondiale sono responsabili del 16,3% delle emissioni serra). La Cina al 54°, anche lei in risalita per il miglioramento nell'efficienza energetica (con il 19,7% della popolazione mondiale è responsabile del 21,4% delle emissioni serra) . Agli ultimi 4 posti troviamo il Canada (che ha putato sulle sabbie bituminose e sull'abbandono del protocollo di Kyoto), in caduta progressiva; il Kazakistan, l'Iran e l'Arabia saudita.

I progressi dell'Italia sono dovuti in parte alla recessione che ha fatto scendere le emissioni, ma soprattutto a due fattori: il ruolo importante giocato dalle rinnovabili e l'incremento dell'efficienza energetica grazie a strumenti come gli sgravi fiscali per le ristrutturazioni della casa in senso ambientale.

Ora però la strada per il nostro paese diventa in salita. "Purtroppo proprio quando sembrava che la partita potesse essere vinta è arrivata la Strategia energetica nazionale voluta dal ministero dello Sviluppo economico", commenta Mauro Albrizio, di Legambiente. "Questa strategia rischia di essere il colpo di grazia sul rilancio della green economy: invece di puntare decisamente sull'efficienza e sulla spinta finale verso la grid parity per le rinnovabili torna a premiare i combustibili fossili con l'obiettivo di nuove trivellazioni".

Rallentare la spinta verso l'innovazione rischierebbe di vanificare un percorso che ha permesso a tutti i paesi dell'Unione europea - inclusa l'Italia  -  di vedere un aumento del Pil, tra il 1990 e il 2001, del 48%  a fronte di una diminuzione del 17,5% delle emissioni di anidride carbonica. Un dato su cui ha inciso la crisi economica, ma che rappresenta comunque un'indicazione per far ripartire il motore dell'economia innescando la marcia della competitività.
(03 dicembre 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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